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Perché non saranno tolte le sanzioni all’Iran (nonostante il Covid-19)

No, il coronavirus non deve spingere la comunità internazionale a cambiare linea sull’Iran. L’editoriale del Wall Street Journal dal titolo No time to end Iran sanctions sembra una risposta non soltanto a una opinion del New York Times ma anche alla richiesta dei deputati del Movimento 5 Stelle membri delle commissioni Esteri di Camera e Senato di adottare “una moratoria umanitaria delle sanzioni economiche che impediscono ai governi di diverse nazioni” (Iran, Siria, Venezuela, Cuba e Corea del Nord) “di fronteggiare adeguatamente l’emergenza coronavirus, provocando morte e sofferenza evitabili e creando focolai pericolosi per tutto il mondo”.

L’Iran è l’epicentro dell’epidemia nel Medio Oriente. E nonostante l’ayatollah Ali Khamenei rilanci le teorie del complotto di matrice cinese circa l’origine statunitense del coronavirus, molto poco, nota il Wall Street Journal, c’entrano le sanzioni con la diffusione del contagio nel Paese che conta 30.000 contagi e oltre 2.000 morti, anche se secondo l’Organizzazione mondiale della sanità il bilancio potrebbe essere cinque volte più alto rispetto alle cifre diffuse dal regime.

“Se le sanzioni americane fossero la causa, potrebbe essere ragionevole considerare la possibilità di revocarle. Ma la colpa è dell’incompetenza e dell’interesse personale del regime”, scrive il Wall Street Journal invitando il presidente statunitense Donald Trump a “non cedere alle richieste” provenienti anche da Pechino. “Le sanzioni non hanno costretto il governo a minimizzare la minaccia del virus per aumentare l’affluenza alle elezioni parlamentari di febbraio”, aggiunge ancora il quotidiano finanziario. Né “hanno evitato che Mahan Air mantenesse almeno 55 voli dalla Cina verso l’Iran tra il 4 e il 23 febbraio”, né che i leader religiosi continuassero a invitare alle preghiere del venerdì nonostante i rischi per la salute, né che il regime imponesse i lockdown.

Le sanzioni statunitensi hanno un’unica eccezione: le importazioni di generi alimentari e medicinali. Ma, scrive il Wall Street Journal, l’Iran non ha sfruttato i canali creati il mese scorso da Stati Uniti e Svizzera e ha perfino rifiutato l’aiuto di Medici senza frontiere, ong definita una “forza straniera”. Parallelamente, non si sa che fine abbia fatto il miliardo di dollari stanziato l’anno scorso per l’acquisto di medicinali dall’estero: è sparito, ha detto Mahmoud Vaezi, capo di gabinetto del presidente Hassan Rouhani. Sappiamo, invece, che un aiuto da 170 milioni di dollari inviato per forniture mediche è stato utilizzato invece importare tabacco.

Il dipartimento di Stato americano quantifica in 16 miliardi di dollari i finanziamenti elargiti dall’Iran a tutti i suoi alleati in giro per il mondo nel solo 2012 nonostante le difficoltà economiche. Ed è per questo che il Wall Street Journal sostiene che “rimuovere le sanzioni darebbe più fondi ai Pasdaran, non al popolo” e “rafforzerebbe la posizione traballante del regime senza dare sollievo alla gente”.

“Teheran ha soldi per i medicinali se taglia la spesa per missili, lo sviluppo di armi nucleari e le iniziative militari fuori dai suoi confini. Deviare miliardi dal violento progetto imperialista dei mullah è il modo migliore per alleviare le sofferenze in Iran e nel Medio Oriente”, conclude il Wall Street Journal, la cui lettura sembra aprire la strada all’intervento del Fondo monetario internazionale. Come raccontavamo alcuni giorni fa su Formiche.net, richiedere l’intervento dell’Fmi significa cedere buona parte della propria sovranità: gli ispettori saranno costantemente presenti a Teheran e l’organizzazione terrà strettamente monitorati i capitoli di spesa, un modo per evitare che la Repubblica islamica continui a fornire assistenza ai suoi proxy in giro per il mondo.


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