È ora di parlare di infanzia. Ne è convinto Paolo Lattanzio, deputato del Movimento 5 Stelle e componente della Commissione Cultura, scienza, istruzione, il quale ha deciso di muoversi – insieme con un gruppo di lavoro trasversale che coinvolge su base volontaria tutte le forze di governo – per avviare una serie di proposte che mettano al centro bambine e bambini, fortemente colpiti dalla chiusura delle scuole e dalla reclusione forzata.
Il gruppo di lavoro, che negli scorsi giorni ha incontrato in videoconferenza il premier Conte, ha portato 15 proposte (tra cui l’inserimento di una figura tecnica esperta di infanzia ed adolescenza nella Task Force governativa) che potrebbero essere inserite in un decreto legge dedicato. E poi un appello di Lattanzio: “Faccio una richiesta al presidente Conte e alla politica, di rivolgersi direttamente ai bambini, parlare con loro, sono una parte importante del Paese, parlare con loro è importante, così come parlare con i loro genitori”.
Lattanzio, un tavolo di lavoro sull’infanzia: perché?
Abbiamo messo su un gruppo di lavoro trasversale, con i partecipanti su base volontaria dei vari partiti di maggioranza, ed è un messaggio politico importante: non sono delle proposte che arrivano dalle segreterie di partito, ma dai parlamentari che hanno incontrato il mondo delle associazioni senza pretesa di mettere una bandierina politica.
Di cosa si tratta?
Ci concentriamo sul tema infanzia-adolescenza, ma spingendo maggiormente sulla fascia 0-6, quella più massacrata. È inevitabile che la discussione rientri anche sul tema scuola, ma sono ambiti che camminano separati. Anche per questo Conte ha risposto alla nostra richiesta di appuntamento coinvolgendo due giorni fa la ministra Catalfo, la ministra Bonetti, il ministro Bonafede e la sottosegretaria Zampa. Non è stata coinvolta, invece, la ministra Azzolina proprio perché l’attenzione era a una fascia d’età diversa.
Cosa avete chiesto al presidente Conte?
Noi a Conte abbiamo portato un problema ancora più ampio di quello della scuola. Da due mesi parliamo delle passeggiate dei cani, dei runner, dei diritti dei fumatori che devono trovare i tabaccai aperti, e nessuno ha detto una parola sui bambini, sulle bambine e sui loro genitori. Bambine e bambini rischiano di uscire a pezzi da questa reclusione, pensiamo al diritto al gioco, il bisogno di socializzazione primaria e secondaria, sono in una bolla che è ancora più complicata per chi aveva già delle situazioni di difficoltà.
Sulla gestione dell’infanzia non c’è stata molta attenzione. Quali sono le proposte del gruppo di lavoro?
Partiamo con la segnalazione di un errore: quando si è iniziato a parlare delle riaperture, che ci sono state comunicate con l’ultima conferenza stampa, si è detto: “I genitori vanno a lavorare, dove lasciano i bambini se le scuole sono chiuse?”, un approccio sbagliatissimo.
Perché?
Perché i bambini necessitano di un intervento e di proposte politiche centrate su di loro, non sugli adulti.
E allora torniamo alle proposte…
La prima proposta a Conte è stata quella di inserire un pedagogista o una figura centrata sull’infanzia all’interno della Task Force di Colao, perché i bambini non sono solo dei potenziali malati, ma hanno bisogno di politiche che li considerino per quello che sono, senza trascurarli. Anche perché se no quando i genitori riprenderanno a lavorare ci si renderà conto che non si possono lasciare soli e, soprattutto le donne su cui ricadono i lavori di cura, dovranno lasciare il lavoro per poter stare a casa con loro.
Su questa prima proposta c’è stata una risposta del presidente del Consiglio?
Da parte di Conte c’è stata assoluta apertura e infatti già la settimana prossima, quando lo incontreremo di nuovo, insisteremo ancora sull’inserimento di una figura dedicata.
Avete dato qualche nome?
Non abbiamo dato nessun nome proprio perché non è questo il punto, ma il riconoscimento della necessità di preoccuparsi dei bambini in quanto individui, non in quanto figli di lavoratori che torneranno a lavorare.
Che altre proposte avete portato?
Noi sosteniamo che sia necessario, per affrontare il tema, un decreto dedicato. Il lavoro del gruppo che ho messo insieme nasce da una richiesta e da una sollecitazione delle associazioni che si occupano di infanzia e adolescenza proprio su questi temi. Visto che fino ad oggi l’infanzia non è stata toccata dai decreti, abbiamo chiesto che il prossimo decreto sia centrato su questo.
Che risposta avete ricevuto?
Il presidente, a mio giudizio, ha dato una risposta molto interessante e puntuale, perché noi abbiamo portato un documento con 15 proposte precise e specifiche e lui ci ha detto: alcune si possono trasformare in norme, quindi lavoriamo su questo, ma non solo.
A cosa si riferisce?
Alcune indicazioni e richieste che sono più di natura pedagogica e riguardano i servizi di prossimità all’infanzia potrebbe aver senso inserirle in delle linee guida da definire con la stessa Anci, quindi ci muoviamo su questi due aspetti, infatti ho avviato informalmente il dialogo con il presidente Antonio Decaro.
Sulle altre, propose, invece?
Sulle altre proposte proveremo a verificare se sono articolabili in norme che poi entrino in un decreto. Devo dire che l’incontro degli scorsi giorni è stato particolarmente importante perché le ministre Catalfo, Zampa per conto di Speranza e Bonetti si stanno muovendo su questo tema e hanno ascoltato le nostre ragioni. Alcune misure, infatti, che erano comprensibili all’inizio dell’emergenza adesso che abbiamo capito che la pandemia non sparirà dall’oggi al domani sono insufficienti, come ad esempio il bonus baby sitter.
Oggi la ministra Bonetti ha parlato di un “assegno universale per ogni figlio, fino almeno ai 14 anni, perché questa è l’età che coincide per legge con l’obbligo familiare di custodia dei minori”.
Esatto. Delle misure un po’ più ampie ci danno la possibilità di inserire una tutela e una valorizzazione maggiore per i genitori e per i bambini nella parte normativa dell’intervento.
Da una parte interventi immediati a sostegno dei genitori, come l’assegno universale, ma come si gestisce la ripartenza?
Non possiamo pensare come gli altri anni che finisce la scuola il 10 di giugno e se la vedono le famiglie, perché in questo momento sono a pezzi, molte non avranno più lavoro. Noi quindi chiediamo delle sperimentazioni, come la proposta che viene da una realtà di Napoli molto attiva su questo che si chiama Il Tappeto di Iqbal.
Di cosa si tratta?
Si tratta della creazione di nuclei di animazione territoriale. Cioè qualcosa che coinvolgendo fortissimamente il terzo settore e ovviamente i servizi sociali e permetta a livello locale, quindi di prossimità, di avere un contatto diretto con le famiglie e di organizzare degli spazi alternativi a quelli che conoscevamo. È un’idea di scuola che va oltre le quattro mura scolastiche, ma prevede gli spazi delle pinacoteche, delle biblioteche comunali, dei parchi.
Quando sarà il prossimo incontro con il governo?
A metà della settimana prossima.
Si sta parlando molto, in questi giorni, della necessità di coinvolgere maggiormente il Parlamento, deputati e senatori, nella pianificazione dell’uscita dalla crisi, sottolineando come i Dpcm non siano più uno strumento legittimo. La possibilità di eventuali decreti legge come è stata percepita da Conte?
C’è stata, durante l’incontro, una grande predisposizione da parte del premier. Nella lunga riunione che abbiamo fatto non ha mai inserito quello che gli abbiamo proposto nella lettura del suo prossimo dpcm. Ci ha detto che sono cose che dobbiamo recepire, valutiamo se e come il decreto legge è la misura migliore. Noi, chiaramente, continueremo a spingere su quello. Ma vorrei aggiungere una cosa.
Prego.
Faccio una richiesta al presidente Conte e alla politica, di rivolgersi direttamente ai bambini, parlare con loro, sono una parte importante del Paese, parlare con loro è importante, così come parlare con i loro genitori.