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Coronavirus, propaganda e debolezze. L’assistenza russa agli Usa secondo Del Pero

“Purchase”, acquisto, la parola chiave dietro alla fornitura di materiale medico-sanitario che dalla Russia è arrivata negli Stati Uniti l’ha scritta in un comunicato il dipartimento di Stato. “Un gesto gentile” lo aveva chiamato il presidente Donald Trump — che avrebbe parlato dell’invio in una telefonata con l’omologo Vladimir Putin. Ma più che un gesto sarebbe un ordine, e più di gentilezza, business. E non è detto che sia solo una questione commerciale — forse è anche un affare politicamente parlando.

La nota del Dipartimento di Stato spiega che dopo la telefonata tra Trump e Putin si è arrivati alla decisione di comprare ventilatori e sistemi di protezione. Una commessa, poche polemiche teoricamente. Ma Mosca ha trovato spazio per sponsorizzare l’invio. Il materiale è arrivato con un vistoso aereo Antonov An-124 (simili a quelli inviati in Italia), pubblicizzato con foto e video da ambasciate russe in giro per il mondo, secondo uno schema operativo già visto e guidato dal ministero degli Esteri russo.

#RussianHelps è l’hashtag con cui girano i tweet del ministero russo e propaggini varie. Non “#RussiaSold”, magari più corretto stando a State-Dept. Aiutare e non vendere è un aspetto dello storytelling non indifferente: sebbene s’è visto che alcuni paesi hanno ristretto anche le vendite di prodotti medico-sanitari in questo periodo, l’aiuto è ben più d’effetto che l’affare commerciale. “Ti ringraziamo sinceramente per tutta l’assistenza che stai portando”, sono le parole con cui la torre di controllo del JFK di New York ha accolto mercoledì sera (ora italiana) il cargo dell’aeronautica russa. Mentre molto spazio alla questione è dato dalla rappresentanza russa all’Onu – ambiente istituzionale dove si muovono le dinamiche geopolitiche più grosse tra Mosca e Washington. Per dire, il vice ambasciatore era sulla pista del JFK A fare una conferenza stampa mentre l’Antonov scaricava.

“Immagino Putin usi questa propaganda prima di tutto a uso e consumo della sua opinione pubblica interna: in funzione di quella narrazione della Russia tornata a essere potenza grande e finanche globale”, spiega a Formiche.net Mario Del Pero, professore di International History alla prestigiosa SciencesPo di Parigi. Ma ovviamente funziona anche fuori dai confini nazionali? “Sì, perché cavalca malessere, disagio e, più in generale, una disaffezione verso (e una delegittimazione della) politica e delle istituzioni; perché, nello specifico caso di alcuni Paesi europei, Italia su tutti, può sfruttare una diffusa e montante eurofobia; perché vi è una crescente fascinazione verso la presunta efficienza di modelli autoritari e personalistici come quello russo”.

Sugli aiuti, e/o rifornimenti vari, si sta giocando una partita ampia ma non nuova (“la Guerra Fredda ad esempio di episodi e casi di studio che ne offre molteplici”, commenta il professore italiano). Qualcosa che Mosca sta sfruttando, sfruttando anche spazi che si sono aperti. “Nel caso europeo, per esempio, sfruttando ovviamente la disarmante reazione iniziale di molti governi e opinioni pubbliche: la loro assenza di solidarietà; il riaffiorare di stereotipi e pregiudizi che già avevamo visto in atto durante la crisi greca; la persistenza del potere immaginifico di frontiere che dovrebbero proteggere (e non proteggono) e di eccezioni nazionali che dovrebbero permettere risposte eccezionali (che di fronte a questa pandemia ovviamente non esistono: strepitoso il caso dei Paesi Bassi, che ora stanno scalando rapidamente la vetta di contagiati/morti in rapporto alla popolazione)”, dice Del Pero.

“Gli aiuti russi sono pochi e limitati; mandare un mega-antonov a New York vuol dire dare un minuscolo aiuto, minore di quello che all’Italia è stato dato dalla Ong Samaratinan’s Purse del figlio di Billy Graham“, aggiunge Del Pero. Però s’è creata un messaggio worldwide – molto ricevuto anche qui in Italia – in cui sembra che Mosca stia aiutando Washington con un’assistenza quasi  indispensabile: “È il bello della propaganda è proprio questo: che se ben gestita ha un effetto moltiplicatore come pochi nel rapporto spesa/resa”. Forse anche per questa ragione Foggy Bottom ha precisato con quella nota che non si tratta di aiuti, ma di una commessa ordinata alla Russia, creando tra l’altro una delle varie discontinuità tra apparati dietro alla Casa Bianca.

“D’altronde lo vediamo bene nella vicenda statunitense, la propaganda funziona se hai degli interlocutori disposti ad assecondarla ovvero che hanno interesse politico a farlo. Senza cadere in dietrologie o letture fantapolitiche, sappiamo che Trump auspica una migliore relazione con la Russia, anche (non solo, ma anche) in funzione di contenimento della Cina. E questa propaganda indubbiamente aiuta”, spiega il professore di SciencesPo.

Ma la Russia ha una reale forza o si tratta, appunto, di una serie di messaggi per ingigantire Mosca, il suo ruolo, la sua azione politica internazionale? “La propaganda è sovente l’arma dei poveri e dei deboli; e per quanto si racconti il contrario, la Russia rimane attore secondario sulla scena globale; è una potenza regionale e monodimensionale; a maggior ragione se continuano a scendere i prezzi delle materie prime su cui campa. Sono un po’ ripetitivo, se vuoi, ma nel caso specifico questa propaganda degli aiuti, questo soft power dell’assistenza, mi sembra indicativo tanto della fragilità di chi lo offre quanto di quella di chi lo riceve”.

(Foto: Twitter, @RussiaUN)

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