Oggi che viviamo tutti in un’emergenza sanitaria globale, ci rendiamo finalmente conto del significato profondo di un oscuro articoletto pubblicato nel 1970 dal futuro Premio Nobel per l’Economia Amartya Sen, The Impossibility of a Paretian Liberal.
Al di là del titolo, appunto oscuro alla maggior parte dell’opinione pubblica, il saggio intendeva dimostrare che, in un contesto di scelta collettiva, decisioni assunte all’unanimità (il riferimento al principio paretiano) sono incompatibili con la libertà di scelta, finendo per far prevalere lo status quo. Il ragionamento è in realtà molto semplice: se aspettiamo di essere tutti d’accordo per prendere una decisione, è più facile che la scelta finale sia di non fare assolutamente nulla (o di cercare un compromesso al ribasso). Ma questo non è espressione di una libertà collettiva; è dover sottostare alla tirannia delle minoranze, se chiunque, esercitando il diritto di veto, può bloccare qualsiasi scelta effettuata dal gruppo al quale appartiene.
Peccato che questa situazione non sia un ‘caso di scuola’, un modello puramente teorico sul quale si baloccano gli accademici. Il Consiglio Europeo (dove siedono i Capi di Stato e di Governo della UE), il Consiglio dell’Unione Europea (dove siedono i Ministri competenti sulle varie materie di pertinenza) e l’Eurogruppo (costituito dai Ministri delle Finanze dei paesi appartenenti all’euro), ossia i massimi organismi decisionali nella UE (chiamati a deliberare sulle questioni più importanti), assumono le proprie decisioni esattamente all’unanimità, con il diritto di veto che può essere esercitato da ciascun paese membro, attraverso i suoi rappresentanti governativi.
È questo che distingue una collettività da un consesso diplomatico. In quest’ultimo, nessuno può essere costretto ad accettare le decisioni assunte dalla maggioranza, come avviene in una qualsiasi democrazia. Ma può imporre la propria volontà al resto del gruppo.
L’eurogruppo di ieri ha semplicemente messo in evidenza questo fallimento: in un contesto collettivo, le decisioni all’unanimità sono incompatibili non solo con l’esercizio della libertà ma anche con l’esercizio di qualsiasi regola democratica.
Olanda e Austria hanno bloccato il tentativo di compromesso di Francia e Germania per l’adozione di un debito collettivo europeo a sostegno della ripresa. Decretando la fine dell’Unione Europea come comunità di destino.
Al di là della retorica europea, infatti, l’Unione Europea non esiste, se non è in grado di assumere decisioni collegiali sulla base del banale principio democratico della maggioranza. Questo distingue una democrazia sovranazionale da un incontro fra diplomatici.
Può darsi che alla fine le pressioni franco-tedesche riescano oggi a far breccia sulla rigidità olandese ed austriaca. Può darsi che, sull’onda dell’emergenza, si scardini per un momento la logica immobilistica che inesorabilmente porta con sé questo principio decisionale perverso. E che magari si riesca pure ad avere un qualche compromesso sull’emissione di titoli di debito collettivi senza la condizionalità oggi prevista dallo statuto del MES, magari garantendo altre compensazioni politiche o monetarie ai paesi recalcitranti; o trovando altre modalità di condizionalità che consentano a tutti i negoziatori di salvare la faccia con le loro opinioni pubbliche (ed elettori) nazionali.
Ma rimane sotto ai nostri occhi la palese evidenza del fallimento di un meccanismo decisionale che Sen mostrava essere liberticida ed, aggiungiamo noi, antidemocratico. E del quale occorre liberarsi il prima possibile, se l’Unione Europea intende procedere nel corso della Storia.
In questa nascente era post-Covid, nella quale le decisioni coraggiose e strategiche devono essere assunte tempestivamente, se vogliamo davvero che l’Unione Europea sia un corpo coeso di cittadini – piuttosto che un mero assembramento, una sommatoria di rappresentanti governativi in difesa dei loro propri interessi – la prima regola da cambiare deve essere l’abolizione definitiva del diritto di veto da ciascuna decisione collettiva.
A questo fine, è urgente e prioritario che venga lanciata una riforma del sistema di funzionamento della UE anche con questo unico punto all’ordine del giorno, per porre finalmente termine agli scempi di quello che appare ormai come un relitto ottocentesco: l’unanimità.