Nel momento in cui le energie del Paese sono rivolte alla difesa della salute di milioni di italiani, è altrettanto necessario pensare allo scenario economico-sociale negativo che si prospetta nel medio e lungo periodo per le famiglie e per le imprese. A un evento eccezionale si deve rispondere con misure economiche eccezionali, che non si limitino a una rimodulazione di finanziamenti Ue già assegnati ex ante e pro quota a tutti gli Stati membri, non utilizzati in tutto o in parte, né ricorrendo a strumenti finanziari europei che rischiano di aumentare il debito pubblico, a danno di ulteriori aggravi su famiglie e imprese, né semplicemente procrastinando scadenze di assolvimenti di obblighi fiscali, finanziari e contributivi di qualche mese, come prevede il decreto-legge 18/2020.
Il lockdown presente in molti Stati, potrebbe condurre a una recessione globale provocando una reazione sull’offerta e sulla domanda aggregata. In tale ipotesi, le banche contemporaneamente potrebbero veder non ritornare indietro i propri prestiti facendo diventare il denaro un bene difficile a cui accedere. Se le numerose micro, piccole e medie imprese che caratterizzano il tessuto economico italiano non avranno presto la garanzia di un opportuno cash flow, potrebbero facilmente scivolare in una situazione fallimentare. Ecco perché la liquidità proposta dall’ex presidente della Banca centrale europea Mario Draghi diventa essenziale per garantire la vitalità della linfa produttiva della nostra economia e per permetterle di ripartire.
Accanto a questa liquidità è necessario fare in modo che i dipendenti abbiano redditi alternativi allo stipendio o al salario d’impresa per cercare di tenere in vita il livello dei consumi, evitando che quest’ultimo subisca un pericolosissimo shock. Ma queste misure potrebbero non bastare: bisogna rendere appetibile il Sistema Paese. La creazione di una “Zona economica speciale di salvaguardia per tutta l’Italia”, rappresenta un possibile percorso strategico per il rilancio dell’economia italiana e costituisce il modello di cui adesso il Paese ha bisogno per essere veramente competitivo, a patto che esso valga per l’intero territorio nazionale e non si riduca ad essere il simulacro di Zes previsto dal DL 91/2017 e dalle successive modifiche ed integrazioni. La Zona economica speciale, che ho definito “di salvaguardia” è lo strumento più idoneo, soprattutto adesso, per il bene dei lavoratori, delle imprese e delle famiglie italiane.
Lo è per sei motivi. Primo, perché, avvalendosi delle agevolazioni previste secondo l’evoluzione funzionale delle best practices presenti nelle migliori Zes al mondo, Zes è la strategia più efficace per l’insediamento di nuove imprese, l’attrazione di FDI e per la sopravvivenza nel lungo periodo delle imprese italiane già esistenti che supereranno questa crisi. In particolare, la defiscalizzazione per le imprese e un’equa rimodulazione per i professionisti in un periodo ragionevole a far ripartire il Sistema, deve accompagnarsi alla svolta epocale di una modifica strutturale dell’ambiente amministrativo italiano in cui si muove sempre più con difficoltà l’imprenditoria italiana ed estera nonché l’intero cluster logistico nazionale, da decenni bloccati in un autentico girone infernale di “pedantocrazia” come è definita la burocrazia italiana, per il suo asfissiante mix di formalismo e di inefficienza, la cui evidenza è ormai una presenza costante nello stillicidio di rapporti negativi sulle performances dell’Italia in materia di sviluppo (da ultimi quelli della Word Bank e del World Economic Forum) che la rendono uno dei peggiori Paesi al mondo in cui fare impresa. Affermava K. Marx: “La burocrazia è lo Stato immaginario accanto allo Stato reale”, ed appunto le imprese italiane, soprattutto ora, hanno bisogno di più concretezza e di quel buon senso istituzionale che sembra ormai sparito. In buona sostanza il “modello Genova”, caso raro di celerità amministrativa italiana, dovrebbe diventare la regola.
Secondo motivo, perché consente di migliorare la competitività del “Made in Italy” sui mercati internazionali. Terzo, perché garantisce dai rischi di probabili interventi speculativi a livello mondiale contro l’economia nazionale. Quarto, perché costituisce un eccezionale ambito di incubazione istituzionale business – oriented. Quinto, perché rappresenta un’occasione unica per riposizionare il nostro cluster logistico-infrastrutturale nelle rinnovate dinamiche delle Global value chains che livello internazionale già si stanno modificando, come effetto “rebound” all’interruzione involontaria che si è prodotta sulle supply chains globali di numerose categorie merceologiche. Sesto motivo, infine, perché esistono le condizioni tecnico-giuridiche nel Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea per la realizzazione del modello di Zes descritta, proprio perché “di salvaguardia” di un Paese colpito da un evento di rilevante gravità.
In chiave europea in risposta alla dirompenza (non disinteressata) cinese nel Mediterraneo, alla ZES “di salvaguardia” (eventualmente arricchita da sistemi di finanza straordinaria per l’iniezione di liquidità mista a know-how per le micro e piccole imprese, specialmente le start up, prive dei requisiti per accedere alla finanza ordinaria) si potrebbero aggiungere altri elementi. È il caso di un Fondo Ue di emergenza eccezionale ad hoc per l’Italia, come è stato fatto alla fine degli anni 80 per la Repubblica federale tedesca e per la ex Ddr per l’eccezionale evento della riunificazione della Germania (che, peraltro si può ancora giovare anacronisticamente, delle agevolazioni previste in materia di aiuti di Stato nell’art. 107, par. 2 lettera c) del Tfue in quanto, pur essendo decorsi più di cinque anni dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il Consiglio UE ancora non ha adottato una decisione che abroghi tale disposizione). Si potrebbe inoltre creare un fondo aggiuntivo Ue per tutti i Paesi euro-mediterranei (fra cui l’Italia, evidentemente, è il perno geopolitico) che, unitamente al blocco dei “Paesi Visegrad”, e a Bulgaria, Romania e Grecia, saranno economicamente ancor più esposti dopo l’emergenza Covid-19 alla forza impattante della Belt and Road Initiative, foraggiata dai fondi ingenti dell’Asian Investment Bank for Infrastructure (AIIB).
L’auspicato connubio di misure di sostegno all’afflusso di liquidità e di accelerazione dello sviluppo economico, potrebbe essere plasticamente rappresentato, evocando lo scenario di una corsa di atletica leggera, abbinando le risorse necessarie al fondista per mantenere il suo rendimento in un tempo prolungato, alle risorse aggiuntive determinanti per consentire la produzione dello scatto finale e per vincere la concorrenza degli altri competitors. Ha affermato H. D. Thoreau: “Non conosco fatti più incoraggianti della indiscutibile capacità dell’uomo di elevare la sua vita con uno sforzo consapevole”. Ecco, è arrivato il momento dell’Italia come Sistema Paese di elevare la sua esistenza, con ogni mezzo, di fronte al mondo intero.