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Conte, il centro e la lezione di De Gasperi. Scrive Reina

I media nel fine settimana passato hanno focalizzato il loro interesse sul personaggio Giuseppe Conte, attuale presidente del consiglio, non solo per il suo impegno di governo, ma, soprattutto, per le sue potenziali doti politiche e istituzionali.

Francesco Bechis di Formiche.net ha interpellato il prof. Edoardo Novelli di Roma Tre per sapere cosa pensa del personaggio Conte, e alla domanda “gli italiani, come definiscono Giuseppe Conte?”, il sociologo dell’Ateneo romano è stato puntuale e chiaro nella risposta: “Credo che non lo reputino un grande statista né un grande politico ma comunque uno onesto, sincero, che si impegna al massimo, e affidabile. Il che non è poco”. Giudizio spassionato, sincero, realistico.

Il direttore de La Stampa Massimo Giannini in un dialogo con lo stesso Conte ha discusso anche del suo sentire politico, confermando che si trova a suo agio negli abiti di un “cattolico democratico”, cultura politica che ha influito sulla sua formazione. Non è la prima volta che lo dichiara. Ha ribadito il suo pensiero, si sente vicino alle posizioni culturali e politiche del grande Aldo Moro.

Eugenio Scalfari nel suo tradizionale domenicale su La Repubblica ha trattato la questione Conte con trasporto partecipativo, entusiasmo, ammirazione, paragonandolo addirittura a Camillo Benso di Cavour, per il suo essere talvolta socialista in altre liberale e dimostrando, tutto sommato, di non essere lontano dal centro.

Lo ha avvicinato financo alle idee di Papa Francesco, per le sue “manifestazioni di pensiero e di azione politica” e per come Francesco rappresenta “la modernità per eccellenza”. Scalfari conclude l’articolo con una toccante considerazione: “Il nostro mondo ha bisogno di vincere la povertà dell’Anima: questo è il modo per guadagnare il futuro, la salute, l’amore del prossimo, la vita”.

Ora, mettendo insieme gli interessanti giudizi dei giornalisti e opinionisti richiamati poc’anzi, si percepisce una necessità, anche se solo accennata, non evidente: la ricerca della virtù in una classe dirigente che sia davvero tale, il desiderio di uomini dotati di cultura e di cultura politica, di moralità pubblica, forse anche di religiosità, di conoscenza dell’italico sentire, senza sfuggire dalla realtà europea e internazionale, nella consapevolezza che le questioni di governo, finalizzate al bene comune si decidono anche sui tavoli internazionali.

Il 3 maggio Domenico Galbiati, già deputato lombardo della Dc, dalle colonne di Politica Insieme, giornale che si richiama ai valori esposti nel Manifesto del prof. Stefano Zamagni, invitava a rivisitare le fonti della nostra vicenda democratica, per avviare un nuovo cammino verso la crescita, lo sviluppo, il benessere, il bene comune.

Le fonti della nostra storia democratica, secondo Galbiati, non possono prescindere dal riconoscere nella Costituzione il valore originario su cui si basa il nostro ordinamento democratico, e dove il valore della “persona” precede quello dello Stato.

Il 18 aprile 1948 ci fu una gloriosa vittoria di libertà e di democrazia, la Dc pur avendo conquistato la maggioranza assoluta non si chiuse nel proprio recinto, ma volle operare una scelta di responsabilità, evitando di evocare la propria autosufficienza.

Iniziò, quindi, una collaborazione con le forze centriste, laiche per allargare la base democratica del Paese. Una mossa di saggezza di Alcide De Gasperi, che permise in seguito a Moro di intraprendere il cammino verso l’approdo alla democrazia compiuta. La scelta europea, quella atlantica, assunta con piena consapevolezza, fu necessaria perché lo scontro tra i due blocchi stava mettendo in gioco il valore della libertà.

I punti richiamati dall’onorevole Galbiati sono i pilastri su cui è stato costruito e consolidato negli anni lo stato democratico, e che ha permesso al popolo italiano di vivere per settant’anni nella pace, nella libertà, nel benessere.

Esaminando oggi i contenuti delle dichiarazioni del presidente Conte e le riflessioni dei protagonisti citati, si può dedurre che riformare il modello di democrazia è possibile, avendo a disposizione riferimenti storici e politici molto solidi.

Il presidente Conte è in grado di assumersi lui la responsabilità di guidare un processo tanto ambizioso quanto indispensabile? Non si sa. E allora, un paradigma di riferimento esiste, si colga l’occasione e si entri nella fase operativa, organizzando le volontà e guardando alla nuova frontiera.


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