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Cosa è mancato nella comunicazione di Conte sulla Fase 2. L’analisi di Antonucci

Con la conferenza stampa per l’annuncio della Fase 2 gli elementi di una corretta comunicazione istituzionale cominciano ad entrare nel discorso di Giuseppe Conte: se si convoca un incontro per comunicazioni importanti si rispetta l’orario. Se è conferenza stampa si dà spazio alle domande dei giornalisti.

La comunicazione deve essere rilevante, centrata, sintetica (su questo aspetto c’è ancora da lavorare) e puntuale. Qualche dubbio resta sulla scelta del linguaggio: l’uso (troppo) frequente del plurale maiestatis laddove si impartivano disposizioni governative, l’iterazione di formule con anglicismi (no ai party) per dare un tono altro rispetto alla lingua parlata e alla comprensione immediata sono tutti fattori che denotano una certa difficoltà nel trasmettere contenuti chiari e immediatamente ricevibili da parte di chi ascolta. E non basta il ricorso alla formuletta, anche questa ripetuta, “se ami l’Italia rispetti le distanze”, con una rimarchevole somiglianza, per stile e tono di voce, ai payoff pubblicitari di fine anni ’90, per rendere il discorso di Conte chiaro, efficace, convincente.

Quello che è sembrato davvero mancare, nelle comunicazioni relative alla Fase 2 (che è più una Fase uno e mezzo), è stata la parte di visione politica. Se la comunicazione è una alchimia di contenuto e forma, la parte oggettiva e progettuale, ovvero politica, relativa all’ars decidendi, è risultata carente nel discorso di Conte di ieri sera.

Prosecuzione della maggior parte dei divieti di spostamento, ancoraggio all’autocertificazione e ai comprovati motivi, rinvio della riapertura di molte attività a date procrastinate, incerte e a condizioni insostenibili per molte piccole e medie imprese non possono certo essere migliorate da un buon eloquio. Resta l’interrogativo: fino a quando la correttezza formale della comunicazione istituzionale di Conte riuscirà a salvare le difficoltà di elaborare un’idea di futuro a breve e medio termine e la relativa programmazione operativa?

Il tempo per garantire il bilanciamento tra diritto alla salute pubblica e diritto al lavoro sembra terminato. Decisioni urgenti per il riavvio delle attività economiche vanno prese rapidamente e con sensatezza, guardando possibilmente ad esperienze di Stati vicini. Altrimenti si profilerà presto il tempo per un cambio di vertice all’esecutivo. E nessuna strategia comunicativa potrà arginarlo.


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