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Non solo risparmio, investiamo sulla qualità della spesa. Parola di Tarolli e Bonanni

Di Ivo Tarolli e Raffaele Bonanni

Nel dibattito politico ed ecocomico italiano va introdotto un tema troppo poco scandagliato: la “qualità” della spesa pubblica, a tutti i livelli, anche territoriali, ancorata a due pilastri: quello della responsabilità privata e pubblica e quello della virtuosità dell’allocazione delle risorse. Una spesa che abbia una programmazione e un orizzonte temporale almeno di medio termine e, infine, sia accompagnata da scelte che rimuovano le tante criticità storiche del nostro bilancio pubblico.

Proviamo a precisare: l’Italia parte da un debito del 135% del Pil. I prossimi interventi di sostegno all’economia lo porteranno al 150/160%. Un livello che, per quanto motivato dalla straordinarietà della congiuntura, non può che preoccupare.

Il debito pubblico, così alto e persistente, è anche l’immagine di una struttura economica del Paese, debole e forse anche culturalmente ingessata, inefficiente e succube di diritti precostituiti. Addirittura del diritto di pretendere, senza paralleli doveri da assicurare.

Va rammentato che il rientro dal debito può avvenire o con prelievi forzosi sul risparmio, o con politiche di crescita della ricchezza nazionale, o con politiche inflattive, o ancora tramite default.

È un tema che non può essere regimentato solo da politiche di risparmio, ma anche e soprattutto da scelte strategiche che facciano uscire il Paese da una stagnazione che dura ormai da 20 anni.

Non ci si può attestare sull’obiettivo: “dobbiamo tornare al punto di partenza”, perché il punto di partenza ante emergenza Covid 19 era già a un livello di guardia. Siamo dunque chiamati:

1. A far uscire dal sottoscala questa questione e portarla, anche culturalmente, dentro il dibattito pubblico quotidiano, facendone parte integrante delle strategie di rilancio della nostra economia per portarla finalmente a un livello di sostenibilità accettabile.

2. Data la straordinaria quantità di risorse che il governo si troverà a gestire, il criterio della “qualità della spesa” dovrà diventare il tema dei temi e una opportunità irripetibile per rafforzare la capacità produttiva dell’intero sistema Paese.

3. A ritornare a praticare la virtù della responsabilità, che non potrà essere intesa come una parola vuota, ma implica doveri, anche sacrifici proporzionati, a tutti i livelli, soprattutto a quello della responsabilità delle nostre decisioni e delle nostre azioni nella scelta e nella gestione delle risorse pubbliche. Non basta spendere, abbiamo dei doveri etici, anche verso le giovani generazioni, che non possiamo sottostimare.

4. A utilizzare la montagna di disponibilità che, è bene ricordare, non sono contributi a fondo perduto, ma linee di credito a tassi di interesse molto bassi che dovranno essere rimborsati, sia pure in un arco temporale molto lungo, in investimenti produttivi e comunque virtuosi, e quindi rigorosi e selettivi. Non semplicemente redistributivi o assistenziali.

Interlocutori privilegiati dovranno essere le imprese e le famiglie, prima delle banche. Dovranno avere aiuti veri, veloci e mirati. Chiudendo anche la liquidazione dei debiti per lavori già eseguiti, collaudati e fatturati che la P.a. ha nei confronti delle nostre imprese.

Si dovrà varare un Piano pluriennale di interventi in opere pubbliche nazionali, regionali e locali, con priorità a sanità, istruzione e digitale e alle infrastrutture strategiche, ricorrendo anche al Projet finance (P.f.) mantenendo il Codice degli appalti, snellito nelle procedure ma fermo nel rispetto delle norme.

Pensiamo alla casa e agli ospedali, alle scuole tutte, agli acquedotti e alle reti idriche, ai parcheggi, agli impianti di depurazione delle acque, a piastre logistiche e porticcioli, agli impianti fotovoltaici e alle reti gas, agli impianti sportivi, alle metropolitane e alle strade di ogni genere.

5. A programmare almeno a medio termine. Divincolandoci dalla dittatura della sondaggistica, che è miope, e non avendo problemi di tempi, guardando solo alla quotidianità. Mettendo in campo anche strumenti innovativi come titoli a 30/50 anni, garantiti dal patrimonio pubblico, non forzosi, esenti da tasse presenti e future, d’intesa con la Bce. E realizzando un rafforzamento delle banche dati in modo da identificare i red flags, ovvero gli allarmi ormai periodici e pericoli eventuali.

6 A metter mano alle criticità storiche che impediscono al nostro Paese di crescere. E fra queste vanno ricordate il tema della competitività, del clup, del ruolo di regolatore che il pubblico è chiamato a svolgere, della flessibilità delle retribuzioni che va di pari passo con il tema della compartecipazione dei lavoratori.

7. Non per ultimo, a prendere il toro per le corna, affrontando l’annoso tema della burocrazia, all’insegna dello snellimento, della semplificazione, della riduzione/accorpamento delle leggi esistenti, e anche, in tanti casi, della responsabilità che preveda controlli e penalità severe ex post.

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