In ore tra le più drammatiche per il Medio Oriente e l’Europa, il messaggio per il quale padre Paolo Dall’Oglio ha speso 30 anni della sua vita arriverà domenica mattina in piazza San Pietro. A incarnarlo sarà un imam romano, che entrerà poco prima delle 12 in piazza per ringraziare papa Francesco per l’impegno profuso in favore di quel milione di esseri umani sfollati da Idlib e da giorni, settimane, mesi costretti a vivere all’addiaccio, spinti dal fuoco di russi e siriani verso il confine turco e impediti a trovare salvezza in Turchia dal muro eretto da Erdogan per impedirgli il passaggio. Gran parte di questi uomini e di queste donne sono minori, bambini e bambine traditi da un mondo che dopo essersi commosso vedendo l’immagine di uno di loro morto congelato ha voltato pagina.
Chi entrerà in piazza domenica mattina lo farà raccogliendo un appello soprattutto per andare in piazza a ringraziare il papa, che già in tre circostanze, ultima l’incontro dei vescovi di Bari di due settimane fa, ha ricordato la tragedia di Idlib. Questo appello, promosso dall’associazione degli amici di padre Dall’Oglio, è stato raccolto da molte associazioni cattoliche, laiche, musulmane, siriane. Si tratta di Amnesty International Italia, l’associazione di giornalisti Articolo21, l’associazione culturale islamica in Italia, Caritas Italiana il Centro Astalli, sezione italiana del Jesuit Refugee Service, la Comunità di Sant’Egidio, la Comunità siriana in Umbria, il Coordinamento dei Siriani Liberi di Milano, la Fesmi, Federazione della stampa missionaria italiana, la Fondazione Migrantes, la Focsiv, Federazione degli Organismi Cristiani Servizi Internazionale Volontario, il Magis, Movimento e azione dei gesuiti italiani per lo sviluppo, Siria Libera e Democratica, l’Ucoii, Unione delle Comunità Islamiche d’Italia e l’Ucsi, unione cattolica stampa italiana. Tra le prime individuali spicca quella di Anna Foa, la principale studiosa della Shoà in Italia.
Nel testo condiviso da tutti questi soggetti si dice: “Avvertiamo il bisogno civile e umano di ringraziare papa Francesco, l’unica autorità mondiale che ha ricordato il dramma dei civili di Idlib, nel nord ovest della Siria. Siamo sconvolti dalle rare immagini di quei bambini assiderati, a volte da soli, a volte con i loro genitori o parenti. Da una parte sono costretti a fuggire dalla Siria verso la Turchia da bombardamenti a tappeto che violano le regole più elementari del diritto umanitario internazionale e dall’altra sono impediti a trovare salvezza da un muro invalicabile e a oggi non valicato.
Non è un’emergenza improvvisa, tutto questo va avanti da mesi! Si calcola che ormai siano almeno un milione gli esseri umani in fuga ammassati al confine turco, alcune stime parlano di un milione e cinquecentomila, in gran parte bambini. Se non si trovasse una soluzione, urgente, le operazioni militari raddoppieranno gli sfollati, per i quali non ci sono che piccole tendopoli. Per tutti costoro ci sono soltanto due sottili corridoi umanitari aperti all’Onu per portargli qualche genere di prima necessità: questo è inammissibile.
Avvertiamo dunque l’urgenza di manifestare la nostra gratitudine a papa Francesco e dimostrare al mondo che il suo appello per questa umanità abbandonata e tradita non è caduto nel vuoto. Questi nostri fratelli e queste nostre sorelle non possono essere dimenticati.
Per questo domenica otto marzo, giornata dedicata alle donne di tutto il mondo, anche alle madri, alle bambine, alle anziane che soffrono nel gelo di Idlib, un gruppo di noi, nel rispetto di ogni misura di sicurezza, sarà in Piazza San Pietro. Ci incontreremo alle 11,15 davanti alla sala stampa vaticana solo con uno striscione, per i dimenticati di Idlib”.
Il punto drammatico e chiarissimo che tutto questo pone è molto semplice: la campagna mediatica del regime siriano e di quello russo afferma che le operazioni militari sono contro i jihadisti, circa 10mila. Ma se così fosse perché anche i tre milioni di siriani ammassati ad Idlib devono per forza essere deportati dalla Siria? Perché devono avere lo stesso destino di altri 7 milioni di siriani deportati negli anni trascorsi? Perché i siriani non possono vivere in Siria? Perché questo Paese può ospitare eserciti e milizie di tutti i numerosi alleati di Assad, ma non i suoi cittadini? E perché la Turchia, presunta amica dei nemici di Assad, non li vuole? Perché ha eretto un muro per impedirgli il transito? Perché li lascia morire nel gelo da Natale senza offrire una coperta?
Il mondo non risponde, e così l’unico che ha il coraggio di dire che tacere davanti al male non ci farà bene, papa Francesco, diviene davvero l’autorità morale globale riconosciuta da credenti e non credenti. Domenica sarà un giorno importante però soprattutto per un risvolto: riuscirà piazza San Pietro almeno a far sentire quei disperati di Idlib, nel gelo nel quale sono abbandonati da mesi, meno soli?