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Perché la Cina non può sfuggire alle responsabilità sulla biosicurezza globale

Intervistato da Paolo Mastrolilli della Stampa, il capo del Pentagono, Mark Esper, ha parlato tra le altre cose di biosicurezza – questione prioritaria per il futuro dei vari Paesi, su cui la Cina ha già fatto segnare l’impronta del vantaggio strategico che sta provando a fatica a costruirsi ripartendo con forza dalla crisi epidemica, e tema che Formiche.net sta affrontando anche attraverso analisi di esperti internazionali come Massimo Amorosi.

Il giornalista chiede se la Nato dovrebbe includere nella sua missione la protezione dalle pandemie, Esper risponde: “Ne hanno discusso i ministri degli Esteri e della Difesa. I militari alleati hanno già un ruolo chiave nel supporto degli sforzi civili nazionali e la Nato ha un meccanismo in funzione per affrontare questa crisi. Il Nato Disaster Response Coordination Centre, già attivo, opera 24 ore al giorno coordinando le richieste di aiuto di alleati e partner. La risposta collaborativa della Nato a questa epidemia globale è stata molto robusta. È un esempio rincuorante di alleati che aiutano alleati, incluso il supporto bilaterale all’Italia del dipartimento alla Difesa”.

La risposta è tecnica, il Disaster Response si è dimostrato un valore aggiunto all’interno dell’Alleanza Atlantica, ed ha chiaramente valore politico. Il messaggio di fondo dell’intervista riguarda infatti l’Italia, l’esposizione alla Cina mostrata durante la crisi, la limitazione all’accesso nello scambio di dati di intelligence che Roma potrebbe subire se decidesse di andare avanti col 5G affidato alla cinese Huawei. Ed è evidente che quelle informazioni raccolte dai servizi Usa sarebbero un elemento nevralgico sulla funzionalità di una strategia di biosicurezza nazionale – che l’Italia si troverà costretta a progettare per trovarsi preparata davanti al ripetersi di situazioni come l’epidemia di SarsCoV-2 per fronteggiare i biorischi del futuro.

Tanto più se si considera che in questo momento le intelligence americane guidano la Fase-2 della pandemia, ossia quella in cui si inizia a ricostruire il perimetro di cosa è accaduto – elementi fondamentali per evitare che riaccada. La Casa Bianca è stata smentita recentemente dal Director della National Intelligence, che ha ritenuto non credibile – stando alle evidenze scientifiche e ai dati raccolti – che il virus sia stato creato e/o manipolato dalla Cina. Ma quelle stesse agenzie di intelligence statunitensi ritengono altamente possibile che il coronavirus che ha devastato il mondo sia sfuggito al controllo cinese, e che Pechino abbia lavorato per gettare nebbia sulle fasi iniziali dell’epidemia.

Per esempio, l’Associated Press ha avuto modo di analizzare un rapporto interno al dipartimento della Homeland Security secondo cui il Partito comunista cinese ha nascosto la dimensione della crisi sanitaria che si trovava davanti per guadagnare tempo nel recuperare materiale medico-sanitario – e far fronte all’emergenza in modo più efficiente. Pechino, avrebbe stoccato quanto più materiale possibile per gestire la situazione interna – e poi proporsi all’esterno come un attore affidabile e caritatevole, aiutante degli altri paesi in difficoltà.

Ancora: nei giorni scorsi era già uscito un report simile, pubblicato dall’australiano Daily Telegraph, che espone i risultati di un rapporto redatto dal Five Eyes (l’alleanza di intelligence composta da Usa, Regno Unito, Canada, Australia e Nuova Zelanda). La Cina è accusata di: aver distrutto dati preliminari, imposto la censura e fatto sparire testimoni scomodi, non aver fornito elementi utili per il vaccino. L’Australia è ben informata, perché in passato aveva collaborato ad alcuni progetti di studio con il laboratorio Bls-4 di Wuhan, il laboratorio che potrebbe essere stato la falla di biosicurezza antropica da cui il virus s’è accidentalmente diffuso (nota: nel rapporto del 5Eyes non si parla di questo, ma ci si focalizza sui colpevoli ritardi nella comunicazione cinese).

Ci sono “enormi evidenze” che questo sia accaduto, ha detto domenica il segretario di Stato americano, Mike Pompeo. Un incidente, un errore durante studi medici, il più grosso dei bio-rischi di origine antropica è tutt’altro che escluso da Washington dunque – mentre parte della comunità scientifica internazionale ritiene che sia stato il mercato umido cittadino a fare da generatore/diffusore. Ci sarebbero, secondo alcune spifferate arrivate ai media, anche intercettazioni di funzionari del centro, ma niente di definitivo. Forse c’è pure una gola profonda fuggita dalla Cina e pronta a parlare, ma tutto ancora poco chiaro.

La Cia è al lavoro, la Casa Bianca spinge per le indagini perché gli Stati Uniti hanno già ingaggiato una battaglia globale contro la Cina – ed era impossibile che non passasse anche attraverso la pandemia. Attività che tra l’altro in questa fase trova riscontri internazionali: la Reuters ha pubblicato i dettagli di un report interno, circolato tra i corridoi del potere a Pechino, secondo cui il sentimento globale anti-cinese non è mai stato così negativo dai tempi di Piazza Tiananmen. Il tema della biosicurezza è molto caldo, e diventa anche una questione su cui muovere dinamiche politiche.

D’altronde ormai sulle responsabilità cinesi ci sono opinioni abbastanza concordi: per esempio, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha chiesto una commissione internazionale sulle origini del coronavirus – e che l’inchiesta accerti il ruolo di Pechino è sottinteso. E anche l’Alto commissario per gli Affari Esteri dell’Ue, Josep Borrell, ha invitato l’Europa a non essere ingenua nelle relazioni con la Cina.

Covid non è un’arma, ma nel “Century of bio-weapons”, come l’ha definito lo storico Walter Russel Mead in un suo column sul Wall Street Journal, potrebbe diventarla se dovesse cadere nelle mani sbagliate. Per questo la necessità della trasparenza della Cina diventa un elemento fondamentale anche per aiutare la pianificazione della biosicurezza globale.

Tutto “questo (significa) che sia a livello nazionale che globale – scrive Mead – dovremo dedicare risorse di gran lunga maggiori alla salute pubblica. Ma significa molto di più. Ci sono state molte controversie sul fatto che il coronavirus sia fuggito da un mercato umido o da un laboratorio di ricerca. Da qualunque parte provenga, il virus ha fornito al mondo una straordinaria dimostrazione del potere della biologia armata”.

In un futuro post-Covid, secondo Mead, alcuni Paesi e attori non statali saranno tentati di cercare la capacità di creare bio-minacce e ogni Paese dovrà difendersi da loro: “La capacità di riconoscere rapidamente nuove malattie e di sviluppare trattamenti e vaccini è diventata una pietra miliare della difesa nazionale”. La bio-sicurezza-nazionale.


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