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La logica sovranista

Ieri sera al Parlamento Europeo è stato posto in votazione un emendamento del Gruppo dei Verdi ad una risoluzione sul Recovery Fund, nel quale si chiedeva l’adozione di “un debito mutualizzato a livello UE”: ossia, quello che tutto l’arco costituzionale italiano dice di volere; al contrario del MES che, come sappiamo, gran parte dei partiti afferma (pregiudizialmente) di non volere.

Ebbene: Forza Italia e Lega si sono schierati contro e Italia Viva si è astenuta. L’emendamento non è passato: 326 contrari, 282 favorevoli e 74 astenuti. Decisivo è risultato il comportamento dei nostri europarlamentari.

Una decisione che definire ‘curiosa’ sarebbe eufemistico, visto che si tratta dei rappresentanti politici che hanno fatto campagna elettorale, lo scorso anno, al risuonar delle trombe: “Prima gl’italiani!”. Complimenti vivissimi…

La verità è che tutto ciò è molto più coerente di quanto sembri, anche se con una logica così perversa da far rabbrividire. Se passano gli eurobond, ossia la mutualizzazione del debito, infatti, succedono due cose, che non piacciono affatto ai nostri pseudo-sostenitori del “Prima gl’italiani”.

La prima: che saranno costretti ad ammettere che l’Unione Europea, nonostante le storture e le lentezze decisionali (anche se stavolta ha reagito prontamente, sicuramente in maniera più pronta dei governi) che inevitabilmente (in questa forma costituzionale ibrida) la caratterizzano, funziona! Che una soluzione collegiale e solidale è possibile. E che soprattutto è possibile una ripresa economica congiunta, sotto una comune regia d’indirizzo strategico che consenta all’Europa di competere alla pari con gli altri colossi mondiali nella sempre più drammatica lotta per la sopravvivenza che caratterizzerà l’era post-Covid; piuttosto che affidata alla solita frammentazione ed alle scelte asimmetriche che hanno finora portato solo all’aumento, non alla diminuzione, delle differenze fra paesi.

La seconda: che se passano gli eurobond saremo “costretti” a rendicontare le spese che facciamo con quelle risorse a tutti gli altri paesi, come ciascuno degli altri paesi membri sarà chiamato a fare; se non passano, dovremmo indebitarci sul mercato finanziario (a costi enormemente più elevati) ma nessuno potrà impedirci di finanziare ulteriore spesa improduttiva, quella per la raccolta del consenso, piuttosto che investimenti produttivi che aumentino l’efficienza del sistema-paese.

I partiti indicati prima, col voto di oggi, hanno messo in chiaro che intendono gestire per conto proprio la fase della ricostruzione, senza che nessuno possa chiederci di renderne conto e mettere dei paletti che sarebbero a tutto vantaggio di noi cittadini, ma certo non di chi sarà al potere a spartirsi le risorse.

Ma attenzione, perché il quadro appena delineato non è ancora completo: mentre i 3 partiti di cui sopra votavano contro (o si astenevano verso) gli eurobond, il M5S votava contro l’intero documento sui Recovery Bond garantiti dal bilancio UE, a favore dei quali votavano invece Italia Viva e Forza Italia (per inciso, PD e Fratelli d’Italia hanno votato a favore di entrambe le proposte), nella soluzione di compromesso seguita alla proposta francese.

Naturalmente, si può sempre argomentare che tutto ciò che esce dal parlamento Europeo è carta straccia, non avendo il PE competenza per decidere (cosa che fa invece il Consiglio, all’unanimità) e che si tratti quindi di una discussione puramente politica. Ma è proprio qui il punto. Se in una situazione drammatica come quella che stiamo vivendo l’Italia si presenta con un caos politico, pubblicamente messo in evidenza, così manifesto… come speriamo che il Governo possa portare un qualche peso negoziale al prossimo Consiglio del 23 Aprile: chi rappresenta oggi Conte?

Stampiamocelo bene nella memoria e cerchiamo di ricordarcelo quando tutto questo sarà finito. Mentre noi, popolo italiano, stiamo combattendo la stessa battaglia per uscire dall’incubo del lockdown ed avere una ripresa economica sostenuta da risorse collettive (ma necessariamente legate a qualche collaterale a garanzia, e in questo senso la soluzione migliore è utilizzare come il bilancio europeo, naturalmente da aumentare), condivise in tutta Europa e volte a finanziare beni pubblici europei (infrastrutture di comunicazione e trasporto, ricerca e innovazione, transizione ecologica ed energetica, piattaforme logistiche e digitali interconnesse, cybersecurity, etc), non disperse in mille rivoli inefficienti gestiti dai governi nazionali, i nostri politici danno prova di un uso disinvolto delle terminologie (utilizzando concetti di cui non hanno ben chiara la natura) ma sono ampiamente accomunati dal fatto di sperare ancora una volta di utilizzare i fondi a fini di raccolta del consenso elettorale.

Se questa è la situazione (e questa è la situazione), in bocca al lupo a tutti noi…

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