Un voto che legittimi un governo di ricostruzione sarebbe la cosa ideale da fare, ma impossibile adesso per ragioni tecniche come la Fase 2 e il semestre bianco. Lo dice a Formiche.net Paolo Pombeni, storico, politologo, già professore di Storia dei sistemi politici all’Università di Bologna, componente del comitato di direzione della rivista il Mulino e direttore del sito Mente Politica. Secondo Pombeni le condizioni per votare non ci sono e questo costringe per necessità di cose a un governo di tipo tecnico-presidenziale. Conte? “La sua credibilità si è logorata”.
L’opposizione è spaccata, con Berlusconi che si smarca dai sovranisti sul Mes. La maggioranza è friabile, con Pd-M5S che si confrontano sugli aiuti di Bruxelles. Il tema Ue mette in crisi i rapporti di forza in tutta la politica italiana?
Sì, perché secondo me preconizza un ridisegno complessivo del sistema politico italiano che deve uscire dalla contraddizione in cui è finito con la vittoria travolgente del M5S. Esso si è rivelato non un partito, ma solo un raccoglitore occasionale di pulsioni sociali. Naturalmente la pandemia accelera lo scenario: il M5S prima o poi sparirà o si ridimensionerà notevolmente, e ciò che ne rimane diventerà da un lato un partito più o meno tradizionale di sinistra e dall’altro un nucleo che farà ritorno nelle case del populismo di destra.
Salvini ha condannato le parole di Berlusconi sul Mes…
La ridefinizione di un forte populismo di destra costringe Forza Italia a ritrovare quella dimensione che si era illusa di avere: ovvero il partito dei moderati e dei borghesi sta comprendendo che l’illusione di tenere sotto il proprio controllo la destra populista non regge. Il tutto perché è finita l’epoca della grande abbondanza.
Vede Vittorio Colao nel 2020 come il Mario Monti del 2011?
Al momento mi sembrerebbe un azzardo, perché non sappiamo nulla di Colao come politico, mentre Monti nel 2011 era un personaggio già sperimentato come Commissario europeo, dotato di una sua credibilità politica. Come abbiamo visto già con Giuseppe Conte, non ci si improvvisa in politica. Vedo altri personaggi già pronti che potrebbero avere una maggiore credibilità: oltre al nome che circola di Mario Draghi, faccio quello di Carlo Cottarelli.
Le parole di Pier Ferdinando Casini, “Temo che il governo non ce la faccia”, e lo scontro tra Enrico Mentana e Palazzo Chigi sono due indizi da tenere in quale considerazione?
Si tratta di due indizi importanti, che si sommano ad altri come l’editoriale di Stefano Folli su Repubblica di due giorni fa: tutti dimostrano che la credibilità del premier si è molto logorata. A parte Travaglio che lo ha sposato in toto, non mi sembra che tra gli altri opinionisti vi sia un giudizio alto. Circola la voce che Conte sia inoltre molto apprezzato nel mondo cattolico: ma sinceramente questo aspetto lo vorrei verificare.
Se si riuscirà a convivere col virus, e la vulgata che circola nelle ultime ore, oltre a riaprire le fabbriche legittimando il lavoro si dovrà anche pensare ad un voto che legittimi un governo di ricostruzione?
Sarebbe la cosa ideale da fare, ma mi pare difficilissima in un momento simile per ragioni tecniche. Non sono deve terminare la Fase 1 ma bisogna riuscire a convivere con la Fase 2. Appena superata la fase critica, allora, entreremmo in un loop che non ci consente di votare come il semestre bianco. Osservo che per la volontà grillina di tagliare i parlamentari, ci troviamo in una condizione per la quale votando oggi eleggeremmo 345 persone che rischierebbero di essere giudicare superflue e non più legittime pochi mesi dopo. Insomma, le condizioni per votare non ci sono e ci costringe per necessità di cose ad un governo di tipo tecnico-presidenziale.
Il governatore veneto Zaia annuncia una riapertura anche prima del 4 maggio: ma il termine non era di competenza della task force di Colao?
Vedo molto banalmente un uso dilettantistico delle normative. Dal punto di vista tecnico la Commissione Colao è come un organo senza potere, che invece avrebbe potuto avere in qualità di ministro ad esempio, ovvero tramite una figura giuridica dotata di potestà. Con questa formula si è voluto fare un discorso di liberi tutti, dove 17 persone buttano via un po’ del loro tempo per offrire pareri che potranno essere o meno accettati. E si continuerà così in ordine sparso.
La contrapposizione tra Palazzo Chigi e Regione Lombardia poteva essere politicamente evitata?
Doveva esserlo. Purtroppo siamo in un Paese in cui nessuno ha la responsabilità dei propri ruoli. La politica è anche una questione di umiltà: Di Maio ha citato De Gasperi, che si starà rivoltando nella tomba. Una delle cose che De Gasperi rimproverava a personaggi di primo piano del calibro di Dossetti era di dover fare sempre i conti con la realtà, ovvero disporre dell’umiltà di sapere che si governa con le condizioni note a tutti. Il grande realismo degasperiano per certi versi è stato anche un suo limite perché lo ha frenato nell’osare, anche se con il senno di poi non si possono trarre giudizi. Moro diceva che l’Italia è come un castello di carte, si può anche provare a costruire un altro piano, ma bisogna poggiare le carte con delicatezza e trattenere il respiro per evitare che venga giù tutto. La politica non si fa galoppando.
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