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Come proteggere le aziende della Difesa. L’analisi di Nones (Iai)

Il crollo delle Borse a livello internazionale ha coinvolto ancora più pesantemente quelle più deboli, fra cui quella italiana. Sono sempre gli organismi più fragili a essere più esposti e il nostro sistema economico e finanziario finisce, quindi, con il pagare con gli interessi i suoi problemi strutturali. Fra le imprese colpite, anche i nostri due principali gruppi del settore aerospaziale, sicurezza e difesa, Leonardo e Fincantieri, che hanno perso metà del loro valore rispetto all’anno scorso e la cui capitalizzazione è scesa rispettivamente a 2,8 miliardi e 750 milioni di euro .

Non sono le uniche società coinvolte in questo crollo, ma sono quelle che garantiscono la sovranità tecnologica e industriale italiana nel campo più importante per ogni Paese: la capacità di garantire la propria difesa e sicurezza in termini sia di deterrenza sia di intervento. Mantenere queste capacità strategiche significa assicurarsi non solo il presente, ma, soprattutto, il futuro. Da questo punto di vista bisognerebbe ringraziare tutti coloro che hanno voluto o consentito all’allora Finmeccanica, oggi Leonardo, di concentrarsi sulle attuali attività, cedendo energia e trasporti ed evitando di impegnarsi troppo nei velivoli civili: se non si fosse verificato, oggi avrebbe rischiato di trovarsi sull’orlo del baratro come sta succedendo con i due grandi gruppi mondiali Boeing e Airbus.

IL RISCHIO DI SCALATE

Ora le nostre imprese dell’aerospazio, sicurezza e difesa (comprese quelle non quotate) sono più facilmente scalabili. Queste sono, d’altra parte, le regole del mercato: in generale, l’efficientamento del sistema industriale ottenuto riducendo la presenza pubblica ha, fino ad ora, compensato i rischi connessi con l’apertura agli investitori privati (in buona parte esteri).

Mantenere la capacità di attirare capitali dall’estero è indispensabile per il sistema-Paese e per tutte le industrie che, dovendo competere sul mercato internazionale, hanno bisogno di raccogliere finanziamenti sul mercato. Il vero problema è che, insieme, bisogna anche mantenere sul nostro territorio queste capacità tecnologiche e industriali ed evitare che possano venire indebolite a causa di strategie politiche, finanziarie e/o industriali in contrasto con i nostri interessi nazionali. Essendo ambedue i nostri “campioni nazionali” più piccoli dei competitori, l’attenzione deve, quindi, restare sempre alta e la rete di protezione a maglie strette.

GLI STRUMENTI PER DIFENDERSI

Per fortuna, abbiamo disponibili due importanti strumenti “formali” per tutelare gli interessi nazionali. Primo, la presenza pubblica nel capitale di Leonardo col 32% del ministero dell’Economia e Finanze e di Fincantieri col 71% di Cdp (a sua volta controllata dallo stesso ministero). Leonardo è, per altro, tutelata anche da norme anti-scalata nel suo Statuto. Secondo, la normativa sulla Golden Power che è divisa in due parti, con la prima dedicata alle attività strategiche nel settore della difesa e della sicurezza. Questo sistema normativo e procedurale ha come scopo quello di impedire acquisizioni che potrebbero contrastare gli interessi essenziali della nostra sicurezza nazionale. A distanza di otto anni e considerando l’esperienza maturata, qualche aggiustamento è auspicabile, ma le basi sono già solide.

Ma vi sono anche due strumenti “informali”. Il primo è la stretta collaborazione fra questi due grandi gruppi industriali e le Forze armate che ne sono il principale cliente e sostenitore sul mercato internazionale (anche con gli accordi governo-governo che, dopo la recente modifica legislativa, dovrebbero trovare presto attuazione). In questa ottica il rafforzamento del sistema italiano della difesa che si è realizzato nello scorso decennio rende più solide le stesse nostre imprese, evidenziando che qualsiasi intervento esterno dovrebbe ottenere anticipatamente il gradimento dei nostri decisori governativi e militari.

Il secondo, per ora più debole, è quello degli investimenti sui programmi di acquisizione e di innovazione. Come in natura, anche sul mercato un organismo forte è più difficilmente aggredibile rispetto a uno debole. Se un’impresa ha un buon carico di ordini proiettato nel tempo, una prospettiva di finanziamenti certi, un portafoglio di prodotti competitivi, sarà in grado di autofinanziarsi e di accedere a finanziamenti a basso interesse sul mercato finanziario. A questo fine un forte e diverso intervento dello Stato è oggi indispensabile.

L’ESEMPIO AMERICANO

Negli ultimi giorni, l’industria americana del settore si è rivolta direttamente al segretario alla Difesa e al Congresso per chiedere che vengano adottati alcuni provvedimenti urgenti, evitando che l’emergenza sanitaria provochi eccessivi danni. Ha chiesto: il riconoscimento che i programmi in corso e i lavoratori sono “indispensabili” per la sicurezza nazionale in modo da evitare limitazioni all’operatività delle imprese; ò’assegnazione di fondi adeguati, incoraggiando acquisti a lungo termine, e l’accelerazione delle varie forme di pagamento, anticipi compresi, al fine di assicurare la necessaria liquidità delle imprese per superare la crisi; il riconoscimento di flessibilità ai contratti per tener conto delle misure adottate dalle imprese in risposta al Covid-19 a causa di divieti, chiusure, quarantene e altre restrizioni di viaggio, mancanza di trasporti pubblici, accesso limitato a risorse e attrezzature, ecc. Sono validi suggerimenti sui quali riflettere anche da questa parte dell’Atlantico.

PIÙ DIFESA

Il primo è già stato recepito dal governo, che nel Dpcm del 22 marzo ha autorizzato il proseguimento “delle attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa” (anche se sottoposto a decisione dei prefetti, il che potrebbe comportare decisioni difformi). Sugli altri due punti si dovrebbe rapidamente intervenire. La Difesa ha già definito molti programmi di acquisizione che finiranno, però, col diventare operativi solo a fine anno a causa delle nostre lunghe e farragginose procedure pubbliche. Anche le commesse militari, insieme alle opere pubbliche, dovrebbero, invece, essere subito attivate derogando dai troppi lacci e lacciuoli burocratici. Parallelamente a questa iniezione di ossigeno per gli stabilimenti di produzione, dovrebbero essere assegnate adeguate risorse per assicurare il cofinanziamento dei programmi europei che sono attualmente in via di definizione, utilizzando la deroga europea ai vincoli di bilancio. Anche in questo modo potremmo aiutare il nostro Paese a ripartire e superare questo difficile momento.

Articolo pubblicato su AffarInternazionali.it


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