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Perché serve un asse europeo tra Sassoli e Tajani. Il commento di Lucio D’Ubaldo

L’Italia non può fare a meno d’investire su un nuovo europeismo. La chiave di volta per affrontare la crisi, sopraggiunta improvvisa sull’onda della pandemia, sta nella capacità d’incidere adeguatamente sul dibattito politico sovranazionale. Si avverte invece la tendenza a fare dell’Europa il pretesto di una polemica che funge da catalizzatore di tutte le possibili polemiche. La Fase 2 si apre nella sostanza con le forze antigovernative in piena offensiva. Anche Confindustria batte sul tasto delle dimissioni dell’attuale esecutivo; ma chi punta a sostituire Conte, non calcola il rischio di scivolamento nel precipizio del voto anticipato. Evocare Draghi serve a poco, se poi nessuno è in grado di fissare le coordinate di un nuovo accordo di legislatura.

Il papa ha invitato la classe dirigente politica a mettere da parte le divisioni. Ciò vuol dire anzitutto ricercare punti di contatto e di condivisione, in spirito di solidarietà, perché chiaramente l’esistenza di una democrazia senza conflitti non rientra nella sfera delle condizioni politiche concrete. Nelle parole di Francesco risuona semmai l’auspicio che dinanzi alle incognite dei prossimi mesi, quando avremo la necessità di compiere scelte coraggiose per rimettere in piedi il Paese, la volontà di collaborazione prevalga sulla partigianeria e la conflittualità fine a se stessa. Non si tratta di congetturare sulle forme, ma di guardare alla sostanza: un Paese diviso, preda della litigiosità, mostra tutta intera la sua debolezza. Pertanto maggioranza e opposizione sono obbligate, in qualche modo, a declinare con più misura ed equilibrio le rispettive ragioni e convenienze.

Solo un Paese più unito è in grado di esibire quella credibilità che serve a gestire i negoziati ai tavoli di Bruxelles. A questo proposito, abbiamo il vantaggio di poter contare su due figure altamente rappresentative, David Sassoli e Antonio Tajani, rispettivamente presidente in carica ed ex presidente del Parlamento europeo. In Italia appartengono a schieramenti da sempre contrapposti, in Europa a famiglie politiche – quelle dei socialisti e democratici (il primo) e dei popolari (il secondo) – che costituiscono nell’Unione l’architrave di una consolidata e robusta cooperazione politica. Entrambi, Sassoli e Tajani, potrebbero rappresentare nell’Europarlamento il profilo di un’Italia che davvero intenda essere protagonista nel confronto sul futuro del Vecchio Continente. Il loro contributo allo sviluppo di una procedura condivisa, nel rispetto comunque delle distinzioni, avrebbe un valore politico emblematico.

Ormai è stato abbattuto il muro dell’incomprensione e del sospetto. Anche la Germania è pronta, con le cautele indicate dalla sua Corte costituzionale, a spingere sull’acceleratore di provvedimenti eccezionali in grado di fronteggiare l’incubo di una recessione che in verità spaventa, non solo entro i confini delle singole nazioni, proprio a motivo dello sconquasso avvenuto in pochi mesi nel più vasto perimetro dell’economia globale. Occorrono investimenti colossali – e ci saranno – per progettare e realizzare un diverso modello sviluppo. Ora, se l’Italia fuoriesce dalla trappola dell’antipolitica, sconfiggendo il virus del sovranismo, può bloccare la parabola del declino. È possibile che torni ad esercitare un ruolo importante grazie alle sue vistose potenzialità, in larga parte sottovalutate e compresse per mancanza, a dire il vero, di un “centro motore” della politica nazionale, pur concepito e organizzato nell’ottica di una visione sovranazionale.

Senza compromettere la stabilità di governo, bisogna dunque lavorare a un progetto di rimobilitazione delle migliori energie del Paese. In fondo la suggestione di un asse Sassoli-Tajani, di per sé essenziale alla tutela degli interessi nazionali, allude anche alla necessità di prefigurare una piattaforma di consenso che scomponga gli equilibri vigenti, aprendo lo spazio all’egemonia di un’area democratica e popolare a forte vocazione europeista. Nel Dopoguerra ci riuscì De Gasperi. Oggi siamo chiamati, con analogie sorprendenti, a dare forma a un’operazione politica che intanto ha valore e consistenza, in quanto può riuscire, a distanza di decenni, a reinventare con la dovuta fantasia lo schema di quella straordinaria ricostruzione civile ed economica della prima Italia repubblicana.

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