I medici dei reparti militari specializzati in biowarfare, che il ministero della Difesa russo ha inviato in Italia per sostenere il governo di Roma contro il coronavirus, hanno iniziato le loro attività. Sono a Bergamo, dopo la sfilata molto pubblicizzata lungo la Penisola – erano partiti da Pratica di Mare, dove nei giorni scorsi sono arrivati 15 enormi aerei cargo (un numero forse spropositato vista la consistenza nota del contingente). Hanno iniziato operazioni di sanificazione.
L’attività di soft power con cui Vladimir Putin ha inviato aiuti all’Italia procede – senza richieste in cambio, sottolinea il Cremlino, e intende dire che non vorrà presentare il conto più avanti, magari pressando Roma per far prendere una posizione in futuro sull’eliminazione delle sanzioni che opprimo Mosca da quando nel 2014 ha invaso e annesso la Crimea.
Ma le perplessità sulla missione russa restano. A cominciare da dubbi tecnici. Cosa fanno esattamente questi militari russi? Per quanto noto saranno di aiuto all’ospedale da campo che a Bergamo è stato messo in piedi dall’Associazione nazionale alpini. Altri sono stati assegnati alle case di riposo, come assistenza e soprattuto azione di panificazione di alcuni istituti in cui il virus è dilagato. Solo?
Il soft power russo s’è già messo al lavoro pesantemente: “faranno quello che gli italiani non stanno facendo, proteggere i nostri anziani”, è questo il tema di fondo di alcune uscite dal valore propagandistico che in Italia hanno seguito la narrazione russa. In realtà molte unità italiane civili, dalle Asl, stanno facendo lo stesso in questi istituti un po’ in tutto il paese, ma senza troppa pubblicità.
In generale non c’è ancora troppa chiarezza sul ruolo dei russi – ma l’ambasciata russa in Italia critica chi ne chiede conto. E il governo non è stato granché esplicito, perché non ha fornito informazioni tecniche – ora magari necessarie. Per esempio sarebbe interessante sapere definitivamente il numero del personale presente in Italia: i militari sono “un centinaio”, ma senza esattezza. Si sa che sono divisi in equipe composte da un medico, un infermiere, un anestesista e un epidemiologo. Sono team di tipo NBC, acronimo che sta per Nucleare, Biologico, Chimico: sono tipologie di assetti di cui dispone anche l’Italia, con qualità e caratteristiche riconosciute a livello internazionale. Potevano o dovevano già essere impiegati quelli italiani?
#Covid19 e quindi squadre di militari #russi #NBC (Nucleare, Biologico e Chimico) a #Bergamo. Se servivano questi assetti, perché non sono stati impiegati già un mese fa a Vo e Codogno quelli italiani? Il ns @Esercito ha forse il miglior gruppo #Nbc della @NATO. @MinisteroDifesa
— Andrea Armaro (@andreaarma) March 29, 2020
E ancora, quanti sono i tecnici, ossia i soldati, che accompagnano gli specialisti? Diversi insomma gli aspetti non chiari. Tra questi per esempio ci sono le attività di sanificazione, in particolare quelle del suolo che i tecnici russi dicono – sui media statali di Mosca – di voler compiere a Bergamo attraverso i mezzi Kamaz riconvertiti per l’occasione. L’Istituto Superiore di Sanità ha emesso un parere scientifico non vincolante il 18 marzo, sostenendo che la sanificazione stradale non è necessaria per combattere SarsCoV2, e che potrebbe creare problemi logistici e sprechi di risorse. Alcune Arpa, come quella piemontese, hanno già detto che l’utilizzo di certi composti, come l’ipoclorito di sodio (la candeggina) è inquinante: inquinamento del suolo e delle falde. Ma in alcuni comuni italiani la pratica viene portata avanti, e per quanto noto a Formiche.net sarà fatto anche dai russi a Bergamo. Val la pena? È utile? I danni potenziali sono un rischio accettabile?
E sebbene Mosca sostenga di essere colpita in modo basso dal virus, sui siti del governo si pubblicizza la costruzione di nuovi centri medici temporanei, di cui si stanno occupando i genieri dell’esercito. Serviranno per far fronte alla crisi – che però ufficialmente non c’è. È chiaro che ci sia qualcosa di diverso rispetto alla linea ufficiale. Pochi sono i dubbi sulle volontà del Cremlino, che vede dietro all’emergenza sanitaria una serie di opportunità, partendo proprio dalla questione politica interna.
Putin ha la necessità di far sapere ai cittadini russi, che il 22 aprile andranno a votare per la sua continuazione al potere oltre il 2024, che la Russia ha la capacità necessaria a proiettare la sua forza – tecnico-militare – anche come aiuti all’estero. Ma non solo: con questo dimostra che ha la forza politica e la capacità di sconfiggere l’epidemia che sta guastando il mondo e di farlo non solo in casa propria. Attività che dipinge un’immagine benevola del leader. Contemporaneamente, spiega che senza l’uso della forza – anche militare, quella inviata in Italia e quella che costruisce i nuovi ospedali in Russia – non è possibile battere la malattia.
Elemento importante, perché rinnova il patto sociale che l’uomo forte russo ha stretto con i suoi cittadini, talvolta obbligandoli. Mentre sulle Tv locali si racconta che forse c’è la possibilità che l’Italia sia un epicentro a sé del coronavirus – per questo gli esperti biologi e virologi russi starebbero indagando spiegano su Sputnik, e si dà implicitamente campo a un’opzione sollevata senza prove dal Global Times cinese nell’ambito della campagna revisionista con cui Pechino vuole smarcare dalle responsabilità sulla pandemia.
C’è poi l’aspetto geopolitico. Sostenere l’Italia in difficoltà permette a Putin di addolcire rapporti delicati? L’Italia è un paese che da sempre ha ottime relazioni con la Russia, ma che in questi anni, quando è stato chiamato a scelte importanti come quelle sul confermare o meno le sanzioni, ha sempre seguito la linea atlantica di Ue e Usa.
Putin potrebbe, come sostiene su queste colonne il docente della Luiss Germano Dottori, aver agito anche per recuperare terreno nei confronti della Cina. Pechino nelle scorse settimane è stata protagonista di un forcing sugli aiuti che è diventato un caso di studio internazionale (come dimostra questo approfondimento del Cepa). L’Italia è un territorio competitivo, in cui si muovono vettori di politica estera sfruttando la crisi sanitaria che sta affliggendo il paese.