In molti hanno criticato Christine Lagarde per non aver tagliato i tassi oggi. Eppure non poteva fare molto più di quello che ha annunciato, con i tassi già a zero. QE a 120 miliardi fino a fine anno e liquidità al sistema bancario. In più, ha anche precisato che gli acquisti potranno derogare alla regola di dover essere commisurati alla quota di capitale dei singoli paesi, il che significa che, se riconosciuto un problema specifico all’economia italiana, la Bce potrà acquistare titoli italiani. Non mi pare poco.
Certo, poteva evitare uscite tipo “non siamo qui per ridurre gli spread sui titoli di Stato”, che sicuramente non ha aiutato a rasserenare gli animi su mercati dei capitali già in difficoltà, spingendo Piazza Affari in rosso per il 17% della capitalizzazione.
Il punto vero che mi pare debba essere colto dal messaggio (implicito) lanciato dalla Lagarde, peraltro in perfetta continuità con le ultime indicazioni di Draghi, è che l’eurozona deve smetterla di guardare (unicamente) alla politica monetaria. E mettere mano ad una politica fiscale comune. Lo può fare con tre strumenti.
Primo: il MES. Lunedì l’eurogruppo può lanciare un segnale chiaro di disponibilità ad ampliare lo scopo sull’utilizzo dei propri fondi per fronteggiare l’emergenza sanitaria, affiancando i fondi messi a disposizione dalla Commissione. Invece che bloccarne la ratifica, come chiedono i sovranisti di casa nostra, meglio vincolare il voto italiano ad una decisione di questo tipo.
Secondo: sempre il MES. Occorre iniziare a guardare oltre, alla ripresa, difficile, che verrà una volta terminata l’emergenza (speriamo ovviamente presto); al finanziamento di beni pubblici europei: ricerca, transizione ecologica, energie rinnovabili, infrastrutture di comunicazione e trasporto, politica industriale europea in un’ottica globale, etc. Suggerisco a questo proposito l’emissione da parte del MES di un titolo di debito pubblico europeo per far fronte a questi impegni, con un fondo orientativamente pari al 2% del PIL europeo. L’ideale sarebbe utilizzare il bilancio, piuttosto che il MES, ma quest’ultimo è più agile; e l’eurozona ha problemi specifici di interdipendenza maggiori rispetto al resto della UE.
Terzo: il Bilancio Europeo. Pare urgente che l’Unione Europea vari il Quadro Finanziario Pluriennale, orientandosi come minimo verso la richiesta dell’1,3% del PIL avanzata dal Parlamento e facendo ricorso, per la differenza, alle risorse proprie, in modo da iniziare a costruire per il futuro un bilancio credibile ed efficace.
Questa è la via maestra da seguire.