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Cina-Italia, così l’asse spezza i piani di Merkel e Macron. L’analisi del Financial Times

Da una parte, Parigi e Berlino. Dall’altra Pechino. È il bivio che si staglia di fronte all’Italia secondo Wolfgang Münchau, editorialista del Financial Times. La sfida dell’Ue oggi è geopolitica prima ancora che economica. La quadra sulle misure per la ripresa non basta. Serve un’intesa fra Paesi membri sulla posizione da assumere nei confronti della Cina, e quest’intesa passa per Roma.

“Come sappiamo se l’Europa avrà successo o fallirà? La discussione in Ue ora è focalizzata quasi del tutto sulla macroeconomia. Io sospetto che il vero test sarà l’abilità dell’Ue di sviluppare una posizione comune sulla Cina”, scrive Münchau, direttore del think tank Euro-Intelligence.

I due problemi “sono legati”, perché “la Cina è sulla strada per emergere come la potenza estera più influente in Ue”. Il Recovery Fund da 500 miliardi di euro lanciato da Angela Merkel e Emmanuel Macron include un piano industriale europeo che limiti e regoli gli investimenti diretti esteri di Paesi terzi in settori strategici. Questo piano, però, “potrebbe diventare un problema per l’Italia, il probabile principale beneficiario dei futuri investimenti cinesi in Europa”.

Lo Stivale, spiega Münchau, è al secondo posto in Europa per investimenti diretti dal Dragone. La firma del memorandum per la Via della Seta di Xi Jinping nel marzo del 2019, poi, ne fa un avamposto della strategia di Pechino.

Gli investimenti cinesi nei porti italiani come Trieste potrebbero avere l’effetto collaterale di “spostare ad Est il baricentro politico dell’Europa”. Se a questo si aggiungono i recenti sondaggi, spiega la firma del Financial Times citando un articolo di Formiche.net, che in Italia danno la Cina come alleato preferito agli Stati Uniti, e Francia e Germania come i più detestati, si ha un’idea del precipizio.

“Forse è stata l’assenza di solidarietà dell’Ue con l’Italia nella prima fase della crisi da Covid-19 che ha portato all’aperto il latente eurosetticismo. Ad ogni modo, sono numeri allarmanti”, scrive Münchau. “Vent’anni di appartenenza all’Eurozona hanno portato gli italiani al punto di considerare la Cina il loro partner strategico più importante”.

Difficile tornare indietro. O meglio, difficile pensare di riuscirci con un fondo per la ripresa modesto rispetto alle attese. Qualcuno ha chiamato la proposta di Merkel e Macron il “momento Hamilton” dell’Ue. I numeri dicono altro, spiega l’analista. “Un calcolo approssimativo dell’effetto fiscale netto per l’Italia ci dice che è improbabile che ecceda l’1,5% del Pil, nel migliore dei casi. Non sono sicuro che sia sufficiente per convincere l’Italia a smettere di rompere i ranghi europei sulla Cina”.

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