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Difesa europea e F35. Come tenere la barra dritta secondo Garavini (IV)

“Non corretta e fuorviante”. È così che Laura Garavini, presidente della commissione Difesa di palazzo Madama e vice presidente del gruppo Italia Viva, descrive a Formiche.net l’idea di ridurre le risorse destinate al programma F-35 a favore della sanità, proposta contenuta nell’interrogazione rivolta da 50 senatori M5S al ministro Lorenzo Guerini. Il tema è riesploso da un paio di giorni, con il Pd che ha già fatto fronte compatto contro l’iniziativa guidata dal pentastellato Gianluca Ferrara. Intanto, oltre i confini nazionali, si discute sul futuro dell’Ue, con l’appello rivolto ai governi del Vecchio continente dagli analisti del centro di ricerca Armament industry european research (Ares), rilanciato in Italia dagli esperti dell’Istituto affari internazionali (Iai), affinché non si abbassino le risorse destinate alla Difesa europea.

Presidente, gli esperti di Ares e Iai hanno lanciato un appello per aumentare le risorse per la Difesa europea. Che ne pensa?

L’integrazione delle politiche di difesa, nella cornice della politica estera e di sicurezza comune, nel contesto internazionale di oggi, è essenziale per rafforzare il ruolo dell’Unione europea a favore della sicurezza e della stabilità internazionale e, tramite lo sviluppo di una base comune industriale e tecnologica, per la stessa crescita economica e la competitività dell’Unione.

Quindi è d’accordo sul mantenere i 13 miliardi chiesti dalla Commissione per l’European defence fund (Edf)?

Il fondo europeo per la difesa rappresenta una prospettiva fondamentale per la difesa comune e va sostenuto a ogni costo e nella sua originaria consistenza. Questo perché la costruzione di una base industriale e tecnologica comune – e di effettive capacità militari – è essenziale per la difesa comune europea e per la prosecuzione dello stesso progetto europeo, perché la difesa rappresenterebbe un fattore di integrazione e un pilastro dell’Unione.

Investire nella Difesa, anche per l’Italia, può essere un modo per rilanciare l’economia in vista di un’annunciata crisi?

L’importanza strutturale del settore dell’alta tecnologia nell’economia mondiale è un dato in costante e ininterrotta crescita. Oggi, la tecnologia è al centro degli scambi e rappresenta uno degli asset più importanti dei Paesi industriali avanzati, in particolare, per quanto riguarda il settore dell’aerospazio. La difesa rappresenta dunque sicuramente un motore per l’avanzamento tecnologico e l’innovazione, oltre che una necessità a cause delle diffuse instabilità dello scenario internazionale.

Intanto, è tornato a far discutere il programma F-35. Cinquanta senatori M5S chiedono di fermare il programma, ma il Pd ha criticato l’iniziativa. Lei come la vede?

Periodicamente il tema F-35 ritorna al centro di polemiche. Mi preme fissare dei punti: l’Italia è tra i Paesi che spendono meno nel settore della Difesa: circa l’1,15% del Pil, una percentuale inferiore alla media dei paesi Nato europei (1,48%), anch’essa ben al di sotto della soglia del 2% fissata dall’Alleanza. È un bilancio quindi inferiore a quello degli altri Paesi avanzati, che mira a rendere l’Italia in grado di contribuire alla comunità internazionale nella gestione dei conflitti in corso e intervenire sul territorio nazionale a sostegno della Protezione civile, come si è visto anche nell’attuale emergenza. Ora, mettere a confronto le spese militari con diverse destinazioni alternative dei fondi è un’operazione non corretta, anche se la richiesta, in questo caso, è di una moratoria di un anno.

Ci spieghi meglio.

Dire che gli investimenti per velivoli di quinta generazione potrebbero essere utilizzati per costruire asili nido, o che quelli per una portaerei potrebbero andare a favore di campi-scuola per disabili, è fuorviante. Il bilancio della Difesa serve alla Difesa, così come i bilanci di altri dicasteri servono alle rispettive funzioni. La scelta relativa ai sistemi d’arma riunisce il livello politico e operativo della politica di difesa italiana a quello della politica estera e industriale. La partecipazione italiana al programma F-35 è stata decisa nell’ambito delle risorse stanziate alla difesa ed è frutto di una visione strategica che ha attraversato più legislature ed è stata più volte, come in tutti i Paesi coinvolti, compresi gli Stati Uniti, oggetto di verifica, valutazione e revisioni.

C’è il rischio, in vista della revisione della spesa pubblica, di un budget ridotto nei prossimi anni per la Difesa?

Le scelte strategiche relative al nostro modello di difesa possono ovviamente essere oggetto di valutazioni, ad esempio per quanto riguarda la nostra presenza all’estero. Va tenuto conto, però, dell’importanza dei compiti istituzionali della Difesa, del suo ruolo nell’ambito delle nostre relazioni e alleanze internazionali e dell’assoluta necessità di far fronte, insieme ai nostri alleati, alle diffuse instabilità del prossimo (e meno prossimo) futuro. La difesa di un Paese avanzato è un sistema di cui fanno parte istituzioni, presidenza della Repubblica, governo e parlamento (che definiscono la nostra politica militare e il relativo finanziamento), le Forze armate (che, con la loro organizzazione e i loro equipaggiamenti, rappresentano lo strumento militare a tutela della difesa e della sicurezza del Paese) e l’insieme delle scelte di politica estera e industriale. In particolare, il sistema industriale e della ricerca, attraverso le capacità tecnologiche, industriali e l’innovazione, deve garantire un certo livello di sovranità e autonomia, nonché l’avanzamento del Paese a un livello almeno paragonabile a quello degli altri Paesi avanzati.

Cosa ne pensa della presenza dei militari russi in Italia? Sono qui da oltre un mese e oggi Repubblica rivela un piano per raddoppiarli.

Nelle settimane di maggiore contagio abbiamo molto apprezzato gli aiuti provenienti da diversi Paesi nostri vicini. In particolare, Paesi dell’Unione europea, come Germania e Francia. Paesi che, nonostante fossero essi stessi colpiti dall’epidemia, non si sono risparmiati nell’accogliere decine di nostri pazienti contagiati, facendosi carico di uno sforzo logistico-organizzativo immane. Sono gesti che rafforzano gli ottimi rapporti di buon vicinato. L’Italia è un Paese fondatore dell’Ue, con una politica saldamente multilaterale. Lo scambio di aiuti con Paesi dell’Unione Europea rientra nella logica di un legame consolidato. Allo stesso tempo abbiamo apprezzato la solidarietà e gli aiuti forniti da Paesi esterni all’Unione europea come l’Albania, Cuba, la Cina, la Russia. Oggi, fortunatamente, grazie alle misure adottate, l’emergenza da coronavirus nel nostro Paese sta progressivamente allentandosi. Al tal punto da essere sempre più in grado, come sistema-Paese, di fare fronte in prima persona alla situazione

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