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Perché il Covid-19 non piegherà l’America (e Trump). Parla Grover Norquist

Sarà dura, ma l’America ne uscirà intera. Il discorso alla nazione del presidente americano Donald Trump sull’emergenza Covid-19 dimostra che la Casa Bianca non vuole perdere altro tempo. “Il Paese, il sistema sanitario, l’economia reggeranno l’urto” confida a Formiche.net Grover Norquist. Presidente dell’Americans for Tax Reform, associazione fondata trent’anni fa da Ronald Reagan e divenuta un’istituzione a Washington Dc, Norquist è conosciuto da democratici e repubblicani come “il crociato” dell’anti-tasse. Da trent’anni si dedica a combattere il fisco. Oggi, a sei mesi dalle presidenziali e con una pandemia che metterà a dura prova il sistema produttivo americano, è una battaglia ancora più decisiva. E Trump può giocarcisi la rielezione.

Norquist, ora Trump fa sul serio. L’America reggerà l’onda d’urto?

Sappiamo ancora poco di questa pandemia. Nessuno sa come andrà a finire, e questo lo dobbiamo anche al modo in cui la Cina ha gestito l’emergenza, senza prendere tutte le precauzioni fin da subito. La restrizione dei viaggi da e per la Cina è stata previdente, ora bisogna resistere, fino all’estate. La speranza è che l’arrivo del bel tempo in America aiuti il Paese a superare il virus prima che raggiunga il suo picco.

L’economia statunitense sopravvivrà al Covid-19?

I fondamenti dell’economia americana sono solidi. Solo a febbraio sono stati aggiunti più di 270mila posti di lavoro, con il tasso di disoccupazione intorno al 3,5%, la cifra più bassa degli ultimi 50 anni, il mercato del lavoro è in buona salute e resterà tale per un po’ di mesi.

Si può dire che sul coronavirus Trump si gioca la rielezione?

Non credo che le persone accuseranno Trump per un virus originato in Cina. Se gli Stati Uniti fossero l’unico Paese al mondo colpito oltre alla Cina, allora nascerebbero i problemi, ma evidentemente non è così. Né, in caso l’epidemia dovesse scoppiare anche qui, andremmo incontro alla situazione drammatica che sta vivendo, ad esempio, il sistema sanitario italiano. Per mandare in tilt l’intera capacità del sistema sanitario statunitense serve qualcosa di davvero apocalittico.

L’economia è da sempre il cavallo di battaglia di Trump. Se il cavallo si ammala, è difficile tagliare il traguardo per primi.

Non penso che succederà. Se fosse accaduto un mese prima delle elezioni presidenziali Trump e i suoi elettori si sarebbero dovuti preoccupare. Ma mancano più di sei mesi, e con l’estate gli effetti della pandemia potrebbero diminuire. Nel frattempo, molte aziende si stanno già riattrezzando per lavorare da casa. L’economia rallenterà un po’, ma non si fermerà.

Aziende che chiudono, terziario in ginocchio, Pmi allo stremo. L’Italia dimostra che questo virus può mettere a dura prova il tessuto economico. Come si può evitare il peggio?

Questa malattia colpisce soprattutto le persone anziane. Che in America sono già colpite da un’altra emergenza: le tasse. In questi mesi abbiamo chiesto alla Casa Bianca di indicizzare i guadagni in conto capitale per far sì che nessun cittadino americano sia più tassato sugli aumenti prodotti dall’inflazione nei prezzi di vendita di case, terreni, piccole imprese, azioni o altre attività. Queste persone hanno vissuto per anni con un tasso di inflazione contenuto, e ora si ritrovano di colpo a pagare tasse su guadagni immaginari.

Vi rifarete avanti?

Doveva essere fatto prima. Ora basta un ordine esecutivo, e il presidente può mettere da parte importanti risorse per il Paese. Le nostre stime parlano di triliardi di dollari. Un patrimonio che può essere riallocato per rilanciare la produttività e le aziende del Paese.

I democratici possono sfidare Trump sull’economia in vista di novembre?

Sfatiamo alcuni luoghi comuni sui media. Una vittoria dei democratici, di questi democratici, non rassicurerebbe i mercati, li terrorizzerebbe.

Questi democratici?

Nel 2016 Hillary ha minacciato l’economia americana promettendo un triliardo di dollari in tasse in un decennio, Biden ne promette tre. Lei ha promesso di inserire una tassa sul carbone, nonostante tutti i suoi collaboratori le avessero spiegato che assicura la “morte nei sondaggi”, lui ora vuole rispolverarla, e vuole imporre la tassa individuale obbligatoria sull’Obamacare.

Quindi Biden fa più paura a Wall Street?

È più radicale e più a sinistra della Clinton. Potrà anche vincere le primarie, ma sul programma economico e fiscale il vero vincitore è Sanders, perché Biden non ha fatto che inseguirlo. Non ha sconfitto Bernie Sanders, è diventato Bernie Sanders.

Dai primi sondaggi sembra però che Biden non dispiaccia all’establishment finanziario.

Dicevano così della Clinton alla vigilia delle presidenziali quattro anni fa. Prevedevano che il mercato azionario sarebbe crollato con una vittoria di Trump. E invece finché i sondaggi hanno dato in testa Clinton ha rallentato. Quando ha vinto Trump, è schizzato in alto, per poi rimanere stabile.

Un recente sondaggio di Rasmussen dà Biden vincente su Trump.

I sondaggi, oggi, non sono completi. Il presidente alla scorsa tornata ha ottenuto il 46% del voto popolare, ma ha vinto le elezioni. Puoi anche fare incetta di voti in California o a New York, ma questo non ti darà in mano il Collegio elettorale. Gli elettori americani votano Stato per Stato.

In California, ad esempio, Biden ha numeri importanti.

E allora? Trump è in testa in Texas e in diversi altri Stati. Ripeto, a sei mesi dalle elezioni i sondaggi danno un quadro parziale. Non dimentichiamo che quelli che appaiono nei sondaggi sono gli elettori registrati, che non coincidono in alcun modo con gli attuali elettori.

Quattro anni fa Trump era l’outsider, ora è l’incumbent. Questo rende le cose più difficili?

Trump parte da una posizione di forza rispetto a quattro anni fa. All’epoca non aveva un team così solido alle spalle. Ora nei rallies raduna 30-40mila persone, anche nei Paesi cruciali per il bilancio finale, come Arizona, Michigan, Ohio, Pennsylvania, Minnesota. I democratici da parte loro sanno di aver sottostimato Trump la scorsa volta, e cercheranno di non farlo di nuovo. Soprattutto in questi Stati-chiave.

Ancora una volta uno dei temi-cardine della campagna, tanto più alla luce dell’emergenza Covid-19, sarà la Cina. Trump esce vincitore da quattro anni di braccio di ferro?

Il presidente ha avuto le sue ragioni, ma temo che l’amministrazione non abbia compreso fino in fondo la sfida con la Cina. Una Cina debole non è nell’interesse degli Stati Uniti. E la Cina, oggi, è già debole. Coronavirus a parte, nei prossimi dieci anni ci saranno 250 milioni di cinesi over 55 in più. Prima ancora di essersi arricchita, la Cina è invecchiata. Ora deve far fronte a un calo continuo di forza lavoro e produttività, e paga lo scotto di un sistema dittatoriale, di un’economia iper-statalizzata, di miliardi di investimenti in infrastrutture pubbliche vuote.

Quindi?

Giusto far rispettare i diritti di proprietà intellettuale e condannare il dumping. Ma una guerra tariffaria nel medio-lungo periodo può avere effetti devastanti sull’economia americana. Le tariffe sono tasse per il consumatore american, per le aziende che importano, soprattutto nel settore agricolo. Speriamo che finisca presto.

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