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Perché l’intesa fra Viminale e confessioni religiose è storica

Giornata importantissima per la laicità dello Stato quella di ieri. Il Viminale infatti ha promosso un incontro aperto ai rappresentanti di tutte le confessioni presenti in Italia, anche quelle che non hanno ancora un’intesa con lo Stato italiano per i più vari motivi. Così con l’ausilio di due illustri accademici da tempo impegnati su questo complesso terreno come consulenti del ministero, Pierluigi Consorti e Paolo Naso, si è compiuto un grande passo avanti nel coinvolgimento e quindi nella condivisione di un momento così difficile che in questo modo però aiuta tutti a sentirsi riconosciuti come cittadini con pari valore e diritti.

Curatore anni fa di un corso per ministri di culto delle confessioni che non hanno ancora un’intesa con la Repubblica Italiana il professor Consorti è soprattutto soddisfatto per la collaborazione e interazione determinatasi anche tra le varie presenti. E dice: “Il dialogo è un metodo. Non voglio esagerare, ma questo incontro ha una portata storica. Per la prima volta tutte le confessioni religiose presenti in Italia, a prescindere dalla loro rappresentanza formale, si sono confrontate per cercare soluzioni a problemi comuni, tenendo conto delle singole specificità. Il rappresentante della Cei non è intervenuto avendo avuto proprio sul tema Covid-19 e culto l’interlocuzione di cui tutti sanno, ma c’erano i musulmani di Ucoii, Coreis, Grande moschea di Roma, i valdometodisti, gli ebrei, gli avventisti, le Assemblee di Dio in Italia, i buddisti, gli induisti, Soka gakkai, gli ortodossi greci, gli ortodossi rumeni, i mormoni, gli anglicani, i baha’i, i sikh, la consulta evangelica e mi fermo qui perché non vorrei sbagliarmi. E scusandomi con chi avessi dimenticato. Tutti hanno notato che questo metodo è fruttuoso, auspicando che possa essere replicato anche dopo l’emergenza”.

Assente giustificata dunque la Cei, sebbene per il valore anche culturale di un primo incontro del genere una presenza sarebbe stata significativa. Ma il professor Consorti, pur facendo presente che qualche malumore si è percepito per l’assenza della Cei, preferisce vedere il grande passo avanti comunque compiuto: “Tutti hanno convenuto, sebbene con accenti diversi, sulla necessità di fare prevalere le cautele contro il contagio sulle esigenze di culto. Il vescovo ortodosso ha detto che qualcuno si è lamentato perché per entrare in chiesa bisogna misurarsi la febbre: ‘Il patriarca ha detto che le febbre non si vergogna di essere misurata in pubblico. E se si offende, meglio che si offenda la febbre e non si ammali nessuno'”.

Questo clima di partecipazione e condivisone è importante, anche se le specificità vanno tenute presenti. “Ci sono comunità molto piccole, che richiedono lo spostamento dei ministro di culto in città o Regioni diverse da quella di residenza. È un’esigenza che è stata rappresentata. Su questa linea, sono stati sollevati problemi che definirei di contorno. Poi sono state poste questioni pratiche molto delicate: tutte importanti, con il loro specifico relativo al culto, ma una menzione particolare credo meriti la sollecitazione islamica a riflettere su come debbano prepararsi alla festa per la fine del Ramadan che ormai è imminente, visto che cadrà il 24 maggio prossimo. La delicatezza di alcuni aspetti del rito islamico potrebbe indurre gli Imam a tenere ancora chiuse le moschee, ma il problema delicato posto è quello di come regolarsi per il 24 maggio, prevedendo probabilmente preghiere all’aperto ma da definirsi con accuratezza per il numero di fedeli che potranno essere ammessi”.

Di ancor maggior rilievo potrebbe essere considerato il problema delle sepolture islamiche, visto che tanti comuni italiani non hanno spazi cimiteriali islamici; a volte si tratta di intere regioni che non ne dispongono. Un’emergenza antica ma che nel contesto di una pandemia ha assunto tratti di estrema problematicità per tante famiglie. L’incontro è stato presieduto dal prefetto Michele Di Bari, che definendolo “indubbiamente positivo”, ha annunciato la prossima presentazione di un protocollo. Per la civiltà del nostro vivere insieme è di tutta evidenza un passo avanti molto significativo. Forse non sbaglia il professor Consorti a dire che il termine “storico” non è esagerato.



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