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Ecco il mistero dei doni cinesi all’Italia

La giornalista del Foglio specializzata sugli affari asiatici, Giulia Pompili, descrive su Twitter alcuni retroscena di un suo articolo che ha alimentato diverse polemiche sulle connessioni italiane con la Cina. In particolare su un’esposizione politica che Roma sembra aver concesso a Pechino, permettendo di usare la vicenda del coronavirus nella Penisola come uno spazio di soft power, al limite del propagandistico a favore del Partito comunista cinese.

La Repubblica popolare ha inviato in Italia del materiale medico sanitario. Un aiuto che era stato descritto come una “donazione”, ma che secondo alcune ricostruzioni sarebbe stato invece frutto di una commessa commerciale. L’Italia ha bisogno di respiratori, la catena produttiva della provincia di Hubei (quella di Wuhan, cuore della diffusione di Covid19) ne produce. Il governo italiano avrebbe facilitato l’invio dell’equipaggiamento necessario, da usare anche come contributo per rimettere in moto la produzione, e il commercio, quindi l’economica, cinese.

Questo l’accordo tra il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, e il suo omologo cinese Wang Yi. Un’intesa di carattere commerciale, che – secondo quanto spiega Pompili – riguardava “soltanto” prodotti da acquistare, più il supporto di personale medico cinese che sarebbe arrivato in Italia.

Allo stesso tempo, la Croce Rossa italiana e internazionale erano in contatto con la Croce Rossa cinese e da Pechino, nell’arco di 24 ore, è stato organizzato un altro carico su un aereo di linea. Gli articoli donati alla Croce Rossa Italia sono di proprietà della Croce Rossa”, spiega Pompili: “La Croce Rossa Italiana passerà al Ministero della Salute italiano alcune cose che possono essere utili per la lotta Covid. Ad esempio, gli elementi per organizzare 30 letti di terapia intensiva”.



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