L’intervista di Papa Francesco a La Repubblica è stata un evento come l’intervista che concesse a padre Antonio Spadaro all’inizio del suo pontificato. Questa intervista è un fatto epocale perché pone un problema dopo tante settimane di emergenza coronavirus: come mai ci sono stati tanti tagli alla spesa sanitaria? Eh già, sono passate settimane dall’inizio della pandemia, sono passati anni da quei tagli, ma questo ce lo siamo chiesti? Chi lo ha fatto? Quei tagli ci sono stati e basta. Ma non può essere che ci siano stati perché qualcuno non paga le tasse? Non può essere che oggi il sistema è prossimo al collasso per quell’evasione e quei tagli ritenuti più plausibili di altri?
Qualcuno dirà che l’evasione è determinata dall’eccesso di tasse. Va bene. Ma come mai nessuno chiede più servizi ma solo meno tasse, anche se ciò comportasse la fine dei servizi? Già, perché?
Perché siamo arrivati a teorizzare lo sgocciolamento? Tagliamo le tasse solo ai ricchi, spendendo di più loro determineranno uno sgocciolamento di spesa verso i meno abbienti.
Tutto questo dovrebbe ricordarci di come cominciò tutto questo. Cominciò con la campagna elettorale di Reagan e il suo uso della vecchia immagine della “welfare queen”. Voleva dirci che il problema non era il welfare, ma chi lo usava per vivere come una regina senza lavorare. Che il problema ci fosse è sicuro, ma che non fosse davvero questo il problema lo svelò lo stesso Reagan, quando disse “lo Stato non è la soluzione, è il problema”. Da allora è sempre sorprendente che chi crede nei nazionalismi ritenga lo Stato un problema. Cosa sono le nazioni senza Stati? Del tutto diverso è il discorso di cosa siano gli Stati senza nazioni. Gli Stati hanno bisogna di popoli, determinano popoli. Senza popoli sovrani gli Stati diventano il Leviatano. Perché i popoli sono fatti da coloro che vivono in una spazio geografico che si proclama sovrano. Dunque sovrani sono i popoli. Loro, per esserlo, sceglieranno una legge condivisa, Costituzione, nella quale riconoscersi in base alle proprie tradizioni e alla propria storia e a quella di chi li raggiunga su quel territorio. Ecco le tasse. Le tasse sono lo Stato, il servizio che un popolo mette a propria disposizione, contribuendo proporzionalmente alle proprie risorse a renderlo disponibile a tutti. Ridurre le tasse senza preoccuparsi dei servizi vuol dire ridurre la comunità, l’appartenere a una comunità nel nome del proprio benessere. Sgocciolamento o no.
Questo senso comunitario riguarda tutti i patrimoni dello Stato. Patrimonio umano, patrimonio vegetale, patrimonio minerario, patrimonio paesaggistico, patrimonio animale, patrimonio di ecosistemi. Noi non siamo una variabile indipendente del nostro territorio. Alterarlo, piegarlo all’idea di consumi sfrenati, vuol dire alterare, piegare noi stessi. È questa l’ecologia integrale di Francesco, che oggi ho capito partire dalle tasse. Le tasse dovrebbero servire non solo al nostro benessere sanitario, ma anche a quello degli ecosistemi di cui siamo parte, siamo espressione, e del territorio.
La “guerra” al coronavirus dunque se è guerra è una guerra all’idea che noi disponiamo della natura, degli ecosistemi, del territorio, nel nome della crescita delle risorse. È questa guerra che determina il passaggio dal mondo animale al nostro dei virus pestilenziali.
Possiamo riuscire a vivere responsabilmente solo se riconosciamo con noi stessi che il nostro fine non è ridurre le tasse, ma aumentare i servizi. I servizi sanitari, i servizi urbani, i servizi al territorio, i servizi a difesa dell’ecosistema, i servizi scolastici, i servizi alla nostra integrazione culturale, i servizi previdenziali. Le tasse che paghiamo servono a garantire una dignitosa vecchiaia a quei vecchi che oggi diciamo di voler curare dal coronavirus: perché li vogliamo curare? Perché suona bene o perché sono parte della nostra comunità?
In definitiva a me sembra che Francesco ci abbia detto che il coronavirus è una sfida che dobbiamo intendere come sfida a stare più insieme, non a cercare di salvarci da soli. È una sfida a salvarci insieme, non a salvarci contro gli altri. Che è impossibile.
L’idea di salvezza individuale corrisponde all’idea di non pagare le tasse, di evadere le tasse, di vivere da soli contro gli altri. L’idea di salvezza comune corrisponde all’idea che questo coronavirus è l’ennesima chiamata a capire che se si distrugge lo spazio comune nessuno, neanche il più ricco, si salverà. La sua macchina non avrà strade dove passare, il suo tempo libero non avrà piazza da godere, la sua cucina non avrà alimenti tradizionali di cui soddisfarsi.
Questo non vuol dire scegliere un modello economico, no. Vuol dire ammettere che l’uomo è un animale sociale, come i popoli, fatti per vivere insieme. Perché vivono in un contesto vegetale, animale e minerario che vive con loro e che devono tutelare per tutelare se stessi. L’intervista di Papa Francesco ci ricorda in piena emergenza da coronavirus che la natura è parte di noi e noi della natura, solo un’idea di mutuo soccorso non soltanto umano ma integrale ci potrà salvare. La nostra identità culturale non può prescindere dal Vesuvio, dalla Val padana, dall’Aspromonte, dai loro insediamenti, dalle loro tradizioni, dalle loro proiezioni in avanti dalle loro complementarietà. E questo vale per credenti e non credenti. Questa intervista comporta e rilancia l’inscindibilità dell’enciclica detta da molti “l’enciclica verde” e il documento sulla fratellanza umana. Due cardini epocali riassunti in un’intervista. Si dice sempre, parlando di Chiesa, che la fede non si può vivere da soli. Ma cosa si può vivere da soli?