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Dall’emergenza una nuova politica per le imprese. Le proposte di Rospi

Di Gianluca Rospi

Da oltre un mese la paralisi del sistema produttivo non vede ancora segnali di ripresa. La crisi di domanda e offerta è un segnale concreto che alla fine di questa fase di emergenza sanitaria non si avrà un ritorno imminente allo status quo precedente alla pandemia. Lo stop delle attività produttive lascerà cicatrici importanti sul tessuto socio-economico.

Il lockdown prolungato rischia in particolare di dissipare il nostro know how e il prezioso capitale umano presente nelle filiere italiane. Prima progettiamo come ripartire, prima eviteremo una catastrofe.

Per farlo bisogna inziare dalle nostre imprese, e dall’urgente semplificazione del codice degli appalti, così come da uno snellimento della giustizia amministrativa per garantire tempi certi e procedure snelle. Non sono certo ostacoli nuovi, ma il rischio di inciamparci di nuovo è più reale che mai.

Occorre prevedere non solo finanziamenti ma anche interventi che vanno nella direzione della sospensione e dell’effettiva semplificazione degli adempimenti fiscali e degli oneri burocratici. Lo Stato deve far sentire la sua vicinanza alle imprese con gesti concreti, evitando l’inserimento nei decreti di norme vessatorie per le aziende, come l’allungamento dei termini di accertamento tributario di 24 mesi a fronte di pochi mesi di posticipo delle scadenze fiscali.

Serve poi sburocratizzare il sistema amministrativo italiano. Un principio guida può essere quello sotteso al sistema anglosassone, che concede ampia responsabilità all’imprenditore per poi punire rapidamente e in maniera effettiva i “furbetti”.

Il passo successivo è pensare a una riapertura che non vada nella direzione rigida dei codici Ateco ma guardi anzitutto alle filiere produttive e a una nuova logistica nello scambio delle merci internazionali.

Una road map possibile esiste, e può sortire l’effetto di curare alcune delle mancanze congenite del sistema imprenditoriale italiano. Concediamo contributi a fondo perduto di riconversione delle aziende per investimenti materiali e immateriali, e creiamo un Fondo per la ri-capitalizzazione delle aziende.

Lanciamo un piano di incentivi all’aggregazione delle imprese, in maniera da trasformare questa crisi in un’opportunità per superare la micro dimensione delle nostre aziende attraverso aiuti al capitale di rischio, contributi a fondo perduto e crediti d’imposta, purché connessi alla salvaguardia occupazionale.

Avviamo un programma di finanza agevolata attraverso la concessione di un credito d’imposta in ricerca, sviluppo e innovazione con percentuali superiori al 80% e la realizzazione di programmi di investimento della liquidità delle imprese, attraverso forti incentivi come una detassazione elevata.

Importante sarebbe anche incentivare la ripresa del settore edile, moltiplicatore keynesiano della spesa pubblica a livello territoriale. Partendo, ad esempio, dallo sviluppo di un Piano nazionale di rigenerazione urbana e dei Centri Storici, con la creazione di un Fondo immobiliare pubblico che supporti gli interventi di Recupero Urbano attraverso meccanismi di compensazione e perequazione di volumi pubblici e privati e che possa essere alimentato dalla cessione dei benefici fiscali previsti per questi interventi.

In ultimo andrebbe approntato un serio piano infrastrutturale e della logistica nazionale, investendo di più sull’attrattività delle merci nei nostri porti attraverso un’adeguata programmazione delle attività da impiantare nelle Zes, al fine di creare zone retroportuali collegate e messe a sistema tra loro e rilanciare il Sud Italia come piattaforma logistica Euro-Mediterranea.

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