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Militari russi in Italia, Politi spiega perché accompagnarli alla porta

“I russi sono dei maestri”. Alessandro Politi non ha dubbi sulla missione di Mosca in Italia: è stata una grande mossa diplomatica. Sarebbe bene che l’Italia rispondesse con altrettanta lungimiranza, spiega a Formiche.net il direttore della Nato Defence College Foundation, docente di Geoeconomia e Intelligence alla Sioi, già consigliere al ministero della Difesa, al Dis, al Copasir. Accompagnare alla porta i militari è l’unica mossa intelligente per un governo che avrebbe dovuto lasciar meno inventiva alle regioni, dice. Si tratta di “un’evidente questione di interesse nazionale”.

Le regioni hanno fatto dietrofront: non vogliono più i militari russi.

Da questa vicenda traiamo una grande lezione: la riforma del titolo V è stata fatta male. Sanità pubblica significa salute pubblica, e in questo caso anche sicurezza. Non si può lasciare tutto all’inventiva di un governatore, il governo avrebbe già dovuto rispondere all’unisono per tutte le regioni, siamo di fronte a una chiara questione di interesse nazionale.

E adesso?

Adesso, se non si ravvisano altre urgenti necessità, con tutti gli onori e i ringraziamenti possibili, si accompagnano i russi alla porta. La missione è finita.

Quella sanitaria sì. E quella politica?

Il Cremlino ha raggiunto il suo obiettivo. Sventolare la bandiera, mostrare vicinanza del governo e del popolo russo alle popolazioni colpite, ricordare che c’è un rapporto politico, diplomatico e culturale che lega Italia e Russia. Una missione di assistenza sanitaria è un mezzo ovvio per generare simpatia, rinsaldare presenze e legami, una strategia vecchia come il mondo. Quando ci fu il terremoto in Turchia il governo greco inviò una missione di soccorso, fece molto effetto. Con questa missione la presidenza russa ha detto: abbiamo divergenze, ma su alcune cose possiamo lottare insieme, come abbiamo fatto sul terrorismo. A caval donato non si guarda in bocca, ma il dopo-cavallo va gestito.

Cavallo donato, o richiesto?

La missione è qui su invito del governo italiano, altrimenti non ci sarebbe. Non fa un passo senza avere i suoi angeli custodi, è ovvio che un contingente militare sia scontato dai suoi simili, e non solo, per evitare problemi vari ed eventuali. Ho seri dubbi che questi militari possano stendere reti di intelligence. Servono anni per farlo, e di solito si evitano le colonne di blindati.

Mosca si aspetta una contropartita politica sul fronte delle sanzioni?

Non credo. Conte non può prendere decisioni del genere per una missione sanitaria. L’Italia mantiene le sanzioni sulla Crimea, e le sue sono tra le più severe. La Russia ha violato il diritto internazionale e un trattato del 1993, ha fatto carta straccia delle frontiere. Fino al 2014 l’Europa aveva messo una pietra sopra a tante piccole contese di confine, qui parliamo di un conflitto che interessa metà Ucraina.

Quindi è solo un’operazione simpatia?

Ovviamente no. Una missione del genere non può avere il solo obiettivo di disinfettare e curare. È utile a capire con che tipo di virus si ha a che fare, da dove viene. La vera leva strategica cui tutti gli Stati puntano ora però è il vaccino. Più di un centinaio di imprese private ci stanno lavorando, una ventina con un netto distacco sulle altre.

Politi, perché Vladimir Putin punta tanto sull’Italia?

L’Italia è sempre stato un Paese all’avanguardia delle relazioni con i russi, e con i sovietici prima. Abbiamo aperto noi una fabbrica Fiat a Togliattigrad, noi abbiamo accettato i gasdotti russi, lanciato a Pratica di Mare il consiglio Nato-Russia.

L’Italia, al pari di altri Paesi Ue, sconta una forte dipendenza energetica da Mosca. È un rischio?

Oggi più che di dipendenza si deve parlare di interdipendenza. Il caso venezuelano insegna: l’importazione di gas ed energia non è solo una spada di Damocle sugli acquirenti, è ossigeno per il venditore. L’economia russa è costruita sull’export energetico. Se i fondi vengono meno si rischia un collasso dello Stato russo, e questa è un’eventualità geopoliticamente più temibile dell’avventurismo di Putin.

Alcuni analisti hanno parlato di un riavvicinamento strategico fra Russia e l’Occidente. È in chiave anti-cinese?

Bisogna distinguere i piani. È evidente che il governo russo ha sponde in diversi Paesi Nato, e ad alto livello. C’è poi il piano della grande strategia russa, che richiama un po’ la diplomazia del ping pong di Richard Nixon. Non vuole trasformarsi in un ausiliario della Nato, ma tantomeno vuole diventare una protesi di Pechino.

Eppure Mosca e Pechino vantano un lungo sodalizio.

È stato rafforzato dall’avanzata degli Stati Uniti nell’Asia centrale dopo l’11 settembre 2001. Russia e Cina hanno reagito fondando la Sco (Shanghai Cooperation Organization). I russi hanno deciso di costruire un gasdotto diretto in Cina. Un gasdotto non è uno scherzo, è un matrimonio. Come in tutti i matrimoni, l’amore può venir meno.

L’Italia come può inserirsi in questo gioco di geometrie variabili?

Un Paese come l’Italia, anziché proporsi come pontiere, dovrebbe tenere gli occhi aperti: le opportunità per conquistare uno spazio esistono, e sono concrete, ma vanno gestite con estrema professionalità. Serve sensibilità e fermezza, non una corsa all’ultima dichiarazione. Personalità come Sergio Mattarella sono in grado farlo. Su altri ho i miei dubbi.


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