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Russofobia o russofollia? L’arte di giustificare l’ingiustificabile

Ho un conflitto d’interessi, lo dichiaro subito. Sono diventato giornalista professionista grazie a un praticantato a La Verità, il giornale di Maurizio Belpietro. E ora non sopporto che Mario Lavia su Linkiesta definisca “pravda” un altro giornale: m’ero tanto abituato a quello sfottò, mi ci ero affezionato.

Ma posso fare un’eccezione. Per il Fatto Quotidiano, il giornale che venerdì mattina aveva anticipato la nota della Difesa russa attaccando La Stampa e il giornalista Jacopo Iacoboni – oltre che difendendo il premier Giuseppe Conte, naturalmente. All’editoriale del direttore, il comandante Ernesto Marco Travaglio, è mancata la citazione latina, presente invece nella dichiarazione del maggior generale Igor Konashenkov (Qui fodit foveam, incidet in eam, cioè chi scava una fossa al prossimo ci finirà prima).

Sullo stesso giornale domenica è comparsa una pagina dal titolo “La Stampa sbaglia. La Russofobia è ancora tra noi” a firma dello storico Angelo D’Orsi dell’Università di Torino. Tra un elogio (“un signor giornalista”) e un altro (“che evita le supposizioni”) e un altro ancora (“prova a raccontare i fatti sulla base di una documentazione accertata”) del direttore ospitante, il comandante Ernesto Travaglio, D’Orsi attacca “il vergognoso articolo di tale Jacopo Iacoboni”: un atto di “vergognoso sciacallaggio”, che “ha generato, come era del tutto ovvio le reazioni irritate del governo russo”. “E personalmente lo avevo previsto”, aggiunge lo storico che tralasciando le minacce del maggior generale russo continua nella sua arringa contro Iacoboni. D’Orsi arriva a chiedere le sue scuse non prima di aver definito la reazione del direttore della Stampa Maurizio Molinari, del comitato di redazione e di Repubblica un atto di “sufficienza” con una “notevole dose di superflua arroganza”.

Non una parola sullo stato della libertà di stampa in Russia (“un grande Paese” che ci ha inviato generosi aiuti: “un esempio di organizzazione perfetta oltre che di eccezionale generosità”, scrive il commentatore della Pravda Quotidiana), per non dire delle libertà in generale.

Al contrario, all’inizio del suo sterminato articolo – oltre 7.000 battute per dire che il direttore del giornale che ospita quel commento è un figo pazzesco, che La Stampa è venduta (lui scrive “allineata”) e che la Russia è l’eldorado – lo storico D’Orsi si occupa della “cosiddetta informazione”, “che è controllata in gran parte da due gruppi finanziari ed è assolutamente omologata culturalmente, oltre che politicamente a senso unico, e povera, spesso poverissima sul piano della mera capacità giornalistica, non di rado anche nella padronanza della lingua italiana”. Immaginiamo che i due gruppi finanziari siano uno quello guidato da Urbano Cairo, l’altro Gedi. Al primo D’Orsi ha dedicato parte di un commento su MicroMega che si conclude con la frase “va ripristinato l’odio di classe”. Il secondo, invece, è l’editore della Stampa, ma anche di MicroMega da cui una decina di giorni fa D’Orsi si era lanciato in lodi sperticate a Marco Travaglio per “un articolo-capolavoro” e si era scagliato ancora una volta contro Iacoboni (chiamandolo Jacoboni) chiedendogli se fosse “pronto a organizzare i GAR, i Gruppi di Resistenza Antirussi”. 

Anche questa è libertà di stampa.

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