La tempesta economica che si è già abbattuta sull’Italia sarà durissima da affrontare, la ripresa si prospetta lunga e complicata. Per queste ragioni, una volta che sarà terminata l’emergenza sanitaria, quando si tratterà di concentrarsi su quella che, non a caso, è stata definita la ricostruzione post bellica che ci attende, è auspicabile che le forze parlamentari diano vita a un governo di unità nazionale. Ne è convinto il politologo della Luiss ed editorialista del Sole 24 Ore Roberto D’Alimonte che in questa conversazione con Formiche.net ha fatto il punto della situazione sugli scenari politici aperti in Italia dal coronavirus e dal conseguente lockdown. “Quando inizierà la nuova fase, penso che la soluzione migliore per l’Italia sia affidarsi a un esecutivo di questo tipo”, ha affermato D’Alimonte. Che nel corso dell’intervista ha anche citato Mario Draghi, l’uomo a cui molti guardano, nel caso, per guidare questa operazione.
Perché professore pensa che serva un governo di unità nazionale?
Per un motivo fondamentale: per far ripartire il Paese andranno prese decisioni difficili, dolorose e politicamente costose per l’assunzione delle quali sarebbe opportuna la condivisione dei rischi e delle relative responsabilità. Stiamo chiedendo all’Europa di agire in modo coordinato, partecipato e unitario per superare la crisi: dobbiamo farlo anche in Italia.
I partiti italiani, secondo lei, sarebbero in grado di mettere in campo un’operazione del genere? Riusciranno a mettere da parte le divisioni e i calcoli elettorali?
I dubbi ci sono, inevitabilmente. Non sono affatto sicuro che la nostra classe politica riesca a prendere pienamente coscienza della profondità della crisi economica e sociale in cui il coronavirus ha precipitato l’Italia e ad assumere le contromisure del caso. Ma a mio avviso l’unità è la strada giusta da percorrere.
Chi dovrebbe sostenere questo governo, a suo avviso?
L’ideale sarebbe che lo sostenessero tutte le forze politiche rappresentate in Parlamento, in modo da evitare che parta la corsa a sfilarsi e che chi rimane fuori cerchi di sfruttare dal punto di vista elettorale la mancata adesione, cioè che faccia il free rider.. Ma è presto per dirlo. Certamente, dovrebbero farne parte almeno i principali partiti di maggioranza e opposizione.
Chi teme che possa sfilarsi?
Il Movimento 5 stelle potrebbe essere tentato da un atteggiamento da free rider, così come Fratelli d’Italia che non mi pare disponibile, almeno a oggi. Spero però, che davanti alla gravità della crisi questo non avvenga.
Spetterebbe a Mario Draghi il compito di guidare un governo di questo tipo?
Sarebbe certamente Draghi la persona più adatta. Intanto perché non è un politico e, quindi, non sarebbe un possibile competitor dei leader di partito. E poi, soprattutto, perché ha competenze indiscutibili la cui autorevolezza e il cui prestigio sono riconosciuti ovunque, in Europa e nel mondo. E l’Italia in questo momento ha il disperato bisogno di accrescere la propria reputazione internazionale. Anche a Bruxelles ovviamente, dove i suoi rapporti e le sue capacità diplomatiche potrebbero risultare fondamentali nell’ottica di un pieno sostegno dell’Unione al rilancio dell’economia italiana.
Quanto immagina possa durare il suo eventuale mandato da premier?
Draghi sarebbe chiamato a gestire la fase più difficile e grave, quella della ricostruzione post-bellica. Poi si tornerebbe fisiologicamente e giustamente a elezioni, alla competizione politica, mentre l’ex presidente della Bce potrebbe legittimamente aspirare al Quirinale.
Pensa che Draghi accetterebbe l’incarico?
Non lo so. Di sicuro posso escludere che guiderebbe un esecutivo di questo tipo senza un reale spirito di condivisione e una vera presa di coscienza della gravità della crisi da parte delle forze politiche. Draghi, a mio avviso, non farebbe mai il presidente del Consiglio di un governo di maggioranza – com’è accaduto, ad esempio in passato, con Lamberto Dini o Mario Monti – ma solo di unità nazionale.
Ma cosa dovrebbe fare l’eventuale governo Draghi di unità nazionale?
Innanzitutto, dovrebbe occuparsi di quella che abbiamo definito la ricostruzione post-bellica. E poi – ma forse mi illudo a pensarlo – anche mettere mano a un’agenda di riforme economiche e politiche che finalmente consentano al Paese di riprendere la via della crescita, smarrita ormai troppi anni fa.
A quali nodi, in particolare, si riferisce professore?
A titolo di esempio, la semplificazione burocratica, la giustizia, il Sud, innovazione , istruzione , riordino dei rapporti stato-regioni, e la razionalizzazione delle istituzioni parlamentari: continuo a ritenere che non abbia più senso avere un Senato con le stesse identiche funzioni della Camera. E ovviamente anche la legge elettorale.
Ma in tutto questo che ne sarebbe di Giuseppe Conte?
Ho il massimo rispetto per il lavoro che sta svolgendo a Palazzo Chigi in condizioni di difficoltà davvero straordinarie ma ritengo che non possa essere lui a guidare un’operazione di questo tipo. Non ci sono le condizioni, politiche ma non solo. Potrebbe, però, certamente aspirare ad altri ruoli rilevanti.