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Vi spiego perché la Wipo alla Cina sarebbe un errore. Parla l’ex vicedirettore Pooley

Oggi a Ginevra gli 83 Stati membri del Comitato di coordinamento dell’agenzia Onu che si occupa di proprietà intellettuale (Wipo) sono chiamati a eleggere, con scrutinio segreto, il nuovo direttore generale. Come raccontato su Formiche.net in questi giorni, sta andando in scena una nuova sfida per Stati Uniti e Cina. Washington sostiene il candidato di Singapore Daren Tang, Pechino la sua Wang Binying. Se Francia e Germania hanno scelto di seguire gli Stati Uniti, a poche ore dal voto sembra che l’Italia non abbia ancora scelto: il ministro degli Esteri Luigi Di Maio spinge per il candidato cinese, il premier Giuseppe Conte per allinearsi a Usa e Ue onde evitare l’isolamento atlantico. 

Per affrontare il tema Formiche.net ha intervistato James Pooley, uno dei maggiori esperti mondiali di proprietà intellettuale, vicedirettore della Wipo dal 2009 al 2014 e grande accusatore dell’agenzia. 

Perché la Cina non è adatta a guidare l’agenzia?

Le operazioni dell’agenzia, e in particolare quelle regolate dal Trattato di cooperazione in materia di brevetti (Pct), richiedono grande fiducia da parte di tutti gli Stati membri poiché visto che alla Wipo viene affidata una grande quantità di informazioni commerciali riservate: parliamo di 250.000 domande di brevetti ogni anno. Affinché il sistema funzioni, gli Stati membri devono potersi fidare che il Wipo rispetterà la segretezza dei brevetti fino a quando le domande non saranno pubblicate 18 mesi dopo essere state depositate. 

La Cina è una minaccia da questo punto di vista?

La Cina ha annunciato l’intenzione di acquisire tecnologia come imperativo strategico e si è comportata in modi che sembrano riflettere la volontà di incoraggiare il furto di segreti commerciali da parte dei suoi cittadini. Che sia vero o no che la Cina sia impegnata nello spionaggio industriale, molti Paesi lo credono e, quando parliamo di fiducia, la percezione conta molto. Considerando che il direttore generale della Wipo esercita un’assoluta autorità sull’organizzazione senza un’efficace supervisione (ciò a causa della singolare indipendenza finanziaria dell’agenzia), è facile vedere nella scelta di un cittadino cinese per questo incarico una possibilità per loro di accesso anticipato a migliaia di domande di brevetto segrete depositate da inventori di altri Paesi. Sarebbe inaccettabile per molti Paesi. In tali circostanze, il rischio che un cittadino cinese possa cedere alle tentazioni è semplicemente troppo grande, in particolare quando ci sono candidati qualificati provenienti da Paesi più piccoli e per giunta senza un programma annunciato per l’acquisizione di tecnologie all’avanguardia.

Parliamo del candidato di Singapore. Ma facciamo un passo indietro. L’attuale direttore, l’australiano Francis Gurry, è stato troppo accomodante verso gli interessi cinesi?

Non so abbastanza per dire se è stato “troppo accomodante”. Sicuramente è stato accomodante, ma ci si aspetterebbe che una certa attenzione fosse rivolta alla fonte di registrazioni di proprietà intellettuale in più rapida crescita. Persone diverse da me potrebbero avere un’idea migliore a riguardo.

Lei è un un whistleblower della Wipo e, come scrive l’Heritage Foundation, “la Cina ha mostrato propensione a reprimere dissidenti e informatori”. Come si sente?

Sono sicuramente felice di non essere un informatore cinese. Nel mio Paese, in generale ai whistleblower la legge garantisce delle protezioni. Ciò non significa che vuotare il sacco sia senza rischi. Quando l’ho fatto alla Wipo, il direttore generale si è vendicato contro di me, ma non c’era molto che potesse fare oltre a complicarmi la vita all’agenzia visto che ero stato nominato dalla Casa Bianca e non poteva licenziarmi. Altri informatori della Wipo, più recentemente Wei Lei, a capo dell’IT, hanno sofferto molto.

Un direttore cinese potrebbe anche decidere di aprire un ufficio della Wipo fuori Ginevra? Cosa significherebbe?

Sulla base dell’esperienza con Francis Gurry, è possibile per la direzione generale farlo, visto che lui l’ha fatto e se l’è cavata. Gli Stati membri erano sconvolti e la questione ha quasi causato che saltasse il budget per il 2014, ma alla fine ha ottenuto quello che voleva. A meno che non apportiamo significative riforme alla governance della Wipo per rendere l’esecutivo più trasparente e responsabile, decisioni come questa possono continuare a essere prese dalla direzione generale senza il permesso degli Stati membri.

Lei ha scritto su Bloomberg riferendosi alla Wipo: “Tra le molte agenzie delle Nazioni Unite, ce n’è (soltanto) una che offre effettivamente un valore pratico alle imprese statunitensi”. Che cosa dovrebbe fare l’amministrazione Trump se vincesse il candidato cinese?

Gli Stati Uniti dovrebbero iniziare i preparativi per il ritiro dal Pct per creare un nuovo sistema a gestione elettronica per il riconoscimento reciproco delle date di deposito della domanda di brevetto. Un tale sistema, che chiamiamo Pct 2.0, sarebbe molto meno costoso e consentirebbe a ciascun Paese di proteggere il segreto delle domande dei propri inventori durante i 18 mesi precedenti la pubblicazione. Spero che non saremo costretti farlo, visto che a breve termine avrebbe un effetto dirompente. Tuttavia, credo anche che sarebbe preferibile rispetto a lasciare le nostre domande di brevetto esposte a un direttore cinese che potrebbe accedervi senza che nessuno ne sia a conoscenza.

Come si può rendere la Wipo più sicura e più affidabile?

Devono succedere diverse cose. La più importante, la Wipo ha bisogno di una riforma della governance per ridurre il potere individuale del direttore generale. Questo può essere fatto istituendo qualcosa di più simile a un vero consiglio di amministrazione, rispetto al relativamente impotente Comitato di coordinamento composto da oltre 80 diplomatici. Sarebbero utili requisiti di divulgazione più solidi per un bilancio più dettagliato. Ridurre le tasse su cui usa il Pct renderebbe l’agenzia più dipendente dagli Stati membri e presumibilmente più efficiente. Anche la creazione di controlli del sistema informatico per monitorare le attività dall’esterno dell’organizzazione contribuirebbe a migliorare il livello di fiducia. E, naturalmente, affidare agli incarichi di vertice sulla base della professionali senza cedere alla tentazione di distribuirli come favori ai diplomatici in pensione. I problemi derivano dal fatto che l’agenzia ha troppi soldi e il direttore generale ha troppo potere incontrollato. Entrambe queste condizioni devono cambiare per evitare la corruzione nelle operazioni dell’agenzia.



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