Quando sarà finita l’emergenza e il Paese dovrà ripartire, sarà opportuno investire nei settori ad alta innovazione come l’aerospazio, capace di avere ricadute positive e trainanti per l’intera economia nazionale. Parola di Gian Paolo Manzella, sottosegretario del ministero dello Sviluppo economico, che Formiche ha raggiunto per commentare l’ultima novità per la Space economy italiana: la decisione di Cdp Ventue Capital sgr di investire fino a 21 milioni in Primo Space Fund, il fondo che punta a far crescere le start up italiane dell’aerospazio.
Lanciato a marzo dello scorso anno con una dotazione di 1 miliardo di euro prevista dalla legge di bilancio 2019, il Fondo nazionale innovazione è partito ufficiale a dicembre come Cdp Venture Capital sgr (70% da CDP Equity e al 30% da Invitalia). Mercoledì, ha lanciato la sua prima iniziativa a favore di Primo Space Fund. Quest’ultimo, con il supporto dello European Investment Fund, ha un obiettivo di raccolta di 80 milioni ed è gestito all’interno di Primomiglio sgr da un team di esperti affiancato dalla Fondazione Amaldi dell’ Agenzia spaziale italiana (Asi), primo sponsor del progetto.
Sottosegretario, come primo passo, Cdp Venture Capital ha deciso di investire nelle start up dell’aerospazio. Che segnale è?
Ottimo. Un risultato che è arrivato dopo mesi di lavoro e che apre per l’aerospazio e per tutto il sistema italiano della ricerca un cantiere di lavoro nuovo. L’Agenzia spaziale italiana (Asi) partecipa a pieno titolo in un’operazione con capitale a rischio. E questo è un precedente che può essere di utilità anche per altri enti di ricerca.
Quale è l’obiettivo?
L’operazione aiuterà a far emergere start up nel settore aerospaziale, andrà a “scavare” nelle Università, i centri di ricerca, gli incubatori alla ricerca di idee imprenditoriali da valorizzare. Ed è un meccanismo per avvicinare le start up digitali a questo mondo, così da usare al meglio i dati che arrivano dallo spazio. Insomma, si porta la creatività digitale a contatto con le tecnologie spaziali: sono sicuro ci saranno risultati importanti. Proprio per questo è iniziativa importante per il sistema economico nazionale ed è un bel segnale che la prima iniziativa del Fondo nazionale innovazione sia dedicata a un settore così all’avanguardia ed evocativo. Porterà fortuna al Fondo.
Quanto è importante, in una fase che si preannuncia critica per l’economia nazionale, sostenere start up e piccole realtà innovative?
È un obiettivo centrale, soprattutto in un momento di emergenza come questo. Dobbiamo tenere in piedi con grandissima determinazione sia il settore più tradizionale, sia quello innovativo. Ed è strategico che ci sia un supporto finanziario rilevante. Non è un caso che, in questa congiuntura, Germania, Regno Unito e Francia abbiamo da subito avviato programmi speciali per le start up. Hanno capito che sull’innovazione si gioca una partita determinante della tenuta economica.
L’aerospazio può essere un traino per l’economia nazionale?
Guardi, mi ha colpito una cosa. Nell’ultima Strategia di politica industriale europea, l’unico settore verticale che la Commissione ha indicato è stato l’aerospazio. Una scelta che conferma un aspetto che emerge da qualche anno: la capacità del settore di avere ricadute dirette sull’economia. L’applicazione nella nostra vita quotidiana di servizi basati su dati che riceviamo dallo Spazio è la miglior prova della potenzialità economica del settore. È per questo che ha senso investire nell’imprese aerospaziali (e sostenere la nascita di quelle nuove), soprattutto per un Paese come il nostro che può vantare una filiera completa, dai big alle piccole e medie imprese.
Il Mise ha lanciato nel 2016 il Piano strategico Space economy. Si fonda sulla partnership pubblico-privata. Un percorso da proseguire?
È sicuramente la strada giusta in un settore che ha bisogno di investimenti e tecnologia. E vede non mette solo insieme pubblico e privato, ma coinvolge una molteplicità di attori, come le Regioni e le amministrazioni locali, le imprese e il mondo della ricerca. Un ecosistema dell’innovazione, insomma. Ed è un’operazione di sistema che sta permettendo risultati importanti. Basta vedere la ministeriale dell’Agenzia spaziale europea (Esa) di Siviglia, lo scorso novembre e il rafforzamento della posizione italiana.
Ha citato le Regioni. Che ruolo hanno?
Sono prima di tutto degli importanti finanziatori. Poi svolgono un ruolo nel sostegno agli attori del territorio. In tal senso, la formula dei cluster regionali è valida. E lo capisci quando si parla con le persone che guidano i distretti regionali. Emerge dai loro racconti perché spesso ti dicono che riescono a realizzare dei lavori, magari per clienti lontanissimi, grazie al lavoro di imprese del territorio. Ed è così che creano una connessione e capitale di fiducia, direi. Questo accade perché il cluster permette di conoscere perfettamente il territorio e di sapere chi può offrire certe prodotti o lavorazioni particolari , mettendo in contatto il piccolo con una domanda che può arrivare da molto lontano. È sicuramente un modello valido, da coordinare ulteriormente a livello centrale.
Alla ministeriale di Siviglia, l’Italia si è impegnata con un investimento da 2,3 miliardi per i prossimi anni. È un livello d’ambizione che va mantenuto, anche con una crisi alle porte?
Credo di sì. Sarà certamente uno dei punti centrali della nostra strategia per ripartire. Non dobbiamo mai dimenticare che siamo un grande Paese dell’aerospazio. Siamo stati il terzo Paese a lanciare un satellite in orbita (era il San Marco 1, nel 1964, ndr). Vantiamo un’agenzia spaziale tra le più considerate al mondo e grandi attori industriali come Telespazio, Thales Alenia Space, Leonardo e Avio, accompagnati da un panorama di piccole e medie imprese d’eccellenza. L’aerospazio è industria strategica nazionale. Ci sarà nell’Italia e nell’Europa di domani.
Cosa è per lei la New Space Economy?
Per me il termine indica che andare nello Spazio oggi vuol dire guardare alle significative ricadute economiche e tecnologiche importanti che questo comporta, alle applicazioni strategiche nella vita di tutti i giorni. È l’economia che si è aperta ai servizi e ai dati spaziali perché ha capito che possono fare la differenza. Così, vista la possibilità di ritorno, si attiva un meccanismo di investimento che fa bene al Paese.