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Eurogruppo, alla ricerca di un compromesso ragionevole

Oggi 7 aprile si tiene una riunione molto speciale dell’Eurogruppo, che comprende i ministri dell’Economia e delle Finanze dei 19 Stati dell’Unione monetaria europea (Ume). All’ultimo Consiglio europeo (l’assise dei capi di Stato e di governo dell’Unione europea) è stato dato incarico all’Eurogruppo di formulare proposte condivise dai 19 per fare fronte all’emergenza sanitaria e per predisporre gli strumenti per la ripresa da una recessione che si annuncia non solo profonda ma tale da mettere a repentaglio il tessuto produttivo di buona parte del continente.

Non mancano le proposte ed i suggerimenti, anche presentati all’ultima ora e privi di un supporto tecnico-progettuale. Anzi, parafrasando il titolo di una bella commedia di Luigi Pirandello, si potrebbe dire “Ciascuno a suo modo”. Una decina di Paesi (ma la Francia – pare – avrebbe, almeno per il momento, cambiato idea) puntano sulla emissione di eurobond o coronabond (o altro nome), titoli garantiti da tutta l’Ue o quanto meno dall’Ume). Altri Stati, principalmente quelli del Nord Europa, propongono, invece, che si utilizzi la dotazione del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), se necessario rafforzata tramite titoli emessi dal Mes medesimo. Due commissari europei, dimenticando che di norma la Commissione si esprime con pronunce collegiali, propongono un Fondo per la Rinascita. Ci sono, poi, idee (abbastanza ben articolate) da centri studi come Bruegel e l’Osservatorio di conti pubblici dell’Università Cattolica. Ed altre lanciate da singoli uomini politici. La vigilia di questo Eurogruppo pare anche una Fiera delle Vanità (quale il romanzo ottocentesco di William Makepeace Thackeray) in cui tutti cercano di mettersi in mostra.

Naturalmente molte di queste proposte ed idee non sono neanche sul tavolo dello Euro Working Group – il gruppo degli alti funzionari dei 19 dell’Ume incaricato di preparare l’Eurogruppo soprattutto perché sono embrionali dichiarazioni di intenti e richiedono molto lavoro tecnico-finanziario e tecnico-giuridico prima di poter essere prese in considerazione.

Il pericolo è che ci sia uno scontro tra coloro che sostengono eurobond o coronabond e coloro che propongono altre strade. A fini interni, il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, si è molto esposto a favore di eurobond o coronabond e rischia una sconfitta di fronte alle sue parti politiche, specialmente al Movimento 5 Stelle (M5S) che è nettamente contrario a qualsiasi intervento del Mes ed è in prima fila a proposito dei nuovi bond. All’ultimo Consiglio europeo, Conte ha minacciato di far saltare il tavolo non firmando il comunicato finale. Un tale atteggiamento da parte dell’Italia sarebbe un grave errore e potrebbe isolarla nel contesto europeo. Occorre cercare un compromesso ragionevole tanto più che di eurobond o coronabond non esiste un progetto: non si sa chi dovrebbe emetterli, che durata avrebbero, quale rendimento darebbero a chi li acquista, come si articolerebbe la garanzia europea, ed altri elementi basilari. Per fortuna che al tavolo dell’Eurogruppo siede il ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri e che il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Luigi Di Maio è assorbito a tempo pieno nel corteggiare quella Cina da dove il coronavirus è partito.

Lo European Working Group si orienta su una strategia a tridente: a) una linea di credito a condizioni rafforzate (in gergo Eccl) del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) e a condizionalità molto leggere; b) un potenziamento del ruolo della Banca europea per gli investimenti (Bei), che dovrebbe destinare 200 miliardi alla liquidità per le imprese; c) l’uso del programma Support to Mitigate Unemployment Risks in Emergency (giornalisticamente chiamato Sure) proposto dalla Commissione, che dovrebbe raccogliere 100 miliardi sui mercati per aiutare gli Stati membri a finanziare cassa integrazione e sussidi di disoccupazione. Nell’accordo finale potrebbe anche comparire un altro strumento di liquidità rapida (Rapid Liquidity Instrument, in gergo Rli), gestito dal Mes, da 80 miliardi, per sostenere i costi sanitari ed economici della risposta all’emergenza coronavirus ed utilizzo anche significativo delle Outright Monetary Transactions (Otm) della Banca centrale europea, come argomentato con efficacia da Lorenzo Codogno e Paul van den Noord su Vox-Cepr del 5 aprile. Sono tutti strumenti rodati che possono essere attivati rapidamente e fare giungere i finanziamenti dove ce ne è esigenza. La stessa Lucrezia Reichlin, che conobbi negli Stati Uniti oltre quaranta anni fa e che dice sempre e solo quel che pensa con estrema chiarezza, ha ritenuto opportuno scendere in campo per sottolineare che, se si vogliono misure che funzionino, occorre andare su ciò che c’è e che funziona.

Su questa testata si è già ricordato che il negoziato per risorse addizionali è un gioco “multiplo” su due tavoli. Su quello “interno” la posta in palio è “la popolarità” (si guadagna popolarità con il proprio bacino elettorale). Sul tavolo “esterno” o internazionale o europeo, la posta in palio è la “reputazione” (ossia si guadagna o si perde in termini di “reputazione” con i propri partner al tavolo verde). La maestria sta nel trovare il giusto equilibrio tra “popolarità” e “reputazione”. John Nash (vi ricordate il film “A Beautiful Mind”?) ci ha insegnato che si tratta di un equilibrio, per l’appunto “un equilibrio alla Nash”, sempre precario ed instabile. I suoi partner non hanno lo stesso problema perché in gran misura per loro “popolarità” nei confronti del loro bacino elettorale e “reputazione” internazionale coincidono. Hanno quindi un doppio vantaggio: non sono potenti e, dato che non sono alle prese con un equilibrio instabile, possono giocare le stesse carte su ambedue i tavoli. Quindi, era prevedile che fossero loro a vincere la partita.

L’Italia, però, può evitare di perdere alla grande se propone (e se riesce a convincere gli altri) che l’Eurogruppo (ed il suo working group) metta in agenda la progettazione di eurobond o coronabond da varare appena ci sarà un progetto pronto su cui convergano i principali Stati dell’Ume. Potrebbe essere presentato come un successo perché sono vent’anni circa che se ne parla, o meglio se ne cincischia, senza che si faccia un passo avanti.

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