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Come costruire una maggioranza politica solida e affidabile. Il commento di Reina

Le elezioni del marzo 2018 non sono state un evento risolutore per la governabilità e la stabilità in Italia. La prima fase della legislatura è stata caratterizzata da una alleanza di governo non prevista, M5S-Lega, che non si è distinta per scelte ardite e originali, invocate a gran voce dagli elettori. Non a caso, dopo 14 mesi il contratto sottoscritto dai due contraenti è saltato, confermando il fallimento di un esperimento impossibile e velleitario. Ad agosto 2019 l’accordo precedente è stato sostituito da una nuova alleanza M5S e Pd: stesso presidente dell’esecutivo, cambio di alcuni ministri dei Cinque Stelle, ingresso di esponenti del Pd, di Italia Viva e della sinistra di Liberi e Uguali.

Nel passaggio dal governo Conte uno a Conte due c’è stata la prosecuzione di numerosi trasferimenti di deputati e senatori da maggioranza a opposizione e al contrario, al gruppo misto e tra i vari gruppi. Perché questa transumanza? Quali alte motivazioni politiche o istituzionali hanno indotto un tale incredibile passaggio di formazione politica? Si racconta che c’è stato un malcontento diffuso tra coloro che hanno dovuto cedere il proprio incarico ad altri colleghi, e che aspiranti ministri o sottosegretari delusi per la mancata nomina abbiano reagito male e hanno abbandonato le proprie appartenenze politiche. Bella coerenza!

La “mobilità” sia a Palazzo Madama che a Montecitorio, ha provocato una netta alterazione della rappresentanza e degli equilibri politici. Deputati e senatori si sono trasferiti con una stupefacente disinvoltura dall’opposizione alla maggioranza e viceversa. Cosa impensabile, neppure nell’epoca del trasformismo di Depretis o di Giovanni Giolitti c’era questo movimentismo parlamentare. Una irrequietezza che sta creando instabilità, mettendo a rischio la democrazia, il governo e la governabilità dell’Italia.

La vita parlamentare nel primo decennio del ‘900 era più o meno analoga all’attuale, così come raccontato da dotti storici, i quali scrivono che Giovanni Giolitti, capo del governo, chiuso nella sua stanza alla Camera, riceveva singoli deputati, per ascoltare desideri, aspirazioni, richieste in cambio del voto di fiducia. Oggi, dopo un secolo, sembra che si stia ritornando a quell’esperienza. Una maggioranza di governo nata senza una visione politica comune, forse per caso, scarsamente coesa, con un presidente del Consiglio caricato di un pesante fardello che cerca di portare con coraggio e dignità nell’interesse degli italiani non è l’ideale, per garantire un buon governo.

L’opposizione non è messa meglio, nonostante le apparenze: le ultime vicende economiche che sono in discussione in sede europea stanno dimostrando la evanescenza del cosiddetto centro destra, già inesistente, secondo lo stesso Salvini, all’indomani della sua avanzata elettorale del 4 marzo 2018, e invece, diventato necessario dopo l’autoisolamento e il suo chiamarsi fuori dal governo l’8 agosto del 2019. Esempio di politica sgrammaticata, evanescente del lumbard, senza alcun orizzonte strategico. Gli scontri, le frizioni, le prese di distanza quotidiane tra i vari partner del centrodestra testimoniano come i rapporti non sono più dialettici, ma quasi impossibili, perché bisogna lottare per sopravvivere. Alla luce di quanto accaduto negli ultimi anni, è necessario interrogarsi su cosa e come bisogna fare per costruire un’ipotesi di maggioranza politica solida e affidabile che assicuri governabilità e stabilità all’Italia.

Si inizi col dire che per governare il Paese ed essere interlocutore credibile in campo europeo ed extraeuropeo è necessario diffidare di partiti localistici e personali, padronali o aziendalistici, con l’uomo solo al comando. La frammentazione determinatasi dopo il cambio di governo venga considerata in modo positivo. Si valuti come momento di scomposizione per costruire una ricomposizione su affinità e interessi meno fragili. Un partito deve essere in grado di svolgere politiche attente all’interesse generale della comunità: in democrazia l’interesse da garantire non è quello quantitativamente numeroso, ma quello qualitativamente nobile e l’interesse qualitativamente nobile è quello debole, altrimenti il processo di libertà si arresta e la democrazia non è più in grado di arricchire, non sotto l’aspetto economico, ma la coscienza umana di valori civili.

Oggi, dopo settant’anni di democrazia repubblicana, con un assetto mondiale stravolto dal punto di vista culturale, religioso, politico, economico-sociale, scientifico, tecnologico chi è in grado di dire come dovrà essere un partito politico per governare con sapienza e saggezza la propria comunità? Nessuno, credo. E allora, se non si hanno riferimenti per affrontare il futuro, l’unico valido è quello di guardare alla storia.

“Il processo della formazione e funzionalità di un partito è volontaristico: s’inizia dal corpo elettorale che si organizza sull’affinità di ideali, interessi e scopi; si svolge nel parlamento costituendo gruppi di eletti in base ad affinità di programmi e di vedute; si attua nella discussione di proposte e di indirizzi sui quali si forma una maggioranza di intenti che, attraverso l’atto parlamentare, diviene volontà legislativa e politica” (Luigi Sturzo, 1955).


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