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Infodemia e banche. Ecco chi vuole l’Italia in ginocchio. Parla Borghi (Pd)

La disinformazione sul coronavirus pilotata dall’estero non è che la punta dell’iceberg. Il vero obiettivo è modificare lo status quo del Paese, a partire da quello geopolitico. Ne è convinto Enrico Borghi, deputato del Pd e membro del Copasir (Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica), che in queste settimane è al lavoro a Palazzo San Macuto a un dossier sulle campagne di fake news con una regia oltre confine. “Di materiale ce n’è”, assicura a Formiche.net. Nel mirino c’è il tessuto economico del Paese, e il suo posizionamento nel mondo. Ecco perché bisogna guardarsi le spalle. Anche dai propri vicini di casa.

Borghi, di che disinformazione si tratta?

Si muove su tre livelli. Stati stranieri. Think tank e stake holders, compresi alcuni gruppi industriali esteri con rapporti governativi. Infine gli speculatori: soggetti non politici che usano notizie false per creare tensioni sui mercati e trarne profitto. Sono tre livelli che si concatenano fra di loro.

E qual è il campo di battaglia? I social network?

Non solo. Sui social la disinformazione viaggia attraverso troll e bot, profili automatizzati, amministrati da hardware e software esterni. Poi c’è la messaggistica istantanea, dove girano catene di fake news. Whatsapp in Italia copre 32 milioni di utenti. Seguono i siti web di disinformazione vera e propria.

Riescono ad andare a segno queste campagne?

La disinformazione di questi tre anelli non entra direttamente nei media tradizionali italiani, ma può arrivarci di rimbalzo. Per questo è una buona notizia la nuova commissione contro le fake news della Rai per filtrare notizie di siti apparentemente ufficiali, che in realtà sono parte del sistema di contro-informazione.

Un report di Alkemy per Formiche ha rivelato una campagna di bot filo-cinesi su Twitter con l’arrivo degli aiuti da Shanghai. Non sono solo fake news, ma anche operazioni di propaganda o pubblicità.

È un tassello dello stesso mosaico. Le fake news non sono che un primo passo di una strategia complessiva. L’obiettivo finale è modificare lo status quo. A cominciare da quello geopolitico.

Ci spieghi meglio.

Epidemia deriva dal greco Epì-dèmos, “sul popolo”. Un evento del genere che si abbatte “sul popolo” lascia sempre delle ferite. Dall’epidemia ateniese del 410. a. C. all’epidemia della Spagnola nel 1919, nella storia questi fenomeni hanno sempre rotto lo status quo. L’Europa è di fronte a un bivio: può essere una rottura positiva, con uno sbocco verso una maggiore integrazione politica, o può portare al disgregamento dell’Ue. Ci sono potenze straniere che vogliono infilarsi in mezzo a queste maglie.

La Cina?

Chi non capisce che la Cina oggi sta promuovendo una colonizzazione economica, industriale e politica dell’Occidente è cieco. Come la scoperta delle Indie nel XV secolo fu un momento di rottura nella competizione fra Impero spagnolo e Impero portoghese, così oggi il coronavirus interviene nella competizione fra Cina e Usa, dividendo l’Europa in un asse neo-atlantico e in un’area carolingia che pensa di cavarsela da sé, e valuta una cessione dell’influenza mediterranea alla nuova Via della Seta cinese.

E la Russia che ruolo ha nel risiko?

Ha una preoccupazione principale: assicurarsi che la dipendenza energetica dei Paesi occidentali non venga meno. Se domattina l’Europa si convertisse di colpo all’idrogeno, l’economia russa collasserebbe. Se la Cina gioca in attacco, la Russia sta giocando in difesa. Lo scopo è colpire il ventre molle dell’Europa.

Cioè l’Italia?

No, il vero ventre molle è l’incapacità dell’Ue di fare un salto in avanti. È l’abbandono dell’idea comunitaria e solidaristica che ha ispirato i padri fondatori. La continua ricerca di un minimo comune denominatore.

A giudicare dall’Eurogruppo, quello sembra l’unico denominatore possibile.

Questo non possiamo accettarlo. La Germania deve abbandonare ogni ambiguità, cessare di mandare avanti l’Olanda di Rutte mentre tiene al riparo l’Ungheria di Orbán. Se continua a difendere un’Europa a immagine e somiglianza del concerto delle nazioni di Metternich la rottura sarà inevitabile.

Borghi, non vi state occupando solo di disinformazione, ma anche di banche. Avete sentito in audizione il direttore dell’Aise Luciano Carta. Quali sono i rischi per il settore?

Ci sono diversi piani dell’emergenza. Il primo è la salvaguardia del credito nazionale. La nostra costituzione attribuisce alle istituzioni il compito di salvaguardare il risparmio e il credito. Il secondo è la garanzia che, nel momento in cui dilatiamo il volume del debito pubblico, i detentori dei titoli di Stato italiani siano in sicurezza.

Il terzo?

Bisogna individuare i profili di rischio. Se lo Stato vuole aumentare i titoli legati al debito, deve assicurarsi che non siano soggetti a speculazioni di hedge fund e rider di Borsa. È un errore che abbiamo commesso con la crisi del 2008-2011 e che non possiamo rifare.

Intanto il governo ha rafforzato il golden power.

Ci abbiamo lavorato molto e siamo soddisfatti che ora siano coperte anche banche, assicurazioni e finanza. Serve un sistema statale che non si metta in ginocchio per chiedere per favore.

La francese Euronext ha manifestato alla Lse (London stock exchange) l’interesse per la Borsa di Milano. Bisogna guardarsi anche dai vicini di casa?

Mettiamola così. I fari delle autostrade che portano al di là delle Alpi sono accesi più che mai.

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