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L’Università a distanza (di buon livello) è possibile. Ecco perché

Di Alberto Aloisio

In un momento di emergenza per il Paese, il sistema universitario è riuscito ad erogare in modalità telematica più del 90% dei corsi previsti. La didattica online svolta nell’ultimo mese in tutta Italia ha dimostrato che, con un investimento tecnologico modesto e con infrastrutture predisposte praticamente senza preavviso, è possibile fornire una formazione universitaria a distanza di buon livello. È difficile credere che questa esperienza non lasci tracce significative.

L’esperienza che stiamo vivendo mostra che una didattica online, se correttamente utilizzata, può rendere l’Università più flessibile e pronta a rispondere alle esigenze educative del Paese, in temi di grandi trasformazioni e sfide. L’emergenza ha portato i professori a guadagnare una maggiore familiarità con strumenti telematici che permettono un contatto interattivo con gli studenti. Alla vigilia di una Fase 2, in cui anche l’Università avvierà un graduale rientro nella normalità, una tale esperienza non può e non deve andare dispersa.

Lettera 150, una comunità di ricercatori di varie discipline coordinata da Giuseppe Valditara, ha messo a confronto esperienze e risultati della sperimentazione avviata in vari Atenei. Emerge un quadro complessivo in cui la didattica online è un “moltiplicatore” delle possibilità di insegnamento di un Ateneo. Consente una partecipazione, che va incoraggiata, di professori stranieri a lezioni e seminari. Le attività online saranno preziose anche nell’ambito del programma European University, che auspicabilmente aprirà la strada ad una nuova Università Europea distribuita. Gioca inoltre un ruolo fondamentale per raggiungere studenti lavoratori, studenti provenienti da aree lontane e a basso tasso di sviluppo economico (Africa, sud America) dando opportunità competitive rispetto ad altre università straniere. È strategica per contribuire al completamente della formazione del personale universitario locale (o dei quadri nazionali), rafforzare relazioni locali (science diplomacy) con benefici a cascata sul sistema di relazioni del Paese (imprese, cultura).

Appare immediatamente evidente come la didattica online non possa e non debba sostituire il ruolo della didattica in presenza, che rimane strumento formativo essenziale. Così come gli esami devono essere normalmente frontali.

Vanno tuttavia identificati quei settori e quei ruoli in cui la lezione online può offrire un valore paragonabile rispetto alla lezione ex cathedra. Si deve aprire una riflessione sullo sviluppo di corsi “blended”, ossia parte in presenza, parte online in interattivo, parte in differita. In taluni casi, la lezione online mette a disposizione del professore strumenti più sofisticati in modo sinergico e complementare (si pensi a tool numerici, simulazioni, grafica avanzata) e diventa addirittura complementare a quella tradizionale. La didattica online semplifica la logistica e renderà possibili corsi di laurea “orizzontali” che spaziano su più discipline e che possono svolgersi in poli diversi dell’Ateneo, assai spesso sparsi sul territorio. Può essere molto utile per alcune lezioni di dottorato, consentendo una partecipazione, che va incoraggiata, di autorevoli colleghi anche stranieri a lezioni e seminari. L’approccio telematico funge da catalizzatore di un processo di federazione fra Atenei e dipartimenti, nel rispetto delle rispettive autonomie, auspicata dall’art. 3 legge 240/2010 e poco applicata, dando vita a corsi inter-ateneo e a dottorati di interesse nazionale.

Ovviamente, il nuovo approccio richiede un format diverso del corso, tempi diversi di interazione con gli studenti, un nuovo concetto di svolgimento di ‘”esercitazione” e di “esami”.

Il ruolo del professore universitario è quello di portare la ricerca nell’insegnamento: le misure in laboratorio, in presenza, sono un valore aggiunto insostituibile in tutte le discipline. Tuttavia, il training sull’uso di strumentazione anche sofisticata può essere agevolmente fatto online. Si aprono nuove possibilità di sviluppare laboratori di ricerca ad accesso virtuale che permetterebbero la condivisione di strumentazione di pregio con ovvie ricadute positive sulla ricerca fondamentale ed applicata. Adottando tecniche online, si potranno ottimizzare le aule e ci sarà più spazio a disposizione per i laboratori.

Cosa si potrebbe fare con investimenti maggiori e strutture allo stato dell’arte? Di certo, molto meglio. Questo comporterà la revisione di concetti quali “costo standard”, Ffo, mobilità studentesca, internazionalizzazione, solo per citare alcuni dei principali parametri che scandiscono la vita accademica. L’Università ha bisogno di investimenti, per valorizzare il suo capitale umano, il suo straordinario capitale relazionale e un capitale infrastrutturale spesso da migliorare. Servirebbero risorse dedicate a migliorare il livello digitale, l’accesso alle biblioteche online, l’adozione dell’open access. Sono indispensabili strumenti evoluti per la gestione delle esercitazioni e, in particolare, degli esami. Non tutti gli studenti dispongono di una sufficiente digital literacy e non tutti possiedono l’hardware e l’accesso alla rete necessari per una nuova didattica.

È una strada complessa, che, se percorsa con responsabilità e senso critico, ci può portare ad una brave new University.

Il documento vede i contributi di:
Giuseppe Bertagna
Cinzia Bisi
Paolo Branchini
Emanuela Colombo
Franco Cotana
Vito D’Andrea
Raffaele Fiume
Alberto Froio
Antonio Fuccillo
Isabella Loiodice
Rosa Lombardi
Vincenzo Mannino
Giovanni Nano
Claudia Navarini
Marco Ricotti
Giuseppe Valditara
Alessandra Veronese
Vincenzo Vespri


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