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Ursula von der Leyen e il Piano Marshall dell’Europa per l’Europa

La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha lanciato l’idea che il bilancio europeo 2021-27 dovrebbe esser il “nostro Piano Marshall per superare la crisi provocata dalla pandemia di Covid-19”. Un Piano “progettato da tutti insieme (i leader dell’Unione europea (Ue) per i popoli europei”. Indubbiamente, uno slogan attraente a pochi giorni dall’Eurogruppo, e forse di una nuova riunione del Consiglio Europeo, per giungere ad un’intesa sulle varie proposte di strumenti per superare la crisi sanitaria e la profonda recessione già iniziata. Tutti concordano che ci vorrà senza dubbio uno sforzo finanziario eccezionale e soprattutto progettuale senza dubbio analogo al programma di recovery lanciato subito dopo la Seconda guerra mondiale. Non unicamente misure puntiformi per dare sollievo ai territori ed ai comparti più colpiti.

È un’idea fattibile o solo uno slogan perché la Commissione europea ritorni ad avere una centralità che sta perdendo rispetto ad istituzioni come il Meccanismo europeo di stabilità (Mes), alla Banca centrale europea (Bce), alla Banca europea degli investimenti (Bei), alla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (Bers)? A pensar male – diceva Giulio Andreotti – si fa peccato, ma spesso ci si azzecca.

Credo la vera ragione sia la ricerca di una centralità che pare perduta. Andiamo con ordine. Il Piano Marshall era stato progettato, e finanziato, 73 anni fa, dal Paese che maggiormente era uscito vincitore dal conflitto, l’unico che in quel contesto aveva la capacità tecnologica, industriale e finanziario di lanciarlo. Oggi non ci sono Stati Uniti d’America pronti a correre in aiuto dei Paesi europei maggiormente colpiti. La Commissione europea ha risorse molto limitate. Il bilancio settennale è, in gran misura, già impegnato ed è pari solo a circa l’1% del Pil di tutti gli Stati dell’Ue; se la presidente della Commissione ritiene di strumentalizzare l’idea del Piano Marshall perché i 27 dell’Ue, o i 19 dell’unione monetaria, concordino dell’aumentare (con i loro contributi) il bilancio settennale della Commissione medesima, commette un serio errore. Mai come oggi i governi cercano soldi freschi ossia aggiuntivi non di girare parte dei loro bilanci alla Commissione perché li giri di nuovo a loro.

Cosa si può fare? Nelle circostanze attuali, l’Ue potrebbe, anzi dovrebbe, lanciare un programma di finanziamento straordinario per le spese mediche dovute alla pandemia e per facilitare l’uscita dalla recessione – in aggiunta alla sospensione del Patto di Crescita e Stabilità ed accordi intergovernativi ad esso collegati. Si parla di eurobond (quel che sia il nome che si voglia, e possa, dare allo strumento) per finanziare queste spese che saranno enormi. Chi ha dimestichezza con l’Ue ben sa che ci vorrà molto tempo per convincere tutti i 27, od anche solo i 19, a varare lo strumento, ad articolarlo, a ratificarlo e a farlo decollare. Dato che l’emergenza è adesso, è consigliabile non contare troppo su eurobond che arrivino in tempo per sostenere la ripresa. Vale la pena continuare a lavorare sull’ipotesi, ben consapevoli che non è uno strumento che non sarà disponibile in tempi brevi.

La Commissione potrebbe avere un ruolo importante nel coordinare le istituzioni europee per delineare, con gli Stati membri, un grande programma di finanziamenti straordinario. Allo stato attuale, unicamente il Mes ha il capitale tale da emettere titoli che godano di un rating AAA. In tal caso, i bond aumenterebbero “la capacità di fuoco” del Mes, specialmente la linea di credito “rafforzata” a carattere precauzionale per gli Stati che non sono, ma potrebbero essere in futuro, in difficoltà con il loro debito pubblico. Ciò non piace a parte del governo (in particolare, al Movimenti Cinque Stelle): se ne dovranno fare una ragione e lavorare con l’opposizione (anche essa non vede il Mes con favore) perché questi bond siano finalizzati a finanziare spese per l’emergenza sanitaria ed il sostegno del reddito dei cittadini nonché le liquidità delle imprese (tutte spese di parte corrente). In tal caso, la condizionalità sarebbe unicamente la vigilanza puntuale che il finanziamento sia ben speso per le voci specificate.

La Bce dovrebbe, invece, assicurare un Quantitave easing maggiore di quello dei tempi del whatever it takes del 2012, mentre oggi è molto inferiore rispetto ad allora, al fine di non fare mancare liquidità sia all’offerta sia alla domanda. La Bei, la Bers ed i vari fondi dovrebbero a seconda delle loro “missioni” finanziare investimenti pubblici, formazione, programmi di sviluppo regionale e locale con la condizionalità che applicano da decenni. Le banche di sviluppo o “promozionali” potranno emettere bond per ampliare i loro interventi.

Anche nel Piano Marshall c’era lo sforzo coordinato di diverse istituzioni.

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