“Stiamo chiudendo le ultime cifre”. È la premessa che fa il viceministro dell’Economia, Laura Castelli, esponente del Movimento Cinque Stelle, parlando del decreto aprile (slittato a maggio) sul quale il governo sta ancora lavorando e che dovrebbe approdare nel prossimo Consiglio dei ministri. Ma dei punti fermi già ci sono, oltre alla conferma di tutte le misure già contenute nel decreto marzo.
A cominciare dagli “almeno dieci miliardi di risorse a fondo perduto per le aziende” e dai “12 miliardi che serviranno per pagare i debiti commerciali della Pa. Ci sono aziende – sottolinea Castelli – che ancora non hanno ricevuto i pagamenti. Ecco perché questo intervento è importante: significa sostenere le piccole imprese”. Tra i punti di forza del decreto, però, il viceministro inserisce, tra gli altri, oltre ai 4 miliardi per il Fondo di garanzia per le Pmi, anche il sostegno in arrivo per i Comuni attraverso un fondo ad hoc da 3,5 miliardi.
Viceministro, conferma che ci sarà?
Ci sarà e andrà a rifocillare le perdite di gettito dei Comuni per effetto dei mancati pagamenti legati all’emergenza coronavirus.
Può anticipare come funzionerà?
Sarà pagato per il 30% all’emanazione del decreto. La seconda tranche, invece, entro il prossimo 10 luglio. Una data che ci permetterà di monitorare il processo di riduzione di gettito. Abbiamo fatto uno studio tributo per tributo e imposta per imposta e considerato i mancati introiti, ma anche i minori costi sostenuti dai Comuni. Forti di un accordo con Anci, avvieremo un tavolo di monitoraggio.
Il sostegno alle imprese sarà al centro del provvedimento.
L’attenzione al tessuto delle imprese è massimo. Si va da sistemi di indennizzo in base al calo di fatturato al meccanismo di risorse a fondo perduto. E poi c’è il capitolo delle ricapitalizzazioni.
Sulle garanzie, però, fatta eccezione per i prestiti fino a 25 mila euro, quando la soglia supera gli 800 mila euro e, quindi, entra in campo Sace per le grandi imprese, il processo non è così spedito. Non le pare?
Stiamo lavorando proprio per velocizzare i passaggi e consentire che queste garanzie vengano erogate nel più breve tempo possibile. In campo, tra l’altro, non c’è solo Sace. Ci sono anche i fondi di Cassa depositi e prestiti.
Come funzionano queste ricapitalizzazioni?
Intanto, una premessa: non si tratta di salvare nessuna azienda, ma di consolidare attraverso Cdp società che sono dentro asset strategici nazionali e che con l’emergenza Covid-19 hanno perso competitività. Poi c’è anche un altro sistema di ricapitalizzazione improntato a una partnership tra pubblico e privato rivolto alle aziende medie.
Per le aziende più piccole in affanno, il governo punta su risorse a fondo perduto. Ma gli imprenditori che non rientrano in questa platea dovranno restituire i prestiti. Come funzioneranno i tassi? Saranno a discrezione delle banche?
Sono legati al tasso dell’Euribor, si oscilla tra l’1,2 e l’1,8%. Sono prestiti che si comincia a restituire all’inizio del terzo anno per sei anni, con una rata di tassi bassissima. Ed è chiaro che non c’è un organismo di controllo, ma sui tassi, come per i mutui, vige il regime della concorrenza. Di fronte a tassi ritenuti alti, quindi, un’impresa può sempre cambiare istituto di credito.
Intanto, le previsioni sul Pil, con una contrazione nello scenario peggiore del 10,4 per cento nel 2020, espongono molto il Paese sui mercati.
Non stiamo parlando di un problema italiano: questo deve essere ben chiaro. Siamo di fronte a una pandemia per cui ci sono cause esogene che incidono sulla crescita. Non è sicuramente colpa dell’Italia perché sta lavorando male. Basta guardare ai bilanci dei governi Conte uno e Conte due che sono ottimi sia come stabilizzazione del debito e sia per quanto riguarda il rapporto deficit/Pil. E questo i mercati dovrebbero guardarlo.
Castelli anche lo spread è tornato ieri a farsi sentire dopo le decisioni della Bce. I mercati non si fidano della strategia europea?
È normale che i mercati siano in un momento di destabilizzazione. L’elemento destabilizzante, però, non è di natura politica o economica, è appunto l’epidemia. A destabilizzare è il dato che tutte le sere ci fa contare quanti morti ci sono a causa del virus. I mercati non possono essere rassicurati se non sono rassicurati neppure i cittadini del mondo ed in questo momento la tutela della salute viene prima di tutto.
Il sostegno dell’Europa è irrinunciabile. Non crede che il Mes, allo stato attuale, rispetto al piano ancora solo futuribile del Recovery fund, sia uno dei pochi strumenti tangibili e subito a disposizione?
L’Italia, come altri Paesi, ha bisogno del sostegno economico europeo per non fare debito che appesantirà le prossime dieci generazioni. Siamo in una struttura economica che ritiene il debito qualcosa di brutto e dannoso. Ma se tutta l’impostazione europea contabile è basata su tale assunto, allora occorre che l’Ue ci dia le risorse per non farlo. Tutti gli strumenti possono essere attivati anche velocemente, se si vuole, e Bruxelles è molto strutturata per farlo. Di sicuro non servono strumenti che peggiorino la situazione di un Paese o lo mettano alla gogna, obbligandolo poi a rientri forzosi sui livelli di debito. Aggiungerei un’altra considerazione.
Quale?
Se è vero che il Covid-19 è come una guerra, i debiti post bellici non sono mai stati considerati da rimborsare nella storia dell’umanità.
Rimane aperta anche la questione del Patto di stabilità, al momento sospeso. Dopo l’emergenza coronavirus cosa accadrà?
Il Patto di stabilità non è uno strumento utile, parte da presupposti che ritengo sbagliati dal momento che si fonda sull’assunto che non ci si debba indebitare per crescere. La stessa Europa, sulla carta, la pensa così dal momento che sostiene politiche anticicliche. Una cosa è certa: dopo il Covid-19, in generale, dovrà cambiare il ragionamento sui principi di contabilità.
Guardando al dopo, proprio ieri il premier Conte ha anticipato un futuro decreto rinascita. Su cosa state lavorando?
Riprendiamo tutto il discorso sulle semplificazioni avviato con il primo governo Conte. Riguarderà l’accelerazione di alcune procedure per i cantieri di edilizia urbana, l’economia verde e le telecomunicazioni. E’ un pacchetto che sta seguendo il ministro per la Pa Dadone. Sul grande tema del modello Genova, poi, sboccheremo 110 miliardi, 90 per Anas e 20 per Rfi.