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Intelligence e politica. Adriano Soi spiega perché il Copasir ha strigliato Conte

Due mesi fa, sulla rubrica Checkpoint Charlie della rivista Airpress, avevamo sottolineato che le iniziative assunte dal Copasir tra dicembre e gennaio nei confronti del governo avevano, nei fatti, evidenziato una sorta di “supplenza” parlamentare a tutela dell’interesse e della sicurezza nazionale, con specifico riguardo all’economia e al dominio cibernetico. Da ciò avevamo dedotto un sostanziale, ancorché sottaciuto, giudizio di inadeguatezza dell’azione del governo e del presidente del Consiglio dei ministri.

Ebbene, nel comunicato emesso dall’organo di controllo parlamentare sull’intelligence a conclusione della riunione del 25 marzo, quel giudizio è stato manifestato con chiarezza nell’invito rivolto al presidente del Consiglio di attivare la ricerca informativa con richieste specificamente attinenti ai problemi dell’emergenza in atto e, conseguentemente, di acquisire con continuità e senza ritardi gli elementi reperiti dalle due agenzie.

In poche parole, il Copasir richiama il presidente del Consiglio all’esercizio concreto dei suoi poteri di massimo responsabile del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica.

È un fatto senza precedenti, che stigmatizza una carenza grave nell’esercizio di una delle funzioni vitali dello Stato in uno dei momenti più difficili della storia della Repubblica. Il presidente del Consiglio dovrà rispondere ai molti interrogativi che discendono dalla presa di posizione del Comitato: ha utilizzato e sta utilizzando le capacità informative delle due agenzie per assumere le decisioni richieste da questo duro momento?Ha posto quesiti specifici? Ha ricevuto risposte utili, chiare e tempestive?

Il Dis lo sta supportando con un’efficace azione di coordinamento e con l’analisi delle informazioni? Ha riscontrato ritardi nel flusso delle informazioni a lui dirette? Se così fosse, quali sono, a suo giudizio, le cause di questi ritardi e quali rimedi ha adottato o pensa di adottare?

Torna così in primo piano una delle questioni ricorrenti della politica delle informazioni per la sicurezza fin dall’inizio di questa travagliata legislatura: la mancata nomina di un’autorità delegata all’intelligence, sia nel primo sia nel secondo governo Conte. Da più parti invocata, questa scelta consentirebbe di tornare all’assetto che aveva contrassegnato i primi dieci anni di applicazione della riforma, con esiti generalmente considerati positivi. Resta da capire se l’attuale governo sia in grado di trovare un accordo sul nome.

Ma se per caso volessimo provare a uscire dalla logica “ho un problema, lo risolvo riempiendo una poltrona” – che a volte funziona, a volte meno, a volte è praticabile, altre no – e volessimo migliorare la qualità dell’azione di governo sfruttando al meglio ciò che già esiste, potremmo allora chiederci perché, dopo la proclamazione dello stato di emergenza il 31 gennaio scorso, non si è mai trovato il modo di convocare il Cisr nella sua veste di organo legittimato a svolgere, nei confronti del presidente del Consiglio dei ministri, “funzioni di consulenza, proposta e deliberazione, in caso di situazioni di crisi che coinvolgano aspetti di sicurezza nazionale”.

In quella sede, il confronto tra ministri titolati a porre quesiti all’intelligence e presidente del Consiglio avrebbe certamente supportato quest’ultimo nell’utilizzo della ricerca informativa e, contemporaneamente, avrebbe anche stimolato l’attività delle agenzie. Difficilmente il presidente del Consiglio potrebbe rifiutarsi di convocare il Cisr se glielo chiedessero i partiti di governo ma questi, fino ad ora, hanno preferito premere su Conte solo dai banchi del Copasir. Alchimie politiche e sicurezza nazionale – è appena il caso di dirlo – non vanno molto d’accordo.


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