Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

L’Italia si salva solo con la Ue (non con Pechino). Parla Arturo Varvelli

Quanto possiamo fidarci della Cina, sia riguardo ai dati perimetrati nell’emergenza Covid-19 sia per la postura di Pechino in politica estera che tocca anche equilibri ed influenze nella macro area del Mediterraneo? Non solo temi come la Via della Seta e la geopolitica stanno monopolizzando l’attenzione in casa nostra, ma anche le interconnessioni con la gestione dell’emergenza sanitaria rappresentano un campanello di allarme, come dimostra l’attenzione costante del Copasir al tema Golden Power.

Un quadro che si somma al recente sondaggio Swg secondo cui il 36% degli intervistati crede che l’Italia per sviluppare le proprie alleanze al di fuori dell’Europa dovrebbe guardare più alla Cina (mentre solo per il 30% lo sguardo dovrebbe essere volto verso Washington).

VALORI IN GIOCO

Secondo Arturo Varvelli, direttore dell’Ufficio italiano dello European Council on Foreign Relations (ECFR), sia dal punto di vista della realtà dei fatti che da quello della pubblica opinione, l’emergenza sanitaria è stata un acceleratore per cui si sono innestate dinamiche già presenti. “Credo abbia fatto quasi da un ultra percettore”.

Il riferimento è all’orientamento a est verso la Cina come attore emergente, alla lontananza dagli Usa e dall’Europa: “Quest’ultima ci ha messo del suo, soprattutto con dichiarazioni incaute, in un momento di crisi drammatica con quella che stiamo attraversando. Sentir dire da Paesi amici come l’Olanda parole molto dure, sicuramente non ha favorito la percezione europea nei cittadini. Ma nei fatti l’Europa sta facendo molto di più di quanto non abbia fatto la Cina. Non è Pechino che ci sta salvando dalla prossima crisi, mentre se ci salveremo sarà ancora una volta grazie all’Europa”.

IL RAPPORTO CON GLI USA

Dall’altra parte, aggiunge, abbiamo gli Usa che si trovano “all’interno di un vortice di crisi, che forse sarà ancora più dura per la tipologia di sistema sanitario che hanno”. Probabilmente si troveranno in una fase “ancora più isolazionista, per cui è anche difficile che percepiscano la questione, ma devo dire che l’amministrazione Trump ha fatto già dei gesti concreti nei nostri confronti”. La Cina, che ha risolto momentaneamente la questione virus, “può così giocare tutte le sue carte sulla politica estera”.

PROPAGANDA SUL VIRUS

C’è il rischio che l’esaltazione del modello cinese nell’affrontare il coronavirus sia solo propaganda di regime? Secondo Varvelli una questione di propaganda c’è, “siamo al 50%, per cui l’affidabilità dei dati provenienti dalla Cina riguardo al coronavirus temo che sia stata bassa, quindi dobbiamo fidarci ma fino ad un certo punto e sappiamo che il grado di collaborazione soprattutto nelle prime fasi e soprattutto nella manifestazione del problema è stato tardivo”. Per cui da questo punto di vista “la Cina ha grosse responsabilità su quello che sta succedendo e sul propagarsi della pandemia”. Detto questo, aggiunge, con i loro mezzi sono stati anche capaci di contenerla applicando prima di tutti gli altri uno schema di gestione. È anche vero che “essendo uno stato non democratico ha potuto utilizzare strumenti che alle democrazie non è concesso utilizzare, come l’utilizzo di strumenti militareschi e chiusure illimitate, misure che l’Italia non può utilizzare”.

UNA QUESTIONE GEOPOLITICA

Il vicepresidente del Copasir ha presentato un’interrogazione parlamentare sul progetto Wi Fi Italia negli ospedali. C’è il rischio di interferenze da parte di Huawei? Può diventare una prima tappa della nuova Via della Seta della Salute? “Se la Cina pensa di giocare questa carta – sottolinea Varvelli – non troverà facilmente delle possibilità, nonostante una parte del nostro Parlamento, mi riferisco in particolare al M5S, guardi alla Cina sempre con maggiore convinzione e come riferimento politico internazionale. I grillini si sono infilati in un vuoto lasciato da altre forze politiche, aprendo così alla Cina”. E certifica che ciò non può naturalmente andare in sostituzione “degli ancoraggi classici dell’Italia che sono indubbiamente prima l’Europa e poi gli Stati Uniti”.

twitter@FDepalo

×

Iscriviti alla newsletter