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Perché (e come) la Nato può fare molto contro il virus. Parla Manciulli

“La pandemia in atto dimostra che la Nato deve rinnovarsi. L’Occidente deve dotarsi di una struttura in grado di reagire immediatamente contrastando le nuove minacce in modo efficace”. Andrea Manciulli, presidente di Europa atlantica, pensa a quando l’attuale emergenza sarà finita e a quelle che certamente arriveranno ed è convinto che sia indispensabile ripensare l’approccio ai temi della sicurezza globale. Sul fronte italiano, invece, auspica una cabina di regia con maggioranza e opposizione.

L’epidemia da coronavirus ha colto impreparato tutto il mondo. Eppure Bill Gates già nel 2015 disse che “se qualcosa ucciderà 10 milioni di persone nelle prossime decadi, è più probabile che sia un virus molto contagioso e non una guerra. Non missili, ma microbi”. Una volta superata questa emergenza come dovremmo organizzarci?

L’Occidente deve approfittarne per dare un senso alle proprie strutture di sicurezza, a cominciare dalla Nato, e rinverdirle con nuovi progetti. Condivido l’opinione di Gates e ci sono gli studi del centro di medicina militare statunitense di Bethesda sulle potenzialità negative di una crisi batteriologica o virale sugli scenari di sicurezza globale. Se pensiamo all’epidemia di Ebola di quattro anni fa, al numero di morti e come ha paralizzato una parte dell’Africa per molto tempo, ci si rende conto che è una delle priorità assolute negli scenari futuri. Bisognava averlo già intuito.

Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in un’intervista alla Repubblica si limita a dire che la lezione più importante è la necessità di rafforzare la resilienza civile, dalla sanità ai trasporti. Secondo lei l’Alleanza dovrebbe avere un ruolo preciso per affrontare al meglio le prossime epidemie?

La Nato ha bisogno di rilanciarsi leggendo i mutamenti degli scenari di sicurezza e affrontare in modo efficace tutti i pericoli. Non a caso anche per la minaccia cibernetica si parla di pericolo virale: ormai siamo di fronte a minacce che non guardano più ai confini nazionali, ma che possono paralizzare tutto approfittando delle debolezze su scala planetaria. E’ drammatico che oggi non ci sia una struttura dell’Occidente che sia pronta a scattare mettendo in campo un contrasto efficace.

In questo ragionamento “atlantico” come si inserisce l’America di Donald Trump, molto ripiegata in se stessa?

Lo dico nettamente: gli Stati Uniti rappresentano uno dei miei valori fondamentali come democrazia, ma chiudersi in se stessi porta all’esatto contrario. L’America è stato il faro della democrazia tutte le volte che non si è chiusa in se stessa. Ci sarebbe stata questa Europa senza il Piano Marshall? L’attuale stagione di chiusura sta solo indebolendo la leadership degli Stati Uniti.

L’Italia sta ricevendo molti aiuti da Cina e Russia: non c’è anche un interesse geopolitico? Nel caso della Cina non è casuale il riferimento del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, all’accordo sulla Via della Seta.

Vanno senza dubbio ringraziati, ma c’è la Cina che ci aiuta e la Cina che è l’epicentro della maggioranza delle ultime epidemie nate da promiscuità fra animali e uomo. Le disparità sociali sono un problema che deve far riflettere anche la leadership cinese. E’ evidente che ci sia un elemento geopolitico sul quale tutti devono riflettere anche in modo autocritico. Se la Cina approfitta di una situazione del genere per estendere la propria influenza, l’Occidente non deve essere da meno.

Il think tank belga Egmont propone, a prescindere dal coronavirus, che l’Unione europea si doti di un Consiglio di sicurezza per avere un ruolo sulle più delicate questioni internazionali di difesa e sicurezza. La pandemia può convincere anche l’Ue a organizzarsi meglio?

La Nato e l’Unione europea sono affiancate nella difesa dell’Occidente e della qualità della democrazia: di fronte a crisi come queste, possono fare un passo avanti se capiscono che sono le prime a dover offrire una soluzione oppure un passo indietro se si affermasse l’idea che dove non c’è democrazia si fa prima a risolvere i problemi. La pandemia dev’essere un’occasione di crescita.

Paesi non alleati come Cina e Russia si affrettano a darci aiuti mentre un alleato storico come gli Usa non l’ha ancora fatto tranne un piccolo carico atterrato ad Aviano. Secondo la Cnn è stato il governo italiano a chiedere direttamente al segretario della Difesa, Mark Esper, attrezzature, dispositivi medici e personale sanitario.

La domanda non si dovrebbe nemmeno porre. E’ vero che ogni Paese è alle prese con la pandemia, ma la cosa migliore è far sì che la Nato e l’Ue siano preparati ad affrontare per primi un’emergenza. Se l’Italia ha chiesto aiuto ha fatto bene ed è importante che non solo gli Stati Uniti, ma i nostri alleati, ce lo diano. Anche noi, quando finirà questa crisi, dovremo essere pronti a dare una mano agli altri.

Quanto influirà questa emergenza sugli equilibri globali? Come cambieranno guerre commerciali e rapporti internazionali?

Quello che stiamo vivendo non è sporadico: la minaccia cyber, il terrorismo e ora le minacce virali mostrano che la nuova forma di insicurezza non rispetta più i confini. Sarebbe profondamente sbagliato avere oggi un rigurgito di nazionalismo perché vincerà questa partita chi saprà dare più risposte globali degli altri. Per questo insisto sulla necessità che la Nato sposti l’asticella in avanti. Era evidente dall’11 settembre quando, per i due anni successivi, ci fu una crisi finanziaria in tutto il mondo.

In chiave italiana stanno crescendo le polemiche sulla comunicazione del governo che sta creando incertezze nella popolazione.

Un conto è il problema, cioè il virus, un altro è la percezione di insicurezza nell’epoca dei social network che è uno dei problemi principali che abbiamo. Serve una cabina di regia che comprenda maggioranza e opposizione basata su una collaborazione istituzionale molto forte che prescinda dall’appartenenza politica. Non è possibile che ognuno giochi con la crisi che stiamo vivendo: serve una vera unità nazionale.



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