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All’Onu di Ginevra in mostra la propaganda cinese sullo Xinjiang

Una mostra fotografica su “uno Xinjiang bello, aperto e ricco” per raccontare “la pace, la prosperità culturale e l’armonia religiosa” del territorio del Nord Ovest della Cina. Sembra il lancio di un organo della propaganda di Pechino, da tempo attiva per nascondere la repressione dello Stato cinese contro i musulmani uiguri che vivono nella regione. Violenze raccontate da molti, in particolare testimoniate da un’importante inchiesta del New York Times che tira in ballo anche il leader Xi Jinping. Ed effettivamente è un lancio di Xinhua, la più grande agenzia di stampa della Repubblica popolare cinese.

Già potrebbero sorgere perplessità per una simile propaganda interna. Peccato però che questa mostra, fatta di oltre 100 tra foto e video, sia stata inaugurata questa settimana dentro il Palazzo delle Nazioni di Ginevra, che altro non è che la sede dell’Onu nella città svizzera. Il tutto – tanto per rincarare la dose – in occasione della quarantatreesima sessione del Consiglio dei diritti umani. Il titolo della mostra è “Home: glimpse of people from various ethnic groups in Xinjiang” ossia “Casa: uno sguardo sulle persone di diversi gruppi etnici nello Xinjiang”.

LA NARRATIVA DI PECHINO

Ecco la narrativa della mostra sostenuta dalla rappresentanza permanente della Cina presso le Nazioni Unite a Ginevra e dalla China Society for Human Rights Studies. “Casa”, come se la regione fosse ospitale. “Diversi gruppi etnici”, come se quell’area fosse caratterizzata dall’armonia tra i popoli. I termini adottati ricordano un po’ un articolo sul blog di Grillo scritto da Fabio Massimo Parenti, professore associato dell’Istituto Internazionale Lorenzo de’ Medici a Firenze, in cui si negano le attività di “trasformazione” etnica nella regione. Attività denunciate non soltanto da svariate organizzazioni per i diritti ma perfino delle stesse Nazioni Unite.

“Le foto in mostra servono da finestra sulla realtà dello Xinjiang, dove persone di diversi gruppi etnici, grazie alla stabilità sociale, sono in grado di condividere i frutti dello sviluppo e godersi la vita e il lavoro”, ha spiegato Chen Xu, rappresentante permanente della Cina all’Onu di Ginevra, che ha addirittura parlato di libertà religiose “garantite”. Per il diplomatico, riporta Xinhua, lo Xinjiang sta vivendo il suo momento d’oro contraddistinto dalla crescita più rapida e stabile della storia.

UN’AREA STRATEGICA

Ecco cosa scrivevamo alcune settimane fa in merito a questa regione: “Lo Xinjiang è una regione autonoma della Cina nord-occidentale dove vive una maggioranza etnica turcofona e musulmana; è un’area geograficamente strategica da sempre, perché è il prolungamento fisico-politico del Regno di Mezzo verso l’Europa, e ora acquisisce ancora più importanza nell’ambito della macro-infrastruttura geopolitica Belt & Road. Il Partito Comunista cinese da sempre non vive serenamente quella presenza, anche perché ha creato negli anni problematiche autonomiste al governo centrale, ed è stata interessata da fenomeni di radicalizzazione islamica. Da alcuni anni si sa che la Cina ha avviato una “campagna di rieducazione” sugli uiguri, attraverso campi di detenzione che hanno ricevuto diverse denunce da parte delle associazioni per i diritti umani. Sia sul funzionamento, sia sulla gestione”.

“Vivere una vita felice è un diritto umano primario. Sono sicuro che questa mostra vi presenterà il vero Xinjiang”, ha voluto sottolineare invece il rappresentante del governo di Pechino davanti a diplomatici di Paesi come Laos, Pakistan, Bielorussia, Cuba, Venezuela e Myanmar che hanno partecipato alla cerimonia d’inaugurazione.

METODI ORWELLIANI

Tuttavia, sistemi di sorveglianza orwelliana e detenzione forzata di milioni di persone appartenenti a minoranze etniche e religiose sono, come raccontato su Formiche.net, all’ordine del giorno nello Xinjiang.

A noi rimane una domanda: come possono le Nazioni Unite, nate allo scopo di mantenere la pace e promuovere il rispetto per i diritti umani, ospitare simili menzogne?

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