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Anche la propaganda è virale. Washington risponde a Cina, Russia e Iran

Cina, Russia, Iran. Il governo americano traccia un perimetro chiaro: l’emergenza coronavirus ha dato vita a una guerra informativa, e c’è chi è pronto a farne un’arma per farsi spazio fra le maglie degli alleati in Europa. “C’è una disinformazione che proviene da attori random, ma anche da entità come il Partito comunista cinese (Pcc), la Russia, l’Iran – ha detto in un video postato su twitter il segretario di Stato Mike Pompeo – queste nazioni vogliono minare quel che facciamo qui, la nostra democrazia e la nostra libertà, e ora la nostra risposta al Wuhan virus”.

Così viene da settimane indicata dall’amministrazione di Donald Trump la pandemia globale, con il nome della città in cui è scoppiato il primo focolaio. È anche questo il segnale di una crescente assertività della Casa Bianca in quella che ormai è molto più di un’emergenza sanitaria. I riferimenti al “Virus cinese” sono una risposta alla campagna di propaganda lanciata dal Partito comunista cinese (Pcc) per allontanare l’immagine di Paese dove il virus è nato, e dove è stato a lungo sottostimato, ignorato, poi censurato.

Una campagna che è già entrata nella sua terza fase. La prima ha consistito in un capovolgimento narrativo: il virus in Cina è stato definitivamente sconfitto grazie alla “guerra del popolo” (anche se diversi report di organizzazioni internazionali e testimonianze dalla regione più colpita, l’Hubei, dichiarano altro). Poi la seconda fase: l’esportazione globale del “modello Wuhan” con l’invio di aiuti umanitari e aerei cargo pieni di equipe mediche, a partire dall’Italia e dagli altri Paesi europei più colpiti. Un’operazione, questa, accompagnata da un’imponente propaganda sui media di Stato e già proiettata su altre forme di cooperazione che poco hanno a che vedere con l’emergenza in corso, come la “Health Silk Road”, la “Via della Salute” in Italia annunciata da Xi Jinping in un colloquio con il premier Giuseppe Conte.

Infine l’ultimo atto: accusare altri Paesi della diffusione del virus. Gli Stati Uniti, per iniziare: il portavoce del ministero degli Esteri Zhao Lijian ha pubblicamente sostenuto che siano stati soldati americani a esportare il virus a Wuhan, tesi che da due settimane è rilanciata sugli organi ufficiali del Pcc. Poi l’Italia, che, parola del giornale del partito Global Times, avrebbe saputo del virus prima ancora della Cina.

A Washington non sono rimasti a guardare. E hanno iniziato a rispondere alla propaganda, non solo di Pechino. “Assurdo. Ora lo chiamate “agente altamente patogeno’, ma un mese fa i vostri ufficiali hanno impedito a un report dell’Oms (Organizzazione mondiale della Sanità, ndr) di definire tale il Covid19 – ha tuonato su twitter la portavoce dello State Department Morgan Ortagus in risposta a un posto del suo omologo cinese – il governo cinese non ha condiviso la sequenza gentica dopo che lo aveva fatto un professore a Shanghai”. Ma il pushback non è monodirezionale. Anche Russia e Iran sono finite nel mirino dell’amministrazione Usa per una campagna di propaganda che ha visto circolare, soprattutto su media governativi, tesi complottiste sul Covid-19 e accuse di complicità nei confronti degli Stati Uniti. Così il National security council (Nsc) diretto da Robert O’Brien ha ritwittato il 19 marzo un video del Servizio per l’Azione esterna dell’Ue – a dimostrazione che l’allarme è trasversale – che condannava una catena di disinformazione sul web partita da entità riconducibili al governo russo. “Grande analisi dall’Ue. Cina e Russia stanno lavorando per diffondere disinformazione sull’origine e la diffusione del virus cinese” ha cinguettato l’Nsc.

Non è risparmiato l’Iran di Ali Khamenei, che, ha annunciato di recente il Dipartimento del Tesoro Usa, non otterrà alcun allentamento del regime di sanzioni a causa dell’epidemia. È ancora una volta Pompeo a tracciare una linea rossa.

“Il virus di Wuhan è un killer e il regime iraniano è il suo complice – ha detto l’ex numero uno della Cia. Teheran è accusata di nascondere i veri numeri delle vittime. “La leadership iraniana cerca di evitare responsabilità per la loro grave, incompetente e mortale gestione del virus. Il popolo iraniano soffre questo tipo di bugie da 41 anni” ha detto il segretario.


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