Sulla riconversione di Taranto e il futuro del Sud Italia la destra si copre di ridicolo e in una interrogazione alla Commissione ipotizza pericoli per l’Unione europea (a proposito, ma loro non erano contro l’Europa?) e per la Nato da un investimento che potrebbe far rinascere territori che soffrono di inquinamento e povertà.
La verità è che un’importante impresa storica a livello internazionale che opera in diverse aree d’Italia, con stabilimenti anche a Nord, La Spezia, Ancona, Forlì, Rimini e Bergamo ha interessi commerciali su Taranto.
Il gruppo Ferretti, leader nel campo della cantieristica da diporto, si è impegnato a prendere in concessione l’ex area Belleli, riqualificando un’area abbandonata da anni, al fine di rilanciare la cantieristica da diporto, produzione di scafi in vetroresina e installare un centro ricerca. Le scuse della destra ricordano molto i complotti dei terrapiattisti.
Per chi non lo sapesse o facesse finta, ricordiamo che innanzitutto si tratta di una concessione decennale e non di vendita. Non esiste alcuna operazione di vendita del porto di Taranto a qualsivoglia gruppo e operatore cinese.
Il porto di Taranto, come è naturale che sia, è di interesse di diversi operatori commerciali che nel pieno rispetto delle norme vigenti chiedono di poter utilizzare aree commerciali.
L’area oggetto del dibattito è un’area interna al porto, abbandonata e da bonificare al più presto. Taranto e tutto il Sud Italia hanno problemi ad attrarre investimenti e hanno un alto numero di tavoli di crisi aperte e quindi di cassintegrati, fra cui i 500 dell’Tct.
È vero che all’interno della compagine sociale compaiono dei soci cinesi, ma questo avviene in molte altre aziende italiane. Non ho letto nessuna interrogazione alla Commissione europea quando i cinesi compravano il Milan calcio, nel 2017. Forse perché non volevano disturbare il padrone?
Lasciamo stare le polemiche politiche, non alimentiamo discussioni assurde che sollevano il sospetto che qualcuno per mero inseguimento del consenso alimenti una guerra fra territori martoriati da inquinamento e alto tasso di disoccupazione.
Faccio un appello a tutte le forze politiche: restiamo uniti per il bene di tutto il territorio pugliese e per il Sud, siamo uniti nel supportare e se il caso pungolare i governi regionali e centrali affinché si investa al Sud quel 34% degli investimenti nazionali che gli spettano, che si usi per lo sviluppo duraturo e sostenibile il Fondo Sviluppo e Coesione, il cui 80% è destinato al Sud, così come i fondi europei della Politica di Coesione e dello Sviluppo Rurale.