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Mes e Coronabond. Consensi e dubbi sulla ricetta del premier Conte

Consenso ampio e trasversale tra le forze politiche, un’importante apertura da parte della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il sostegno della Francia. Ma spuntano i primi dubbi tecnici e politici sulla ricetta anti crisi invocata dal premier Giuseppe Conte: utilizzo completo del Meccanismo europeo di stabilità (European Stability Mechanism) senza condizionalità e, in prospettiva, l’emissione di un coronavirus bond all’interno dello stesso Mes per finanziare emergenza e ripresa.

La ricetta convince poco il partito di maggioranza. Il capo politico ad interim del M5s Vito Crimi ha lanciato un messaggio forte su uno degli aspetti chiave della richiesta italiana di attivazione del Mes, cioè l’assenza di condizionalità. L’attivazione del meccanismo secondo il premier (ma anche secondo il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri) dovrebbe avvenire senza interventi delle istituzoni europee nelle scelte dei paesi che ne facciano richiesta. “Non credo” sia possibile, “la vedo difficile” e comunque qualunque decisione dovrà “fare tutti i passaggi istituzionali”, è l’avvertimento del numero uno del Movimento.

Crimi manda due messaggi. Uno è politico: i Cinque stelle non vogliono attivare il Mes così come è. Il secondo riguarda l’applicazione del Mes. Nella versione in vigore, il Meccanismo prevede degli strumenti di intervento precisi. Un “toolkit” fatto di sei diversi tipi di prestiti. C’è l’acquisto di titoli di Stato Paesi alle prese con correzioni macroeconomiche, è stato il caso della Grecia, ma anche delle crisi del credito di Portogallo, Irlanda e Cipro. C’è l’acquisto di titoli di debito pubblico sul mercato primario e secondario, la ricapitalizzazione delle banche e quella delle istituzioni. Ogni strumento prevede delle precise condizioni da applicare ai paesi destinatari del prestito, che vanno dall’adozione di riforme macroeconomiche alla sorveglianza sulle regole del settore bancario. Tra le condizionalità c’è anche la possibilità di individuare soluzioni specifiche per paese.

Che i partner europei accettino di concedere prestiti dell’Esm senza fare pagare un prezzo, soprattutto ai paesi del Sud, è tutto da vedere. L’intervento del ministro dell’Economia Francese (“se abbandoniamo l’Italia l’Europa non si riprenderà più”) e l’appello di Paolo Gentiloni (“la risposta europea non è ancora adeguata”) sono legati proprio al fatto che alcuni paesi hanno già messo in chiaro che non accetteranno sconti all’Italia.

La proposta di riserva del premier Conte, l’emissione di “coronabond” è poco probabile perché tocca il tabù della mutualizzazione del debito. Gli economisti di Goldman Sachs si sono già detti “scettici” su un utilizzo del Mes a breve termine. Vero che in Europa tutti sembrano d’accordo nel trovare degli strumenti di stimolo all’economia, ma sul come non c’è accordo. E fino ad ora non si è visto niente che assomigli a una “condivisione esplicita del rischio legato ai costi fiscali”.

Ma ci sono anche dubbi su una reale efficacia dei prestiti Mes e dei coronbond rispetto alle dimensioni della crisi economica provocata dal Coronavirus. Spiega Raffaella Tenconi, fondatrice di Ada Economics: “Il Mes e stato studiato per intervenire su un singolo Paese alla volta o per più interventi su paesi piccoli”, quindi non una crisi di sistema . In generale, “al momento non vedo una risposta adeguata. Le istituzioni europee non hanno gli strumenti e la politica monetaria non può avere la stessa capacità di stabilizzare il sistema che ha avuto nel 2009”. Bce, Mes e Ue possono mettere in campo misure che potranno avere effetto per un tempo limitato.

D’altro canto interventi per garantire liquidità sono indispensabili per Emanuele Cantegrati, senior analyst di Bpprime. “Questa è una crisi dal lato dell’offerta (di tipo supply-side), come quelle che hanno influenzato l’economia globale negli anni Settanta, con i famosi shock petroliferi. A differenza di quelle, tuttavia, non è caratterizzata da elementi di stagflazione (recessione economica in presenza di alta inflazione), dal momento che proprio l’inflazione è a livelli anormalmente bassi ormai da diversi anni. In più, si caratterizza dal rischio di un credit crunch dovuto alla riduzione di liquidità nel settore privato, sul lato dell’offerta, ovvero delle imprese. Una situazione, insomma, unica nel suo genere, che i policy-maker non sanno come affrontare proprio perché non esiste un precedente eclatante”. Soluzioni come una attivazione veloce del Mes o i bond europei non possono che essere il frutto di scelte coraggiose e condivise che per il momento sono poco probabili.



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