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Ci vuole più Europa, nonostante tutto. L’opinione di Pirani (Uiltec)

Siamo tuttora nel pieno dell’emergenza sanitaria, ma quando sarà finita e si porrà la necessità di uscire dalla recessione determinata in ambito globale dalla diffusione nefasta del virus Covid 19, dovremo fare scelte comuni e condivise in ambito continentale. Ed è inaccettabile ipotizzare un’uscita dell’Italia dal sistema euro perchè con questa sciagurata scelta probabilmente salterebbe, gran parte della costruzione europea e si determinerebbe un’incontrollabile instabilità dei mercati finanziari. L’Europa ha il dovere di essere una struttura portante per la stabilizzazione dell’economia globale.

Per questo motivo, l’uscita dall’euro, ma anche soluzioni meno drastiche come l’emissione di monete parallele, certificati di credito fiscale, minibot o altro, vanno nettamente rifiutate fino a che non si siano esperite tutte le possibili soluzioni all’interno dell’ambito istituzionale dell’Unione europea e dell’Eurozona. In questa direzione è senz’altro favorevole la circostanza che il tema di un’emissione di titoli europei comuni di lunghissima durata, coronabond o eurobond, a tassi molto ridotti e unici per tutti i Paesi, garantita senza limiti dalla Bce come acquirente di ultima istanza, sia in questo momento proposta da ben quattordici Paesi europei e non dalla sola Italia.

Oltre al nostro, del gruppo succitato fanno parte Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda, Belgio, Lussemburgo, Slovenia, Lettonia, Estonia, Lituania, Slovacchia e Cipro. Mentre sul fronte del rifiuto netto a qualunque condivisione degli oneri del debito stanno Olanda, Germania, Austria, Finlandia e altri Paesi nordici, i quali ritengono che l’armamentario predisposto finora per far fronte alla crisi (sospensione delle regole di bilancio, sospensione dei requisiti di accesso al Mes, nuovo quantitative easing della Bce per 20 miliardi di euro al mese e nuovo tetto 2020 fino a complessivi 750 miliardi di acquisti diretti anche di titoli pubblici da parte della Bce) sia più o meno sufficiente a consentire a tutti i paesi europei di superare la crisi.

Le possibili posizioni di mediazione sono state sostenute da Mario Draghi: emissioni di titoli pubblici con un ruolo centrale del sistema bancario, sostenuto finanziariamente dalla Bce, tanto di acquirente dei titoli pubblici quanto di dispensatore di prestiti a basso interesse a imprese e famiglie. E da Alberto Quadrio Curzio: ruolo centrale della Banca europea degli investimenti e di altri enti ad essa collegati come centro di emissione di titoli comunitari, in luogo degli Stati nazionali, e di regia dei progetti di investimento a livello continentale per la lotta al coronavirus e la ripresa della crescita dopo la fine dell’epidemia.

Ma tutta Europa di quanto accadrà il prossimo 9 aprile, quando i ministri delle Finanze europei dovranno presentare ai capi di Stato e di governo della Ue nuove proposte su come affrontare la crisi. Ed bene ribadire che la proposta di Draghi evita del tutto l’emissione di eurobond, ma affida al sistema bancario un ruolo complesso e delicato, di interfaccia tra la Bce e governi, imprese e famiglie. Non è detto che il sistema suddetto sia pronto ad affrontare in modo funzionale ed efficace le nuove azioni.

La proposta di Quadrio Curzio, invece, non tiene conto del fatto che la Bei, per poter procedere ad emissioni di titoli europei di consistenza senza precedenti, dovrebbe da un lato andare incontro a modifiche istituzionali sulle quali i Paesi europei trovino un accordo, dall’altro essere fortemente ricapitalizzata nella misura necessaria Dovrebbe, inoltre, trovare l’accordo della Bce a svolgere il ruolo di acquirente di ultima istanza.

Infine, vale la pena di rimarcare un altro aspetto sul quale l’impianto di politica economica definito dall’inizio degli anni Ottanta, che peraltro ha guidato in larga misura la costruzione dell’Europa comunitaria, stia attraversando una fase di transizione verso soluzioni non nuove, che allora erano state respinte con sdegno da parte dei teorici della perenne superiorità dei mercati come strumenti di regolazione dell’economia.

I Paesi colpiti dal Covid-19 riflettono molto seriamente sull’ineliminabile superiorità del sistema sanitario pubblico, mentre l’Italia e con lei almeno atri tredici Paesi europei reclamano la necessità di togliere la valutazione del debito sovrano agli arbitri e alle speculazioni dei mercati e di tornare a farne comunque un safe asset un bene il cui valore sia garantito comunque, whatever it takes, da una banca centrale con capacità di acquisto senza limite, e non dagli umori e dalle simpatie delle agenzie di rating. Bisognerà tenerne conto nell’ottica che agire nel contesto europeo rimane l’unica prospettiva tuttora praticabile, nonostante tutto.



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