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Perché morto un Kim (non) se ne fa un altro. Il commento di Frassineti (Ispi)

Secondo il presidente americano, Donald Trump, le informazioni sulle gravi condizioni del satrapo nordcoreano, Kim Jong Un, “sono incorrette”: “Report fake messi in circolazione dalla Cnn” — dice in conferenza stampa dalla Casa Bianca, mentre vieta al media americano di fare domande, secondo uno scontro retorico che dura da tutta la presidenza.

Il piano si inclina su una notizia uscita nei giorni scorsi sulla Cnn, secondo cui Kim era stato operato al cuore – forse per l’inserimento di uno stent – nella clinica di famiglia Hyangsan nella provincia del Nord Pyonganed. Secondo le informazioni citate – attraverso fonti di intelligence americana – il leader sarebbe in fin di vita. Fumo eccessivo, consumo di alcol, sovrappeso e lo stress sarebbero il contesto personale che aggrava il quadro clinico. Le informazioni sono state indipendentemente confermate anche dalla Bloomberg.

La situazione è da giorni coperta da una nube di mistero – addirittura secondo il sinologo italiano Francesco Sisci Kim sarebbe già morto: operato in condizioni gravissime, non sarebbe bastato nemmeno l’intervento successivo di un’equipe specializzata arriva da Pechino. Al momento, le uniche prove circostanziate riguardano un’assenza da una quindicina di giorni dalla scena pubblica – cosa piuttosto inusuale, perché è attraverso la presenza pubblica che solitamente le vele della propaganda governativa prendono vento mostrando al popolo il leader impegnato in varie attività.

Ma anche qui: il Sydney Morning Herald scrive che fonti statunitensi dicono che giorni dopo le voci diffusesi sulla pessima condizione di salute, il satrapo sarebbe stato nella città costiera di Wonsan per monitorare direttamente la costruzione dell’area turistica. Di questo però nei media nordcoreani non c’è traccia. Trump ha anche aggiunto un’informazione: “Ho sentito che quanto ricostruito dalla Cnn si basa su dati vecchi”. Il presidente ha chiaramente a disposizione tutti i migliori dettagli di intelligence, e dunque potrebbe parlare sulla base di aggiornamenti ricevuti più di recente. “Non voglio dire”, è la risposta a una domanda da parte di chi gli chiedeva se avesse avuto contatti con Pyongynag: poi non ha risposto ad altro a proposito.

La salute di Kim è un aspetto molto delicato, perché non è chiaro al momento come procedere alla successione. “Il problema è proprio questo: non c’è stato sufficiente tempo per coltivare il successore”, spiega a Formiche.net Francesca Frassineti, ricercatrice dell’Asia Center dell’Ispi. Ma, prima di andare avanti l’analista, spiega: “Dobbiamo anche dire che tutte queste indiscrezioni vanno prese con estrema cautela, consideriamole in larga parte speculazioni con pochissimo fondamento e che l’unica cosa da fare è aspettare conferme ufficiali dagli organi del regime“.

Da decenni è attesa l’implosione del regime del Nord, ma nel corso del tempo si è dimostrato via via capace di affrontare due successioni – “che per un regime di questo tipo costituiscono le prove di sopravvivenza più ardue, e soprattutto ha superato la grande carestia della metà degli anni Novanta”. Ora però la circostanza improvvisa e problemi di carattere interno potrebbero creare disequilibri.

“Quella di Pyongyang è una dittatura ereditaria e la sorella Kim Yo-jong avrebbe le credenziali di sangue, in quanto discendente della cosiddetta stirpe del Monte Paektu (la montagna di ordine vulcanica nella provincia del Ryanggang, sacro emblema nazionale nordcoreano. Ndr)”, spiega Frassineti, ma c’è da capire l’eventuale reazione della gerontocrazia del regime, composta anche da zii e cugini di Kim. “I gerarchi potrebbero non accettarla anche soltanto in quanto donna. Certamente – prosegue la ricercatrice – ci sono stati dei passaggi importanti che l’hanno riguardata anche recentemente, come per esempio il reinserimento tra i membri non permanenti del Politburo, e per la prima volta ha rilasciato dichiarazioni a suo nome quando il mese scorso ha commentato le dichiarazioni di Trump circa una lettera inviata da Kim”.

La questione della successione è argomento di peso anche sugli equilibri internazionali. La Corea del Nord è ormai di fatto un attore nucleare, e il contatto personale che il presidente americano aveva avviato con Kim, pur senza raggiungere un accordo de facto, aveva permesso un freno sui test atomici e missilistici. Se il satrapo dovesse venir meno, che direzione prenderà il suo successore? Educata in un collegio svizzero (come Kim), la sorella del leader potrebbe non essere apprezzata dalla cerchia del potere  anche perché potrebbe farsi portatrice dell’ipotesi con cui la Cina, alla morte di Kim Jong-il, supponeva riforme sul piano economico per togliere parte della rigidità al Paese?

Instabilità interne si potrebbero proiettare sulla regione, sempre considerando che nel Nord l’argomento più delicato resta chi ha il bottone sui missili. “Teoricamente ci sarebbe un altro fratello (stessa madre e stesso padre) di KJU e KYJ, che si chiama Kim Jong Chul, il quale però era considerato dal padre non adatto a guidare il regime nordcoreano, e benché abbia rivestito un ruolo ufficiale all’interno del partito e abbia vissuto a Pyongyang, ha sempre tenuto un profilo molto basso”.

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