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Boom di spese militari. Usa e Cina in testa, mentre in Europa…

Il mondo era tornato a scaldarsi ben prima del Covid-19. Ora, il virus rischia di aumentare drasticamente la competizione, concentrata sì nel dualismo tra Stati Uniti e Cina, ma complicata dalle ambizioni di altre potenze come India, Russia e Arabia Saudita che cercano di muoversi ben oltre le tradizionali sfere di proiezione. Lo certifica l’autorevole Stockholm International Peace Research Institute (Sipri), che ha rilasciato il report annuale sulle spese militari mondiali. Nel 2019 si sono spesi globalmente 1.917 miliardi di dollari per la difesa, in aumento del 3,6% rispetto all’anno precedente, con la conferma di un trend di crescita a cui non si assisteva dai tempi della Guerra fredda. Nel Vecchio continente, a farla da padrone è la Francia, anche se la crescita maggiore è quella tedesca.

UNA NUOVA GUERRA FREDDA

Nel 2019 la spesa per la Difesa ha rappresentato il 2,2% del Pil globale, pari a circa 249 dollari a persona, un aumento del 7,2% su base decennale. La crescita annuale è la maggiore da un quinquennio, periodo contrassegnato dal segno più nei dati Sipri rispetto ai sei anni precedenti, quelli che invece avevano registrato la riduzione costante della spesa dalla crisi finanziaria del 2008-2009. Il risultato è che lo scorso anno ha fatto registrare numeri da Guerra fredda, confermando tra l’altro un secondo trend simile a quello del confronto bipolare: la competizione spinta tra due super potenze. Al posto dell’Unione sovietica c’è oggi la Cina, che tallona gli Stati Uniti, saldamente al comando.

UNA COMPETIZIONE A DUE

Secondo gli esperti dell’istituto svedese, la spesa Usa è cresciuta del 5,3% rispetto al 2018, fino a 732 miliardi di dollari, pari al 38% dell’intera spesa globale dedicata alla Difesa (l’anno scorso era il 36%). Si deve “alla percezione del ritorno alla competizione tra grandi potenze”, spiega Pieter D. Wezeman, senior researcher presso Sipri. Una percezione che probabilmente conserva anche la Cina, visto che l’aumento annuale è praticamente lo stesso in termini percentuali: 5,1%. Il secondo posto nella classifica Sipri è una conferma per Pechino, che sale a 261 miliardi di spesa annuale, +85% rispetto a dieci anni fa. Lo scorso anno, il +5% aveva rappresentato l’aumento più contenuto dal 1995 su base annuale per via del legame che il Dragone mantiene tra crescita economica e spesa militare. Ora, Sipri nota invece una nuova crescita esponenziale.

POTENZE AMBIZIOSE

È ormai accertato che l’aumento del ruolo cinese generi un effetto traino sui budget degli altri Paesi asiatici. In altre parole, l’assertività del Dragone porta i vicini ad armarsi. È forse questa una delle chiavi di lettura per il cambio sul terzo gradino del podio, dopo troviamo per la prima volta l’India. Nuova Delhi ha speso per la Difesa oltre 71 miliardi di dollari lo scorso anno, pari al 2,4% del Pil, in aumento del 6,8% rispetto al 2018. Rispetto al 2010, l’aumento è del 37%, da accompagnare alle rinnovate ambizioni di potenza più che regionale (ben oltre la sola competizione con il Pakistan), capace di comprare armamenti importanti tanto dagli Usa, quanto dalla Russia. A perdere il podio è stata l’Arabia Saudita, scivolata in realtà in quinta posizione con 61,9 miliardi e un -16% sull’anno precedente.

L’ORSO RUSSO NON MOLLA LA PRESA

Lo stesso Sipri giudica “inaspettato” il passo indietro di Riad, considerando il suo accresciuto ruolo regionale tra coinvolgimento nel conflitto in Yemen e competizione con l’Iran. In realtà, guardando i report passati, la spesa saudita è sempre stato molto oscillante, legata alle disponibilità delle casse reali e dunque al petrolio (con le incognite sul futuro). Ancora una volta, sembra faticare il potenziamento del settore predisposto dall’erede al trono Mohammed Bin Salman con la sua Vision 2030, il cui obiettivo è sviluppare per intero il comparto industriale nazionale (slegandosi dall’export e dalla dipendenza dal petrolio). Chi non molla la presa è la Russia di Vladimir Putin. Dopo la pesante discesa dello scorso anno, il report Sipri regista un +4,5% nel budget militare di Mosca, pari a oltre 65 miliardi di dollari (il 3,9% del Pil), un aumento del 30% su base decennale. Certo, se confrontato con i tempi della Guerra fredda, l’Orso russo pare lontano dalle prime posizioni. Eppure, nei numeri sembra celarsi l’intenzione di tenere con i denti lo status di grande potenza internazionale.

LA SORPRESA TEDESCA

A subire l’aumento della spesa russa è la Francia, che passa dalla quinta alla sesta posizione, pur registrando un aumento annuale dell’1,6% (fino a 50 miliardi di dollari, 2% del Pil) e rimanendo in testa tra i Paesi europei. Segue subito dietro la Germania, una delle sorprese della classifica Sipri. Berlino ha aumentato la sua spesa militare fino a 49,3 miliardi di dollari (1,3% del Pil), pari a un +10% rispetto all’anno scorso, la crescita più alta della top ten di quest’anno. Lo scorso novembre, la ministra della Difesa Annegret Kramp-Karrenbauer ha confermato un aumento del budget militare fin oltre i 50 miliardi di euro, sulla scia del piano di modernizzazione già elaborato da Ursula von der Leyen in risposta a due esigenze. La prima è far fronte ai problemi di efficienza e di prontezza riscontrati più volte nel Bundeswehr. La seconda è rispondere alle pressioni di alleati e partner, tra le richieste di Stati Uniti e Nato e l’asse con la Francia in ambito europeo.

LA SITUAZIONE ITALIANA

Pressoché stabile il budget del Regno Unito, subito dietro la Germania con 48,7 miliardi di dollari. Il report Sipri, relativo allo scorso anno, non tiene conto della nuova strategia di Boris Johnson sulla “Global Britain”, corredata dall’intenzione di aumentare le risorse destinate alla Difesa. Bisogna scendere alla dodicesima posizione (dopo Giappone, Corea del sud e Brasile) per trovare l’Italia, con 26,8 miliardi di dollari, 1,4% del Pil, in aumento dello 0,8% rispetto al 2018. Considerando che lo scorso anno era pari all’1,3% del Pil, il segnale promette bene soprattutto rispetto all’impegno Nato a spendere il 2% entro il 2024, tra l’altro con dei riferimenti ben diversi nei conti dell’Alleanza Atlantica (per cui l’Italia sta all’1,22%). Segnali presenti anche del budget per la Difesa 2020 targato Lorenzo Guerini, con una dotazione prevista è di 22,9 miliardi, uno e mezzo in più rispetto allo scorso anno.

L’INCOGNITA DEL VIRUS

Su tutto questo è piombato da due mesi il Covid-19, destinato a impattare in modo imponente sui budget della Difesa così come sui Pil nazionali, tanto da aver già portato qualcuno a suggerire una modifica dei parametri Nato. Persino gli Stati Uniti (che pure hanno introdotto da subito misure di supporto al comparto e chiarito di considerare strategica la Difesa nazionale) temono ripercussioni sui bilanci pubblici. In Europa (qui un approfondimento) diversi esperti hanno messo in luce i rischi connessi alla probabile riduzione dei budget militari, legati a un mondo che, come dimostra Sipri in tutti i suoi ultimi report, diventa sempre più competitivo. Il virus aumenterà ancora tale complessità così che (ma è una nostra impressione) nel rapporto del prossimo anno saranno molti i Paesi (probabilmente non europei) ad avere un segno positivo nei budget militari.

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