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Israele, vi spiego il nuovo accordo governativo. L’analisi di Valori

“Bibi” Netanyahu, il premier israeliano che è già stato più a lungo al potere, rimarrà ancora al suo posto per altri 18 mesi.

Il tutto accade mentre “Benny” Gantz, già capo di Stato Maggiore di Tsahal dal febbraio 2011 al febbraio 2015, figlio di una ebrea scampata al campo di sterminio di Bergen Belsen, sarà, nel prossimo governo di Gerusalemme, vice-primo ministro e ministro della difesa.

Per poi sostituire, come dice l’accordo già siglato, nuovo premier al termine dei 18 mesi.

Binyamin Gantz, paracadutista, è stato allievo del Bahad 1, la scuola ufficiali israeliana, poi ha comandato diverse strutture militari, tra cui l’Unità Speciale Shaldag dell’aviazione, poi la Divisione Giudea e Samaria e, ancora, la Divisione del Nord. Si è diplomato in Storia all’Università di Tel Aviv, ha un Master in Scienza Politica all’Università di Haifa, e infine possiede un Master di II livello ottenuto presso la National Defense University Usa.

I grandi statisti, nell’epoca moderna, sono stati spesso dei anche e soprattutto dei grandi capi militari: si pensi a Charles De Gaulle, o a Winston Churchill, o perfino a una figura straordinaria come il gen. Marshall, il teorico dell’omonimo piano economico postbellico per l’Europa. Gantz ha poi fondato, insieme ad altri, ovviamente da quando è stato posto fuori dall’Esercito, il movimento Pnima.

Tra i dirigenti di Pnima vi è Rabbi Shai Piron, ma esso raccoglie una buona parte di ex-generali di Tsahal, alti ufficiali, magistrati e importanti businessmen.

Nel 2018, Gantz ha corso per la prima volta per un seggio alla Knesset, con una alleanza elettorale denominata allora Hosen L’Ysrael, che molti traducono “Resilienza per Israele”.

L’accordo attuale tra Netanyahu-Gantz prevede una divisione esatta a metà degli incarichi di governo tra i due gruppi, ovvero il nuovo Kahol Lavan di Gantz e il Likud di Netanyahu.

La “parte” di Gantz ha come alleato, spesso rumoroso, anche il Labour Party.

Sempre il gruppo di Gantz ha annunciato che nominerà un Arabo Israeliano, non appartenente alla Knesset, come ministro indicato dalla sua area e che, comunque, non nominerà alcun suo vice-ministro.

Al Likud è stato conferito il ruolo dello speaker, ovvero del Presidente della Knesset, molto probabilmente il ruolo sarà di Yariv Levin, un uomo da sempre molto vicino a Netanyahu.

Peraltro, lo stesso Netanyahu ha avuto, nell’accordo, il diritto di nominare quattro ambasciatori a sedi e ruoli importanti, ma probabilmente questi nuovi diplomatici saranno soprattutto dei parlamentari di rilievo del Likud, e i posti già previsti da Netanyahu nell’accordo con Gantz potrebbero essere quelli di Inviato di Gerusalemme alle Nazioni Unite, in Gran Bretagna, poi in Francia e in Australia.

Ognuno dei due partecipanti alla Alleanza avrà la presidenza di sette comitati, ovvero commissioni, della Knesset.

Vi sarà anche una applicazione costante della cosiddetta “legge norvegese”, quella che consente ai membri del governo di rassegnare le dimissioni dal loro seggio parlamentare, per liberare così posti per i loro colleghi di lista in Parlamento.

Dovrebbero essere cinque i membri della coalizione di Gantz, Kahol Lavan, e solo due saranno invece i membri del Likud che rassegneranno le dimissioni “alla norvegese”.

Ma il gruppo parlamentare di Gantz, finora, non ha affatto gradito l’accordo con Netanyahu.

Lo stesso Gantz ha detto che certi suoi colleghi di lista “preferiscono una quarta elezione al compromesso”, e qui si tratterebbe comunque di due suoi parlamentari di peso: Yair Lapid, già fondatore e capo di Yesh Atid, partito dell’Alleanza “Bianca e Blu”, ma anche Moshe Ya’alon, anche lui già capo di S.M. delle Forze Armate di Israele.

Altro accordo bilaterale: nessuna legislazione che non sia esplicitamente correlata all’epidemia da coronavirus sarà portata davanti al Parlamento, per i prossimi sei mesi, senza l’accordo pieno tra i due gruppi.

Netanyahu, da parte sua, avrà la possibilità di proporre leggi riferite comunque all’annessione, da parte di Israele, dei territori occupati della West Bank, soprattutto di quelli entro l’area che i palestinesi ritengono già parte del territorio del loro futuro Stato, il che, peraltro, è anch’esso parte dell’accordo definito dal Presidente Donald J. Trump il gennaio scorso.

Gantz ha già perso, quindi, una buona parte dei suoi sostenitori, dentro il suo partito e nella sua coalizione, ex-militanti e parlamentari che non accettano alcun accordo con Netanyahu che, ritengono, sia unicamente finalizzato a salvare temporaneamente il capo del Likud da una procedura giudiziaria che si prevede sarà lunga e, immaginiamo, tutt’altro che facile per “Bibi” Netanyahu.

Gantz dice, invece, che in tempi molto difficili, con una pandemia già ben presente nello stato ebraico, occorre unirsi, perfino con il capo del Likud, e dare subito a Israele un nuovo governo nel pieno delle sue funzioni.

L’ambasciatore Usa in Israele si è già dichiarato “felicissimo” dell’accordo tra i due leader, mentre il primo ministro dell’Autorità Palestinese, Mohammed Shtayyeh, ha parlato di un governo israeliano unicamente dedito all’annessione delle parti succitate della West Bank.

Netanyahu, peraltro, ha affermato che proporrà la legislazione per l’annessione della West Bank a partire dal 1° giugno prossimo, ma sempre e solo se ci sarà il sostegno esplicito dell’amministrazione Usa.

Un risultato evidente è che, per le prossime udienze in Tribunale, Netanyahu avrà la facilissima possibilità di rinviarle.

Il suo procedimento inizierà, comunque, e ufficialmente, il 24 maggio prossimo.

L’attuale Prosecutor, ovvero il Pubblico Ministero, rimarrà in carica solo per i prossimi sei mesi.

Ed è stato già accordato dai giudici al governo che non ci saranno appuntamenti importanti, durante la pandemia da coronavirus.

Peraltro, Netanyahu, sempre in base all’accordo concluso, avrà diritto a una residenza ufficiale da premier.

Gantz, lo ricordiamo, ha rotto l’unità della sua coalizione “Bianco e Blu” per proporre al capo del Likud un accordo, in funzione soprattutto del controllo della pandemia e della cessazione di elezioni a raffica che, arrivati in brevissimo tempo alla terza, si è capito che non avrebbero mai portato a un chiaro vincitore.

Ma proprio l’ex-Capo di Stato Maggiore Gantz ha condotto la sua ultima campagna elettorale, a marzo, proprio sul tema della esclusione definitiva di Netanyahu dal potere.

Peraltro, “Bibi” Netanyahu ha in gran parte bloccato perfino la legislazione sulla protezione da coronavirus, dato che non ha mai chiesto la costituzione di una vera maggioranza alla Knesset.

I prossimi sei mesi, dice sempre l’accordo, saranno dedicati integralmente a una legislazione che migliori la protezione degli israeliani dal coronavirus, mentre ogni altra tematica politica necessiterà di un previo accordo tra Gantz e Netanyahu per essere portata in Parlamento.

Alcuni, anche nei mass-media più polemici contro di lui, hanno detto che, malgrado la perdita di qualche sostegno dentro la sua coalizione, Gantz ha comunque dimostrato una forte leadership, il che piace molto a tutto il pubblico elettorale israeliano.

La sostituzione alla premiership da parte di Gantz avverrà, secondo l’accordo, tra 18 mesi.

Ma siamo sicuri che non ci saranno impedimenti? Una legge da far votare subito prima del cambio di poltrona? Di cui poi, dopo, accusare l’avversario per qualche scorrettezza in seno alla Knesset? Un contrasto parlamentare, anche questo è possibile, su alcuni temi?

Oppure ancora la pressione di un elettorato di sinistra dentro l’area di Gantz, un elettorato che gli fa appunto pressione per abbandonare l’alleanza? Nessuno oggi può prevederlo.

Gli alleati di Gantz avranno, nel gabinetto prossimo venturo, il ministero degli Esteri e quello della Giustizia, mentre gli uomini di Netanyahu si insedieranno al Ministero delle Finanze e alla presidenza, lo abbiamo visto, della Knesset.

Certo, l’esperienza nel politicking di “Bibi” Netanyahu è incomparabile con quella di Gantz, neoeletto e privo di una forte base nel Parlamento, quindi è molto probabile che la capacità di manovra del capo del Likud sarà comunque ben maggiore di quella del leader della ex-opposizione, mentre la stessa coalizione raccolta da Gantz è, appunto, in fase di rottura interna.

La data del processo, per l’attuale capo del Likud, è comunque certa: il 24 maggio prossimo.

E Netanyahu, che pure non è riuscito, alla fine, ad avere una legislazione che lo proteggesse dai procedimenti penali, è però ancora molto potente, indirettamente, anche per quel che riguarda il settore giudiziario.

Ha avuto, sempre nell’accordo con Gantz, la possibilità di veto per la nomina del prossimo Procuratore Generale e del Pubblico Ministero, e può anche selezionare la metà del comitato parlamentare-tecnico che seleziona i giudici.

Ha già vinto, “Bibi”? Non lo possiamo ancora prevedere. Probabilmente, la sua carta più pesante sarà ancora quella delle annessioni di parti della West Bank e, come ha dichiarato durante la sua campagna elettorale, anche della Valle del Giordano.

Ma è anche probabile che, diminuita la pressione processuale su Netanyahu, il governo possa perfino continuare tranquillo.

È evidentemente la questione del suo futuro penale che muovo tutti i pensieri del capo del Likud.

I sondaggi dimostrano che il pubblico è contento di avere, finalmente, un governo, ma c’è un sottile rifiuto della grande e inusitata dimensione del Gabinetto (32 ministri) che passeranno a 36, con 16 vice-ministri, un gigantismo che mai lo Stato di Israele aveva sperimentato.

Gantz, lo ricordiamo, quando ha iniziato le trattative con Netanyahu era stato raccomandato e poi quasi nominato come primo ministro da 61 dei 120 membri della Knesset, e lui stesso era il leader di una coalizione ricca di 33 parlamentari.

Ora che è capo della sola opposizione, Gantz, lasciato solo da alcuni suoi sostenitori, come Ya’alom e Lapid, ha a disposizione un partito davvero suo che conta solo 15 membri del Parlamento.

Con un sostegno, non sappiamo oggi quanto stabile, di Amir Peretz e Itzhik Shmuli, due laburisti, ma non c’è ancora una chiara definizione della “parità di rappresentanza” tra il blocco di Gantz e quello del leader del Likud, parità che è comunque richiamata spesso nel testo dell’accordo.

Peraltro, se Netanyahu sarà giudicato colpevole, l’accordo prevede una sola soluzione: nuove elezioni.

Peraltro ancora, ci possiamo domandare se la Corte penale dovesse prolungare la sua attività oltre i 18 mesi, cosa succederebbe? Nessuno lo sa.

E ancora, se il leader del Likud non volesse passare la mano alla fine del 18° mese, potrebbe sempre indire nuove elezioni. Può farlo.

Ma, in questo caso, Gantz, sempre secondo l’accordo, entrerebbe subito nella carica di primo ministro, e manterrebbe il posto per soli tre mesi, ma la procedura mostra forti segni di incostituzionalità.

E c’è anche la questione degli 1.800.000 arabi israeliani che hanno il diritto di voto, e che potrebbero essere sensibili perfino alle sirene di Netanyahu, che è l’unico che potrebbe porre, da solo, sotto silenzio i partiti religiosi che, pure, lo hanno sempre sostenuto e potrebbero ancora sostenerlo, se il leader del Likud ampliasse, con una sua manovra, la sua base governativa, magari sostenendo anche un accordo economico favorevole a una parte dell’elettorato arabo in Israele.

Poi, è bene vedere come la tensione sulla figura di Netanyahu sarà capace di mobilitare sia i partiti religiosi sia quell’area politica che ha sempre sostenuto il Likud, e che magari potrebbe essere raccolta nuovamente tramite una figura legata a Netanyahu e che agisca in suo nome.

Un accordo complesso, quindi, di cui molto sarà deciso sia dalla qualità della legislazione anti Covid-19 sia dal politicking parlamentare di entrambi i firmatari.

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