Disinformazione, propaganda e spregiudicato utilizzo politico della pandemia da coronavirus accomunano e legano – da quando la crisi è esplosa a livello globale – Pechino, Teheran e Mosca. Tuttavia l’offensiva delle falsità sembra perdere presa. Al Congresso americano è stata presentata una legge per sanzionare, come già avviene con il “Global Magnitsky Act” per gravi violazioni dei diritti umani, chi abbia contribuito a diffondere l’epidemia attraverso censure e disinformazioni che ne hanno impedito il contenimento. Aumentano le sollecitazioni – che possono apparire fantasiose ma hanno un concreto significato politico – affinché si lanci una decisa strategia di risarcimenti nei confronti della Cina comunista.
Infatti è ampiamente provato che l’epidemia è andata fuori controllo. Si è trasformata in pandemia e ha provocato danni – senza precedenti dalla Seconda Guerra Mondiale per numero di vittime e danni all’economia – a causa di condizioni igienico sanitarie note da decenni ma volutamente ignorate e dell’incredibile massa di errori commessi dai vertici del Partito Comunista Cinese a Wuhan e a Pechino.
La gravità di quanto è avvenuto e continua ad accadere in Cina rischia di lasciare in secondo piano l’irresponsabile comportamento del regime iraniano. Le analogie con la Cina sono impressionanti. Con l’unica differenza, forse, che la negazione dei fatti e la conseguente mancanza di collaborazione con l’Oms e la Comunità internazionale per fermare la pandemia è ancor più evidente per l’Iran. Basti pensare che collegamenti aerei tuttora attivi tra Teheran e la Cina, da un lato, e con l’Italia dall’altro, sono un ulteriore fattore di rischio anche per il nostro Paese.
La pandemia sta facendo una vera strage del popolo iraniano. Si deve saperlo e non può essere consentito. Per questo il Comitato Internazionale “In Search of Justice – ISJ” sta manifestando al Segretario Generale dell’Onu fortissima preoccupazione per la situazione iraniana. È incredibile che il regime continui a sostenere di avere la pandemia sotto controllo. I dati forniti da Teheran registrano 16.000 contagiati e 3.000 morti. La realtà è purtroppo assai diversa.
Informazioni raccolte dai movimenti dell’opposizione iraniana in tutte le 31 province del paese portano a circa 500.000 i contagiati e a 16.000 i deceduti. Un quadro drammatico confermato anche dall’inviato dell’Oms in Iran, Rick Brennan: i casi di coronavirus nel Paese sarebbero, ha detto, almeno cinque volte superiori ai dati forniti dal governo. Persino il portavoce del Ministero della Sanità, Kianoush Jahanpour, li ha inaspettatamente smentiti affermando che “in Iran ogni ora 50 persone contraggono il coronavirus e ogni 10 minuti una persona perde la vita a causa del coronavirus”.
Ciononostante Teheran continua a nascondere la totale mancanza di misure preventive efficaci, in particolare la quarantena almeno nelle zone più colpite. Sin dall’inizio, infatti, il regime sapeva che a Qom erano numerosissimi i casi di Covid-19. I timori però di un impatto negativo sulle elezioni e sulla partecipazione popolare alle celebrazioni per il quarantennale della rivoluzione khomeinista hanno indotto il regime a occultare una situazione gravissima, per affermare – una volta che il disastro era sotto gli occhi di tutti – che il virus era una scusa inventata dai nemici dell’Iran per scoraggiare le persone dal voto, e infine giungere ad accusare gli Stati Uniti di “attacco biologico”.
Nel frattempo il Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica (Irgc) – che controlla almeno la metà dell’economia iraniana – avrebbe convogliato fondi e risorse per la lotta al Covid-19, forniti dall’Oms e da altri donatori, inclusi maschere e indumenti protettivi, ai funzionari, all’élite del regime e ai militari, rivendendone una parte anche al mercato.
La stessa iniziativa di “Medici Senza Frontiere – MSF” per l’invio di un ospedale da campo a Esfahan con medici e specialisti è stata subito bocciata con la motivazione che “l’Iran non ha bisogno di ospedali stranieri” e conseguente espulsione di “Msf” dal Paese.
La pandemia ha colpito numerose personalità del regime, consiglieri e familiari di Khamenei. Ne è stato vittima anche il Generale dei Pasdaran Hossein Asadollahi, nonostante il regime ne abbia attribuito la causa a “postumi della guerra con l’Iraq” di decenni prima. L’agenzia “Fars” ha riferito di una grande folla al suo funerale a Teheran, molto grave per l’ulteriore diffusione del virus.
In tale situazione, le prigioni iraniane sono diventate una trappola mortale. Molti prigionieri politici come le migliaia di giovani manifestanti nel novembre scorso restano incarcerati senza alcuna possibilità di prevenzione o di cura. È molto forte il sospetto che il regime intenda eliminarli in massa, dandone la colpa a un’infezione “diffusa dal nemico”. Le Nazioni Unite e l’Unione Europea devono agire subito, per esigerne l’immediata liberazione.
L’aiuto di 5 miliardi di dollari che il regime iraniano ha sollecitato dal Fmi per combattere la pandemia e quello già promesso da Joseph Borrell, l’Alto Rappresentante Ue, di 25 milioni di dollari dovrà essere concesso solo a condizioni molto rigorose: rispetto dei diritti umani e rilascio immediato di tutti i prigionieri politici. Saranno quindi necessarie precise verifiche sull’erogazione degli aiuti: devono andare alla popolazione iraniana e non esclusivamente all’Irgc e all’élite al potere.
Il regime sfrutta l’emergenza per chiedere l’azzeramento delle sanzioni statunitensi o, in alternativa, la loro inosservanza da parte degli Stati membri dell’Ue; ma le sanzioni escludono già tutti gli aiuti umanitari. Ovviamente, si tratta di un pretesto che il regime è stato pronto a utilizzare ben conoscendo la cedevolezza di cui molti europei e americani hanno già dato prova in passato.
Tanti ricordano l’esperienza fatta cinque anni fa: l’aiuto di 150 miliardi e la rimozione delle sanzioni da parte dell’Amministrazione Obama. Quell’ingente finanziamento e i benefici economici derivanti dall’abolizione delle sanzioni sono serviti solo a finanziare un’aggressiva politica di espansione da parte della teocrazia sciita dell’Iran nell’intera regione mediorientale; ad arricchire enormemente l’élite al potere; a ingigantire ulteriormente l’apparato militare, terrorista e di intelligence; ad aggredire i paesi vicini nel Golfo; a sostenere Assad nella sua “pulizia etnica”, e a finanziare il programma missilistico e nucleare clandestino.
È veramente ora di girare pagina.