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Non chiamiamoli eurobond. Ecco la ricetta anti-crisi di Gianni Letta e Massimo D’Alema

Una straordinaria contraddizione. Chi lo avrebbe detto, che la créme dei sovranisti europei si sarebbe ritrovata a gridare con più forza e convinzione di tutti, “Europa, pensaci tu”. Europa, compra il debito italiano. Europa, vieni in soccorso dei Paesi più colpiti dalla crisi, sii solidale. “I sovranisti non chiedono all’Ue un eccesso di delega, ma un eccesso di sovranità”. Massimo D’Alema irrompe in una sonora risata. È in video-collegamento con il Centro Studi Americani di Roma, per una round-table sul futuro dell’Europa con chi di Europa se ne intende, Marta Dassù, Giuliano Amato, Gianni Letta.

Introdotti dalla direttrice Carlotta Ventura, e incalzati dalle domande di Maria Latella, i quattro volti noti della politica italiana e ancor più di quella europea si interrogano sul breve, brevissimo periodo. L’Euro-summit, nessuno lo ignora, è davvero un non plus ultra per l’Ue. Senza fatalismi, non si esagera a dire che dalla decisione che sarà presa a quel tavolo dipenderà la tenuta stessa del progetto comunitario.

Non bisogna drammatizzare, annuiscono all’unisono Letta e D’Alema, a lungo avversari sul campo, oggi riuniti in uno sguardo d’intesa di chi un po’ di politica ne ha vista e vissuta, e sa leggere oltre la cronaca. “La soluzione c’è, è lì dietro l’angolo – spiega serafico l’ex sottosegretario  e storico amico e consigliere di Silvio Berlusconi – non chiamiamoli eurobond. Bisogna esorcizzare questa parola, e andare al sodo. Sure, Recovery Fund, Bei, tutte le alternative ruotano intorno allo stesso concetto: sono strumenti di mutualizzazione del debito, emissione di titoli comuni”. “Gianni ha ragione – gli fa eco D’Alema – è una parola che semina il panico nelle opinioni pubbliche del Nord Europa”. Poi torna lo sberleffo ai sovranisti: “I teorici del sovranismo sono a favore degli eurobond. Mi domando se l’emissione di titoli non sia la manifestazione di sovranità suprema”.

“Dicono prima gli italiani e poi si arrabbiano se gli olandesi dicono prima gli olandesi – ribatte divertito Letta, senza girarci tanto intorno. La voce si fa più grave, “la verità è che qualcuno vuole chiedere all’Europa di darci qualcosa che non ci può dare per assolvere alle nostre mancanze”. È una strategia ben pensata, dice: “Si chiede all’Europa di soccorrerci e caricarsi sulle spalle una parte del debito. Così, alla prima delusione, si creerà il pretesto per prospettare un Italexit sul modello inglese. È profondamente allarmante”. Letta non fa nomi e cognomi, ma non c’è bisogno di farli. È un monito severo, che certifica una volta ancora la distanza a monte fra alleati del centrodestra nella trattativa con Bruxelles.

L’Ue ha le sue colpe, precisa Letta, “vive da qualche anno un impasse da cui non è riuscita a uscire”. Angela Merkel ha le sue. “Helmut Kohl ha saputo imporre alla Germania scelte che i tedeschi facevano fatica ad accettare. È mancata la stessa personalità, la capacità di far capire che aiutare l’Italia in questo momento è interesse anche dei tedeschi”. Governo e regioni italiane non sono da meno, e l’emergenza sanitaria lo ha dimostrato. “Lo sconcerto dell’opinione pubblica italiana non è rivolto solo all’Ue ma anche alle nostre istituzioni, e allo spettacolo indegno del rimpallo di responsabilità e di decisioni spesso apertamente contraddittorie”.

È soprattutto colpa delle istituzioni italiane, dice Letta, se i cittadini stanno perdendo fiducia nell’Ue. “Qualche ministro ha preferito incensare gli aiuti da Cuba e dalla Cina senza dire una parola sui gesti solidali di Francia, Germania e altri Paesi europei, più immediati e meno reclamizzati”. D’Alema è più perentorio. “La pandemia mette in evidenza il relativo declino dell’Occidente e la crisi dell’ordine liberale – sentenza l’ex premier – oggi cresce il fascino discreto dei sistemi autoritari, che a confronto danno l’impressione di garantire la stabilità e la solidità delle classi dirigenti”.

Come salvare l’Ue dal declino? La soluzione c’è, conclude D’Alema, e paradossalmente è la stessa che chiedono, più o meno consapevoli, le forze sovraniste: serve più Europa. “Non è uno scontro vincoli vs solidarietà, servono più vincoli europei. Sul trattamento fiscale dei redditi da capitale, per stroncare la concorrenza sleale. Sull’assunzione di responsabilità nei flussi dei rifugiati. Nella normativa antitrust, rivolta non solo all’interno ma anche e soprattutto all’esterno. Sei anni fa, se la Bce non avesse comprato miliardi di euro di titoli italiani, non ce la saremmo cavata. La verità è che, oggi, l’Ue non ha alternative credibili”.



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