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Così rilanciamo l’economia italiana (senza svendite alla Cina). Parla Giorgia Meloni

Non Mario Draghi, ma il governo italiano oggi dovrebbe schiarirsi la voce e pronunciare tre nitide parole: “Whatever it takes”. Giorgia Meloni, fondatrice e presidente di Fratelli d’Italia, leader in continua ascesa della destra italiana (e non solo), lo ripete di continuo: è il governo che deve promettere agli italiani che farà “tutto quello che è necessario” per non lasciare andare alla deriva l’economia del Paese. Non serve un governo di “unità nazionale”, spiega a Formiche.net, almeno non ora. Serve agire, subito, a difesa del tessuto economico. Contro la povertà che rischia di attanagliare le famiglie italiane, le azioni ostili di attori esterni contro i settori strategici, gli egoismi europei che continuano a frenare la trattativa sui coronabond. E gli aiuti non disinteressati di potenze come la Cina, su cui bisogna “vigilare con attenzione”.

Giorgia Meloni, i coronabond sono l’ultima chiamata per l’Ue?

È di tutta evidenza che la tanto sbandierata solidarietà europea non è esistita. Abbiamo visto persino il blocco delle esportazioni di mascherine da Germania e Francia, proprio mentre l’Italia ne aveva maggiore necessità. Abbiamo visto il tentativo di farci approvare il Mes nel pieno dell’emergenza sanitaria e le dichiarazioni della Lagarde che hanno fatto sprofondare la Borsa italiana. La strada verso i coronabond è molto in salita per le solite logiche germanocentriche che abbiamo già conosciuto. Ma noi non chiediamo elemosina, non chiediamo aiuti, come qualcuno si ostina a ripetere. Noi chiediamo di avere quello che ci spetta. L’Ue, l’euro, senza l’Italia non sarebbero esistiti. La Germania, senza la moneta unica che l’ha rafforzata sulla pelle di tutti gli altri, non sarebbe la potenza che è. Diciamo solo che è ora di riprendere ciò che è nostro. A partire dai 15 miliardi che abbiamo messo nel Fondo Salva Stati.

Si parla molto in queste settimane di un governo di unità nazionale, magari con Mario Draghi a Palazzo Chigi. Sareste d’accordo?

Mario Draghi ha sicuramente ben lavorato alla guida della Bce e ha pronunciato parole condivisibili al Financial Times. Non so se abbia in mente di rendersi disponibile per un governo di unità nazionale, senza un’investitura che passi dalle elezioni. Francamente lo sconsiglierei, quando devi governare nessuna autorevolezza personale è più forte della legittimazione del popolo. Ricordo un altro Mario che tutti consideravano credibilissimo e molto apprezzato negli ambienti finanziari. Doveva salvare la Patria: sappiamo com’è andata a finire. Detto questo, io sono dell’idea che non serva il governo di unità nazionale. Anche perché non ci sarebbero i tempi. Servirebbe, come abbiamo proposto dall’inizio, un commissario straordinario vero all’emergenza. E serve che questo governo, a maggior ragione perché non ha la maggioranza tra gli italiani, ascolti e recepisca anche le nostre proposte e le nostre indicazioni. Finora la famosa unità nazionale, da parte della maggioranza, è stata soprattutto forma ma poca sostanza. Il governo  continua a voler fare di testa sua, concedendoci al massimo qualche informativa, e i risultati fino ad ora sono stati discutibili. Ma se ci si guarda indietro si può vedere come le nostre proposte, dall’inizio, fossero serie e non pretestuose.

Cosa pensa degli aiuti cinesi e della “Via della Seta della Salute” nel settore sanitario preannunciata da Conte e Xi Jinping?

La Cina, che a mio avviso ha gravi responsabilità per aver taciuto inizialmente sulla gravità dell’emergenza e forse sta mentendo ancora sul reale numero dei decessi, è impegnata in un’operazione simpatia e di soft power per far dimenticare che il  coronavirus si è diffuso in tutto il mondo per colpa dei ritardi delle autorità cinesi. Oggi la possibilità di inviare soccorsi al resto del mondo diventa un forte strumento anche per ampliare la propria sfera di influenza, e la Cina lo sta facendo con determinazione. L’assenza dell’Ue e della Nato peraltro lasciano un grande spazio per questa operazione. A maggior ragione con un governo in cui il M5S tifa apertamente per la Cina, con Di Maio che ormai sembra più il ministro degli Esteri di Pechino che di Roma, tanto da aver accolto in pompa magna tutti gli aiuti (graditi, per carità) arrivati in questi giorni dalla Cina. La Via della Seta è un piano di espansionismo economico cinese che si allarga al digitale con il ruolo di Huawei, Zte e Alibaba e da lì alla sanità. Lo considero una potenziale minaccia sulla quale dobbiamo vigilare con attenzione.

Beppe Grillo ha un’idea per rilanciare il Paese:  un “reddito universale per tutti” da ricavare tassando le grandi aziende e i colossi hi-tech. È una buona idea?

Io per prima ho proposto nell’immediato un bonifico da 1000 euro a tutti gli italiani, direttamente sul conto corrente. Ma sul medio periodo penso ad una ricetta diversa da quella di Grillo. L’Italia si rilancia consentendo a chi vuole fare impresa di farlo avendo uno Stato amico, che deve essere doppiamente amico ora che stiamo vivendo questa crisi terribile. Per questo abbiamo proposto la sospensione di tutti quegli oneri burocratici e fiscali che oggi sarebbero del tutto insostenibili. Rischiamo la desertificazione del nostro tessuto di Pmi e l’indebolimento delle poche grandi aziende rimaste. La priorità assoluta devono essere impresa e lavoro. Certo, mentre percorriamo la strada che ci porterà fuori dal tunnel, tanta gente rischia di rimanere indietro e invece lo Stato la deve proteggere e accompagnare. Tra loro non ci sono soltanto quelli che già oggi non hanno lavoro né reddito, rischiano di esserci tantissimi di quelli – autonomi, partite Iva, professionisti, piccoli imprenditori – che hanno contribuito moltissimo a pagare i servizi a chi non poteva. Riportare questi italiani a lavorare e a produrre deve essere l’urgenza. Per loro e per tutti quelli che non possono lavorare.

Il crollo di Piazza Affari ha dimostrato che il sistema economico è esposto alle speculazioni esterne. Come dovrebbe intervenire lo Stato a difesa delle aziende strategiche e del made in Italy?

Intanto se qualcuno avesse seguito il nostro consiglio di vietare immediatamente le vendite allo scoperto avremmo avuto molti meno danni. Lo hanno fatto ma troppo tardi. E comunque da quando è stato fatto va un po’ meglio. Non lo dico per darmi ragione da sola ma perché se ogni tanto ascoltassero anche questi “pericolosi sovranisti” staremmo tutti meglio. Siamo stati anche i primi a porre la questione di una estensione del golden power per difendere le nostre aziende strategiche da rischi predatori che vediamo aleggiare, anche da parte degli altri stati membri della Ue. Il governo dice che si sta muovendo in questa direzione, ci fa piacere e siamo pronti a dare una mano. Perché a me è molto chiaro che c’è qualcuno, dentro e fuori l’Ue, che ha interesse ad accaparrarsi a prezzi di saldo quello che rimane di un’Italia ferita e indebolita. È per questo che dal governo ci aspettiamo molto di più. Non li ho ancora sentiti pronunciare il nostro “whatever it takes”. Faremo “tutto ciò che serve” per difendere l’Italia, la sua sovranità politica ed economica, le sue aziende strategiche e tutto il suo tessuto produttivo. Ci vuole così tanto?

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