In questi giorni mi “meraviglio” di coloro che si “meravigliano” della sentenza emessa dalla Corte Costituzionale tedesca in merito agli acquisti dei titoli di debito pubblico da parte della Bce. Sono meravigliato perché quella del 5 maggio è l’ultima di una serie di sentenze della Corte tedesca. Dovremmo essere in molti a saperlo. Vanno tutte nella medesima direzione: affermare il primato del diritto nazionale tedesco su quello europeo, mai riconosciuto come preminente. Solo che questa volta l’hanno fatta più grossa del solito. Per due ragioni. La prima riguarda il momento scelto per emettere la sentenza, mentre tutta l’Europa è colpita dalla pandemia e attraversata da migliaia e migliaia di bare. La seconda è il disprezzo verso la Corte di Giustizia Europea, che si era già pronunciata favorevolmente all’azione della Bce (2018), e verso la catastrofe economica e sociale che seguirà la pandemia.
Ciò la dice lunga sull’ideologia economica e politica della Corte, interprete di una medesima visione ampiamente rappresentata nel paese. Infatti la Corte non è un partito di destra o di altra ispirazione. Quindi non rappresenta solo “una parte” della Germania. I giudici agiscono come se l’Euro fosse un incidente della storia, come se ci fosse ancora il marco.
Perciò l’euro deve essere finalizzato, senza eccezione alcuna, secondo loro, a tutela dell’interesse della Germania, al quale dovrebbero concorrere tutti gli altri paesi, perché quello tedesco è un interesse preminente sull’Unione e, quindi, anche sugli altri. È tutto molto chiaro. Da tempo, per me. Non serve addentrarsi in una disquisizione giuridica, è inutile.
Il problema è politico. Possiamo desumerlo dal fatto che la Corte non ha mai fatto rilievi sui maggiori vantaggi che la Germania ha tratto e trae dall’euro, a causa della configurazione iniqua e limitata dell’Eurozona attuale. Non ha mai preso in considerazione nemmeno l’idea di una perequazione, figuriamoci quella della solidarietà che prefigura una democrazia ed uno Stato federale, che loro ritengono “impossibile” per l’Europa, non disponendo questa un popolo unico. Perciò si limitano a tutelare al meglio l’interesse del loro paese, che in questo caso coincide col diritto del più forte.
Infatti i giudici, con le loro sentenze a sostegno della prevalenza del diritto tedesco su quello comunitario, hanno sempre ostacolato il processo di integrazione europea, facendo da alibi per i politici. La motivazione, tutta ideologica, è che l’Europa non potrà essere democratica perché non ha “un popolo omogeneo”.
È incredibile. Qualcosa di pericoloso, quasi di eversivo, che ha poco a che fare col diritto e non può trovare in esso una giustificazione. Preferisco non commentare oltre. Questo aspetto fu rappresentato, per la prima volta, in una sentenza del 1990, un anno dopo l’unificazione. Penso che in ciò sia racchiuso lo spirito e l’ideologia del popolo tedesco. Un popolo che nel dopoguerra si vide imposta la Costituzione dagli anglo-americani, poi la Ceca e forse anche la Cee (Comunità economica europea) col Trattato istitutivo di Roma.
Uno spirito mai abbandonato, che prova a riemergere, forse per rivalersi? Spesso ci riesce, anche per gli errori della Francia e degli altri paesi, come è avvenuto nel 1991 a Maastricht, quando la Germania ha imposto una Uem incompiuta, costruita nella logica dei loro giudici togati. I paesi euro sono stati considerati come dei Lander aggregati alla Germania, però senza “diritti” perché esterni al loro sistema federale, così come a quello dell’Unione.
Il problema che si è aperto con questa sentenza riguarda anche l’Unione, non solo la Germania. Al momento tutti gli organismi europei si sono affrettati a respingerla, rivendicando la loro autonomia e la prevalenza del diritto comunitario su quello dei singoli Paesi. La presidente della Commissione è stata la più chiara. In una lettera aperta ha esplicitato tre principi fondamentali: “la politica monetaria dell’Unione è di competenza esclusiva europea, il diritto dell’Unione ha il primato sul diritto nazionale, le sentenze della Corte di giustizia europea sono vincolanti per tutti i tribunali e le corti nazionali”.
Ma ciò non basta. Bisognerà vedere quanto questo varrà. Finora non è mai bastato per la Germania e non basterà nemmeno questa volta. Potrebbe bastare per gli altri Paesi. È un conflitto che dura dalla nascita dell’Unione. Perciò va affrontato e sciolto dalla Germania, che non può continuare a rinviare, sine die, tenendo sotto scacco tutto il processo di integrazione e l’Eurozona.
Il problema è profondo. Grave. Molto grave. Va ben al di là del Qe (quantitative easing- alleggerimento quantitativo) della Bce. Riguarda la Germania in quanto tale. Il suo modo di essere. Quello, ad esempio, di trasformare in ideologia delle semplici regole contabili o dei principi economici, così come la visione del suo ruolo. Perciò il paese ha bisogno di ridefinire il suo rapporto con sé stesso e con l’Unione.
È un nodo che solo la Germania può sciogliere. Deve farlo il suo governo, il suo Parlamento, il suo popolo. Una volta su tutte, se ci riescirà. Il Parlamento tedesco non può continuare a ignorare tale conflitto che riguarda i principi essenziali, fondamentali su cui è basato il Trattato dell’Unione, come ad esempio quello della solidarietà, della democrazia e dell’integrazione sempre più stretta, ancora da realizzare.
Gli altri Paesi, in particolare quelli dell’Eurozona, non possono accettare che la Corte di un Paese, sia pur esso la Germania, possa:
• giudicare “al di là dei suoi poteri” (ultra vires) la sentenza con cui la Corte di Giustizia Europea, nel 2018, ha ritenuto compatibile il Pspp (Public Sector Purchase Program) di Draghi col mandato della Bce;
• valutare ingiustificato il Qe messo in atto dalla Bce per far fronte alla pandemia, come se i paesi dell’Eurozona non avessero niente a che fare con l’Euro ed avessero monete diverse;
• criticare il governo ed il Parlamento tedesco per non aver difeso gli interessi dei risparmiatori, delle banche e delle assicurazioni del loro paese, cioè di coloro che, al contrario, sono stati e sono i maggiori beneficiari dell’euro.
• Intimare al governo e alla Bce di fornir loro spiegazioni, pena l’uscita della Bundesbank dalla BCE.
Qualcosa di inaudito. La Corte tedesca resiste asserragliata dentro il suo fortino ideologico, ignara (?) che gli altri paesi europei continuano a pagare il loro obolo, per paura di conseguenze più gravi. Cosa farà se non riceverà spiegazioni adeguate? E la banca centrale tedesca cosa farà se dovesse ricevere tale intimazione? E il governo tedesco dov’è? Latita. Se ha bisogno ancora di tempo, se lo prenda, ma ce lo chieda e lasci proseguire gli altri. Lo deve ai 450 milioni di abitanti dell’Unione. Si prenda il suo tempo, intanto i paesi che lo vogliono emettano pure gli Eurobond per salvare l’Eurozona e comincino a lavorare per un’Europa Politica. Dobbiamo evitare che i tatticismi ed i rinvii della Merkel distruggano l’Unione, come sta già avvenendo. Dobbiamo fare di tutto per salvare l’Europa e salvare così anche la Germania.