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Coronavirus, fase 2. Come passare dal “restiamo a casa” al “curiamo a casa”

Fino a oggi si è affrontata l’emergenza sanitaria con mentalità ospedalocentrica. Ma questo ha comportato tempi più lunghi per le cure e un aumento dei rischi di contagio negli ospedali. La fase 2 nell’affrontare il Coronavirus dovrà essere caratterizzata dalla “cura domiciliare precoce” in tutte le regioni, in modo da salvare più vite e da consentirci di uscire prima dall’emergenza sanitaria, sociale ed economica. Parla l’architetto Francesco Maria Esposito, presidente onorario di World – Law, Economics & Architecture, scrittore e studioso di Sostenibilità dello sviluppo.

Architetto, in una lettera aperta al premier Conte e al ministro della Salute Speranza ha suggerito di passare a un metodo più efficace per salvare molte vite umane dal Coronavirus. Di cosa si tratta?

Con il mio appello, lanciato il 30 marzo scorso, ho chiesto al premier e al ministro di passare dal metodo “cura tardiva in ospedale” a quello “cura precoce a casa”. Si tratta di un passaggio importantissimo, indispensabile per salvare molte vite e per uscire prima dall’emergenza sanitaria, sociale ed economica. Ma non abbiamo il tempo per riflettere troppo, dobbiamo agire subito coordinando le regioni.

Da quale esperienza è partito per giungere a questa conclusione?

Sono uno studioso di Sostenibilità dello sviluppo e il mio approccio è analizzare i problemi cercando le migliori soluzioni percorribili per risolverli. Tra gli esperimenti analizzati è emerso subito che quello italiano del prof. Cavanna è l’approccio più corretto per contrastare la Covid-19. Cavanna, direttore del reparto di oncologia dell’ospedale di Piacenza, già da metà marzo ha attivato una task force con la quale va a curare “casa per casa” dall’insorgere dei primi sintomi, entro 2/3 giorni dalla segnalazione. In poche settimane ha curato e guarito a casa più di 200 persone, e solo una percentuale bassissima, con comorbidità, è finita in ospedale. I tempi di attesa per il ricovero in ospedale, quasi sempre troppo lunghi, sono la principale causa dei decessi. È il momento di cambiare strategia. Tra l’altro sappiamo quanto è necessario tenere il virus lontano da un luogo di trasmissione come gli ospedali, e questo anche per la sicurezza di chi negli ospedali lavora. Ha ragione Cavanna quando asserisce che questo Coronavirus va aggredito subito a casa. Che senso ha portare le persone in ospedale? Bisogna passare alle “cure precoci a casa”. Un’intuizione che è valsa al prof. Cavanna l’onore della copertina sul prestigioso settimanale americano Time.

Quindi lei suggerisce di archiviare la fase 1 di contrasto alla pandemia?

Assolutamente sì! Fino a oggi si è affrontata l’emergenza sanitaria con mentalità ospedalocentrica. Le regioni, tranne Umbria e Calabria, sono concentrate sulla gestione dei posti letto nei reparti d’infettivologia e di terapia intensiva. Ma adesso sappiamo come curare a casa. Che aspettiamo? La cura va somministrata entro 48/72 ore dall’inizio dei sintomi per avere efficacia. Il ministero della Salute deve coordinare le regioni e traghettarle nella fase 2. Tre le mosse principali delle regioni. I. Attivare “unità Covid-19 domiciliari” a tempo record che gestiscano telefonicamente i pazienti e solo se necessario direttamente a casa. II. Dare alle regioni un preciso protocollo per i medici di medicina generale affinché possano prescrivere quanto necessario, anche telefonicamente, che sembra essere idrossoclorochina, azitromicina ed eparina, e istruire i pazienti su come usare il saturimetro per verificare se c’è l’infezione. III. Formare “agenti speciali Covid-19” che trasmettano informazioni, vigilino sui protocolli e facciano da collegamento con la Protezione civile. Tre azioni tempestive. Non è difficile. Il ministero della Salute deve chiedere al comitato scientifico di organizzare la lotta al “Sars-Cov-2” oltre la visione ospedalocentrica che sta uccidendo migliaia di persone.

Per evitare il diffondersi del Coronavirus non è sufficiente restare in casa?

È indispensabile, ma non basta. I sindaci stanno facendo un lavoro incredibile e importantissimo di sensibilizzazione e controllo. Non dimentichiamo che adesso ci sarà un graduale ritorno alla riapertura delle attività economiche. Sappiamo che il blackout dell’economia più è lungo e più affosserà il nostro Paese, che a marzo aveva un rapporto debito pubblico/Pil intorno al 133%. Occorre continuare a tenere alta la guardia ma bisogna urgentemente cambiare schema di contrasto al Sars-Cov-2 con la “lotta precoce a casa” anche per spingere l’economia. Senza maggiore tranquillità chi penserà a comprare un’auto o un abito?

Come risolvere il problema dalla mancata diagnosi, vista la carenza di tamponi?

Cavanna l’ha spiegato molto bene: febbre, tosse secca, dolori articolari e difficoltà respiratorie danno un quadro clinico già chiaro, e la verifica può concludersi senza tampone ma con l’uso del saturimetro. Poi il paziente viene monitorato a distanza, da remoto. E intervenendo subito guarisce con facilità e in tempi rapidi.

Cosa l’ha spinta a scrivere una lettera a premier e ministro della Salute?

L’art. 32 della Costituzione italiana prevede “l’obbligo della Repubblica di tutelare la salute come fondamentale diritto dell’individuo e nell’interesse della collettività”. E quest’obbligo sussiste anche per gli articoli 117 e 120. Spero davvero che il ministro Speranza si renda conto della sua responsabilità. Se qualcuno del comitato scientifico è lento, che proceda a sostituzioni. Sono in gioco migliaia di vite e l’economia di una nazione. Il Test Cavanna e l’esperienza della “cura a casa” partita in Calabria e in Umbria non possono restare casi isolati. In Umbria, ad esempio, si registra dall’inizio della pandemia anche la più bassa percentuale di decessi, 52, rispetto ai dimessi/guariti, 643, verosimilmente poiché i tempi d’intervento del 118 sono stati più brevi. Ma affinché tutte le altre regioni si organizzino per passare al sistema “cura precoce a casa”, il ministero deve traghettarle coordinandone il passaggio.

Nella sua lettera al presidente Conte e al ministro Speranza cita anche Fuksas.

Sì. In un’intervista l’architetto Fuksas ha dichiarato che “il futuro anti pandemia è il non ospedale”. Per me il futuro anti pandemia è il non ospedale con cura precoce a casa. Adesso il primo passaggio è il coordinamento delle regioni verso questo nuovo sistema di cura, ma non bisogna perdere tempo, ci sono vite da salvare e l’economia italiana e mondiale da riavviare subito. Cosa abbiamo detto finora al mondo? “Restiamo a casa”. Giusto. Cosa dovremo dire da oggi al mondo? “Curiamo a casa!”.

Cosa pensa del blackout economico? Ne usciremo? E in quali condizioni?

Ricondurre il Paese fuori dalla recessione non sarà facile. Questa è un’economia (sociale?) di mercato. Dovremo inventarci qualcosa di migliore di quanto annunciato. In questo momento la cura alla pandemia è sbagliata e anche il paziente economia è grave. Quanto costa tenere il Paese fermo ogni mese con questo schema? Quanto costerà la sanità se continuiamo a ospedalizzare inutilmente (e colposamente)? Quanto potremmo risparmiare, invece, proprio nella sanità, passando subito alla fase “cure precoci a casa”? Quanto recupererebbe il Pil più velocemente con lo schema che propongo? Tra risparmio nella sanità e recupero in termini di Pil parliamo di una cifra totale enorme, tra 200 e 300 miliardi di euro. Potremmo indebitarci meno e utilizzarne una parte per ridurre le disuguaglianze e spingere l’economia. È essenziale puntare alla sostenibilità dello sviluppo per far risalire il Pil creando tutte le condizioni favorevoli affinché le aziende non riducano gli occupati. Ma occorre fermare questa pandemia subito. Diversamente vedremo migliaia di concordati preventivi fallimentari che si muoveranno come una caduta di birilli. Siamo appena in tempo per evitarlo. Passiamo subito alla fase 2 di lotta alla Covid-19 che propongo e parallelamente stiliamo un “Grande Progetto di Sviluppo Sostenibile per l’Italia”.

Quali sono i punti di forza di questo Progetto? E quali le priorità?

Sintetizzo in dieci punti: 1. Lotta alle disuguaglianze. Sostegno concreto e veloce a famiglie povere, imprese, professionisti e lavoratori. 2. Spingere l’economia per mantenere i posti di lavoro e dal 2021 innescare un circolo virtuoso che punti alla piena occupazione. 3. Avviare grandi e piccoli progetti per tutte le tipologie di opere “utili”. 4. Ridurre sostanzialmente il carico fiscale per i redditi bassi e il ceto medio. 5. Grande Piano per il Sud. 6. Risorse per i comuni che sono la prima cellula. 7. Sfruttare efficientemente la nostra principale ricchezza collettiva: l’Italia. Il turismo può crescere del 100/150% in pochi anni. Anche il potenziale del made in Italy è sotto-utilizzato. 8. La denatalità è un problema sostanziale, occorre spingere le nascite. Chi crea la ricchezza del domani, i bambini, va sostenuto. 9. Riforma urbanistica che punti all’equità tra redditi e costi abitativi poiché il mercato abitativo crea nelle città, a partire da Milano e Roma, un meccanismo perverso d’inflazione asimmetrica dei prezzi locativi abitativi e di compravendita rispetto ai redditi, meccanismo che si appropria di risorse che dovrebbero andare al Pil. Questo processo, perverso e difficile da capire se visto con l’accettazione della perfezione del libero mercato immobiliare come dogma, ci allontana dalla crescita e dall’ottimalità monetaria tenendo il Paese in shock asimmetrico dal 2003. 10. Investire in cultura.” Io ritengo che sviluppare bene questi 10 punti permetterebbe al Pil di aumentare del 25/35% in pochi anni. Così risolveremmo anche il problema del rapporto debito pubblico/Pil. Occorre che il governo incarichi un pool di esperti in grado di concepire questo “Grande Progetto di Sviluppo Sostenibile”. Ma ci vogliono grandi statisti in grado di elevare il livello della politica.


L’architetto Francesco Esposito è Presidente onorario di W.-L.E.A. (Roma, Lungotevere Arnaldo da Brescia, 11). È originario di Lauria, in Basilicata. Vive e lavora tra Bari e Roma. È uno studioso di Sostenibilità dello sviluppo. Autore di centinaia di pubblicazioni scientifiche e interventi a convegni nazionali e internazionali. Tra le ultime pubblicazioni si segnalano Edificabilità bene comune. La disciplina dei prezzi immobiliari è indispensabile per lo sviluppo sostenibile e la stabilità delle nazioni, Cacucci Editore, Bari, 2015; Oltre la crisi, un nuovo regime urbanistico dei suoli, Napoli, Atti della tavola rotonda, Teatro di San Carlo, 8 aprile 20XVI, Aa. Vv. a cura di Francesco Maria Esposito, Cacucci Editore, Bari, 2016 e Urbanistica sociale di mercato. Attuare il passaggio all’Economia sociale di mercato, ridisegnarla, partendo da Europa e America Latina, Cacucci Editore, Bari, 2017.


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